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Le maestre invitano Sala: “Contro il degrado di via Padova serve la scuola”

Le insegnanti volontarie fanno conoscere l'italiano agli stranieri. "Degrado si combatte con quaderni e penne, non con fucili", dicono su ipotesi esercito

Pubblicato:21-11-2016 15:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:20

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via-padova_milanoMILANO – “Venga a trovarci, ci piacerebbe che potesse vedere e toccare con mano che cosa si fa ogni mattina e sera nella nostra scuola come in molti altri luoghi di questa lunga via Padova per renderla migliore“: l’invito al sindaco di Milano, Beppe Sala, arriva dalle insegnanti della scuola di italiano per stranieri di Villa Pallavinci, associazione che organizza molteplici attivita’ culturali e ricreative.

“Da anni il nostro impegno nei confronti degli immigrati si nutre della convinzione che il nostro lavoro debba basarsi su due semplici parole: accoglienza e scambio. Quando, all’indomani del recente omicidio accaduto in piazzale Loreto, abbiamo sentito le parole del sindaco Beppe Sala che auspicava un intervento delle forze dell’esercito (“finisce il Giubileo, potrebbero venire nelle periferie, come via Padova”), siamo rimasti sgomenti”, scrivono. Per queste insegnanti volontarie, infatti, il degrado si combatte con quaderni e penne e non con i fucili.

L’annuncio di Sala “malgrado il tono pacato della voce, riprendeva la solita logica dell’emergenza e richiamava l’intervento dell’esercito come panacea di tutti i mali. Eppure, Milano, secondo le statistiche, e’ una delle citta’ piu’ sicure d’Europa, dove criminalita’ e tasso di omicidi negli ultimi anni sono decisamente scesi”. Quello che non e’ sceso, aggiungono, “e’ il diffuso degrado e abbandono che affligge le nostre periferie, dove poco o nulla si e’ fatto in questi anni e dove, inspiegabilmente, si sono lasciate prosperare e radicalizzare situazioni di’ illegalita’, ora divenute insostenibili per tutti. E questo con buona pace dei propositi espressi in tutte le campagne elettorali. Cio’ detto, secondo noi, degrado e abbandono non si battono con le camionette dell’esercito”.


Le insegnanti volontarie che lavorano “da tanti anni in questa zona”, vedono “centinaia di donne e uomini non italiani, desiderosi di apprendere la nostra lingua, di lavorare, di avere una casa e di inserirsi nella societa’ in modo dignitoso, sappiamo che la risposta ai bisogni e al degrado non e’ un soldato in piu'”. Le camionette dell’esercito, dicono, non rassicurano, ma evocano tristi scenari che molti immigrati hanno gia’ visto nei loro Paesi d’origine. “Nella nostra scuola, gestita da volontari, i problemi sono di avere spazi, lavagne, libri, penne, quaderni. Quando a sera gli studenti escono dalla nostra sede e percorrono la via Padova, imbattersi in una camionetta non li rassicura, se mai evoca tristi scenari di distruzione vissuti nei loro paesi dai quali sono fuggiti”. Inoltre, nemmeno “a molti italiani le camionette piacciono, suscitano la sgradevole sensazione di trovarsi in un clima di allarme e di pericolo. Nei nostri corsi di italiano ogni giorno incontriamo persone intelligenti, acculturate e preparate le cui competenze potrebbero costituire per il nostro Paese una ricchezza, oggi sono persone abbruttite progressivamente dalla frustrazione e da una vita di stenti”.

Alle loro spalle hanno “storie difficili, drammatiche, minori arrivati da soli dopo giorni di gommone, giovani e donne traumatizzati, in fuga da violenze che tutti possono immaginare. Nessuna di queste persone voleva andarsene dal proprio paese e poiche’ il fenomeno e’ inarrestabile e la soluzione non si trovera’ brevemente, occorre pensare a soluzioni che facciano vivere in modo accettabile e dignitoso tutti, vecchi e nuovi abitanti delle trascurate periferie delle metropoli”.

Dunque, è il ragionamento delle insegnanti, “l’integrazione, la convivenza civile, la prevenzione dei crimini e un territorio ‘pulito’ dove tutti possano vivere rispettandosi e senza paure, si costruiscono con lo scambio, la comunicazione, la cultura, la possibilita’ di parlare la stessa lingua. E’ un percorso lungo, forse, anche lento, ma che dara’ frutti importanti per tutti, italiani e non italiani”. Da qui, l’invito al sindaco “a venirci a trovare (durante lelezioni o i corsi oppure alla festa di Natale il prossimo mese), ci piacerebbe che potesse vedere e toccare con mano che cosa si fa ogni mattina e sera nella nostra scuola come in molti altri luoghi di questa lunga via Padova, ricca di risorse, associazioni, volontari e persone che lavorano per renderla migliore”.

Adesso “è ora di farsi veramente carico di via Padova (e delle periferie in generale) per cambiare il paesaggio di questi luoghi, per farlo diventare un esempio di convivenza pacifica e dignitosa. Cominciamo col tenerla piu’ pulita, mettendo cartelli in lingue diverse, organizzando iniziative culturali, coinvolgendo la cittadinanza, potenziando i luoghi che gia’ fanno pratica di integrazione”. (Dires – Redattore Sociale)

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