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Colleferro, veleni sotto terra e nell’aria: è protesta contro gli inceneritori

Intanto associazioni ambientaliste e cittadini di Colleferro e della Valle del Sacco non restano in silenzio

Pubblicato:21-11-2017 15:24
Ultimo aggiornamento:17-03-2022 08:40

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ROMA – Da ‘Valle dei veleni’ a ‘Terra dei fuochi’ ciociara. Sono giorni che su televisioni e quotidiani nazionali si torna a parlare in questi termini della questione ambientale della Valle del Sacco, una lingua di terra situata nel Basso Lazio che si estende dalla cittadina industriale di Colleferro, a sud di Roma, e comprende gran parte della provincia di Frosinone.
Una zona interessata, dal secondo Dopoguerra in poi, da un’intensa attivita’ industriale, soprattutto chimica, e dallo sversamento di sostanze a forte impatto ambientale nei corsi d’acqua che la attraversano. Uno fra tutti, il fiume Sacco – che da’ il nome a questa terra – in cui sono stati rilevati livelli elevati di betaesaclorocicloesano, sostanza tossica (classificata come cancerogena dallo Iarc) presente nel lindano, l’insetticida che negli anni Sessanta e Settanta veniva prodotto negli stabilimenti dell’ex Snia Bpd con sede a Colleferro, che nel tempo ha contaminato terre, animali e, attraverso la catena alimentare, anche gli uomini (motivo per cui l’area e’ stata classificata come sito di interesse nazionale, quindi territorio soggetto a bonifica).

Ed e’ proprio a Colleferro che oltre 2.000 cittadini sono tornati in piazza lo scorso 18 novembre.


Come mai? Cosa sta succedendo nella ‘citta’ dello spazio’, che e’ considerata il fiore all’occhiello dell’industria aerospaziale italiana grazie alla presenza di Avio?

COLLEFERRO CITTA’ DELLA MONNEZZA

Piu’ che ‘citta’ dello spazio’, Colleferro e’ conosciuta in zona come ‘citta’ della monnezza’. Oltre alle attivita’ industriali, infatti, tra gli Anni 90 e i 2000 sono sorti nel suo territorio una discarica e due inceneritori. A Colle Fagiolara, dove e’ nata la seconda discarica piu’ grande del Lazio dopo Malagrotta, fino al 2013 e’ stato conferito il cosiddetto rifiuto ‘tal quale’ (rifiuto da cui non sono state selezionate a monte le frazioni organica, riciclabile e recuperabile). Motivo per cui la Corte di giustizia europea nel 2014 ha condannato l’Italia per smaltimento illegale di rifiuti, che prima del 2012 venivano portati in sette discariche del Lazio (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Inviolata, Fosse Crepacuore e le due di Borgo Montello, vicino Latina) senza essere trattati.

A Colle Sughero, nel quartiere Scalo, invece svettano quelle che gli abitanti della zona chiamano ‘le ciminiere della morte’. Si tratta di due inceneritori, uno di proprieta’ della societa’ regionale Lazio Ambiente, l’altro della societa’ EP Sistemi, per il 60% di Lazio Ambiente e il 40% di Ama. I due impianti nel 2009 (con la precedente gestione) furono sottoposti a sequestro e 13 persone furono arrestate con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato, accesso abusivo a sistemi informatici, violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni, e favoreggiamento personale. Il processo, nato dall’inchiesta del 2009, dopo le udienze preliminari e una prima fase dibattimentale al Tribunale di Velletri, e’ ancora in corso al Tribunale di Roma, giudicato dopo quattro anni competente per i delitti contestati. Pare che negli impianti venissero bruciati indistintamente pneumatici, piccoli radiatori, fili metallici, tubi di rame, materiale ceramico, materassi ed eternit.

ARRIVA LO SBLOCCA ITALIA

Dopo il sequestro e il passaggio alla gestione Lazio Ambiente, il funzionamento degli impianti va sempre piu’ a singhiozzo e strutture e tecnologie vengono considerate obsolete. Intanto, nell’autunno del 2014, il governo Renzi approva il decreto legge 133, il cosiddetto ‘Sblocca Italia’, che, all’articolo 35, definisce gli inceneritori “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale” e prevede la realizzazione di 12 nuovi inceneritori in 10 regioni, che si aggiungono ai 42 esistenti e ai sei gia’ autorizzati. Una finestra che, secondo le associazioni della zona di Colleferro, “serve unicamente a ‘sbloccare’ procedure amministrative spesso affette da gravi vizi procedurali ed illegittimita’ e a favorire gli interessi di chi tali procedure ha avviato (…) in nome della sempre sbandierata ‘emergenza’”. E l’emergenza, in questo caso, si chiama Roma, che dalla chiusura ufficiale della discarica di Malagrotta (1 ottobre 2013) entra in una fase di incertezza.

CHE COS’E’ IL REVAMPING, CHI LO HA DECISO E PER CHI

Di ‘revamping’, cioe’ di ristrutturazione degli impianti di incenerimento di Colleferro, alla Regione Lazio se ne comincia a parlare nel 2015. Intanto una delibera regionale a fine 2015 prevede l’estensione della durata dell’autorizzazione di impatto ambientale (Aia) agli inceneritori. La Regione apre la conferenza dei servizi per il riesame del rinnovo dell’Aia – che si blocca senza atti nel 2017 – e il 22 aprile 2016 pubblica la ‘determinazione del fabbisogno’ sulla gestione dei rifiuti, secondo cui gli inceneritori di Colleferro e San Vittore coprirebbero il 70% della combustione dei rifiuti. Si giunge cosi’ al 4 agosto del 2016 quando la Giunta regionale emette una delibera con cui prende atto del piano industriale 2016-2020 prodotto da Lazio Ambiente in cui e’ scritto, nero su bianco: “(…) la societa’ sara’ in grado di raggiungere l’equilibrio di bilancio, in presenza dei seguenti investimenti. Anno 2016: investimenti complessivi per euro 12.600.000, di cui euro 1.500.000 da destinare al ramo discarica, euro 1.000.000 da destinare al ramo servizi, euro 3.500.000 da destinare al revamping del termovalorizzatore di Lazio Ambiente ed euro 3.500.000 al revamping del termovalorizzatore di EP Sistemi S.p.A.; Anno 2017: investimenti complessivi per euro 21.700.000, di cui euro 1.000.000 per il ramo discarica; euro 700.000 per il ramo servizi; euro 13.000.000 per il ramo termovalorizzazione”.

Nel provvedimento si annuncia anche la chiusura della selezione dell’advisor che gestira’ la cessione di Lazio Ambiente, deliberata poi il 4 ottobre del 2016 con relativa ricapitalizzazione. L’avvio del bando di gara, previsto per settembre 2017, non e’ mai partito, ma gli inceneritori restano l’asset fondamentale della societa’ e i 7 milioni di investimento vengono confermati. Per completare il processo burocratico di avvio del revamping manca pero’ l’ok di Ama, che arriva il 19 giugno 2017, durante una riunione di Ep sistemi. La societa’ capitolina, con il neopresidente Lorenzo Bagnacani, da’ il via libera al piano industriale bloccato dall’ex numero uno di Ama Antonella Giglio e allo stanziamento, gia’ previsto, di 2,5 milioni di euro destinati alla rigenerazione di uno dei due impianti. Uno dei problemi principali e’, infatti, la situazione critica del ciclo dei rifiuti della citta’ di Roma perche’ e’ dagli impianti capitolini di E. Giovi, Rocca Cencia e Salaria che arriva la maggior parte del cdr che li alimenta. In attesa delle trasformazioni previste dal piano rifiuti della giunta Raggi.

 

DALLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE AL MOVIMENTO ‘RIFIUTIAMOLI’

Nel maggio del 2014 lanciano la campagna ‘Rifiutiamoci’, per ribadire il proprio dissenso verso un modello di gestione e smaltimento di rifiuti basato su discariche e inceneritori. Nel giugno del 2015 nella cittadina a sud di Roma, dopo diversi anni cambia il colore politico della maggioranza e in palazzo comunale entra la giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Pierluigi Sanna, che batte Silvano Moffa al ballottaggio sfiorando il 70% delle preferenze e mette subito in chiaro la sua posizione: ‘Riteniamo un atto dovuto verso i cittadini dire di no al ‘revamping’ degli inceneritori sottolineando che tale problema riguarda il territorio e non solo Colleferro’. Amministrazione comunale e associazioni ricorrono al Tar del Lazio per chiedere l’annullamento dell’Aia sugli inceneritori, mentre la cittadinanza viene chiamata ancora una volta alla mobilitazione il 9 aprile 2016, questa volta con lo slogan ‘Rifiutiamoli’. Il timore e’ che gli impianti, una volta ristrutturati, possano rimanere attivi per almeno dieci o vent’anni. Una prospettiva giudicata inaccettabile, soprattutto a fronte degli studi epidemiologici prodotti dal Dep Lazio che confermano l’aumento delle patologie respiratorie per gli abitanti che risiedono nelle vicinanze degli inceneritori (Studio Eras).

OK AMA A RILANCIO INCENERITORI, ALLARME TRA CITTADINI

A giugno arriva l’ok di Ama al piano industriale di rilancio degli inceneritori, accompagnato dalla notizia che potrebbero arrivare da Roma fino a 220.000 tonnellate di rifiuti. La prospettiva allarma i cittadini di Colleferro che, impegnati da pochi mesi nella raccolta differenziata porta a porta, temono che i problemi di gestione dei rifiuti a Roma possano ipotecare definitivamente la possibilita’ di costruire un futuro piu’ sostenibile per la citta’. L’8 luglio 2017 circa 6.000 persone tornano in piazza, assieme al sindaco Sanna e ai rappresentanti di altre amministrazioni comunali della Valle del Sacco. Al grido di ‘Rifiutiamoli’ uno spezzone del corteo arriva a Colle Sughero e chiude simbolicamente gli inceneritori, lanciando lo slogan: “Non passera’ nessun camion”. Subito dopo la manifestazione i cittadini in protesta si costituiscono in assemblea permanente. Nell’estate iniziano però i primi lavori di ristrutturazione, nonostante le dichiarazioni dell’assessore all’Ambiente della Regione Lazio, Mauro Buschini, e del Comune di Roma, Pinuccia Montanari, che si dicono contrari al riavvio degli impianti e aperti alla possibilita’ di una loro trasformazione in fabbriche di multimateriale, ma non fermano formalmente il revamping. Dopo alcuni tentativi istituzionali di dialogo, l’assemblea permanente di quello che ormai e’ a tutti gli effetti un movimento, ‘Rifiutiamoli’, decide di picchettare le strade di accesso al quartiere Scalo, dove sorgono gli inceneritori. Il sindaco Sanna, per dimostrare la sua vicinanza nei confronti dei cittadini, sposta gli uffici comunali nella canonica della parrocchia di San Gioacchino allo Scalo, nelle vicinanze del presidio. E la settimana scorsa, tra il 15 e il 16 novembre, il trasporto eccezionale che avrebbe dovuto portare a Colleferro pezzi della caldaia di uno dei due impianti non arriva a destinazione. Oltre 2.000 cittadini tornano in piazza ancora una volta il 18 novembre e, al termine del corteo, dichiarano la ferma volonta’ di portare la mobilitazione in Regione.

di Annalisa Ramundo, giornalista

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