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La sfida di Mujica: “Creiamo un mondo che pensi all’umanità”

L’umanità, ha detto l'ex presidente, ha oggi le risorse ma non ha una direzione politica

Pubblicato:21-11-2016 16:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:20

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MujicaROMA  – Bisogna creare un mondo che si dedichi al bene dell’umanità. Con queste parole l’ex presidente uruguaiano Josè “Pepe” Mujica ha fatto un appello a Montevideo a chiusura del IV Vertice delle Cooperative delle Americhe. In un appassionato intervento, varie volte interrotto dagli applausi, l’attuale senatore del Fronte Amplio uruguaiano, ha richiamato il mondo intero a una battaglia culturale, denunciando quanto il pianeta sia malato non solo per la povertà, bensì per una condizione di disuguaglianza che ormai assume caratteri cronici.

“C’è una battaglia culturale da combattere perché la vita non è solo denaro, la vita è tempo per vivere”, ha sottolineato l’ex tupamaro, affermando che i problemi del mondo attuale non sono solo di produzione e di distribuzione, bensì basati su costruzione culturale pigra, sbagliata. Mujica ha assicurato che questa è la più difficile di tutte le battaglie, perché “tendiamo a confondere crescita economica e sviluppo con la felicità”. Secondo Mujica, l’economia solidale vuole questo tipo sviluppo rivolto alla felicità, perché quell’altra economia, quella che chiama super consumismo, è funzionale solo all’accumulazione degli interessi multinazionali. L’umanità, ha detto l’ex presidente, ha oggi le risorse ma non ha una direzione politica, se avesse una direzione politica si renderebbe conto che i poveri dell’Africa non sono dell’Africa, ma dell’umanità. Mujica ha spiegato che il fantasma della concentrazione della ricchezza è quello che ci toglie le risorse per combattere la povertà e che sta minacciando la classe media nelle sue profonde viscere, senza che lei se ne renda nemmeno conto. E’ stato il passaggio in cui commentando le recenti elezioni negli Stati Uniti, Mujica ha detto: “Ho seguito la disputa elettorale della prima potenza del mondo e sono rimasto come congelato, con la voglia di piangere”.

di Alfredo Sprovieri, giornalista


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