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Processo “Aemilia” contro ‘ndrangheta, Cassazione: “Al nord operava cosca autonoma”

Depositate le motivazioni della sentenza che conferma la condanna di 88 imputati

Pubblicato:21-10-2022 17:44
Ultimo aggiornamento:21-10-2022 17:44

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Reggio Emilia. – Si chiude il cerchio sul maxi processo “Aemilia” contro la ‘ndrangheta al Nord, scaturito dall’operazione del 2015 della Procura di Reggio Emilia. La Seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha infatti depositato ieri le motivazioni della sentenza numero 39774, emessa lo scorso sette maggio, che porta a conclusione il procedimento a carico di 88 imputati. Gli “ermellini” ribadiscono in particolare che, quella che per un decennio ha operato con “penetrazione criminale” nella provincia di Reggio Emilia e si è infiltrata nel tessuto economico e sociale anche delle province limitrofe fino alla bassa Lombardia, non era solo una “succursale” della cosca “madre” calabrese. Bensì, un’organizzazione caratterizzata da “un articolato e differenziato programma associativo” e dotata di suoi uomini e mezzi.

Confermata “correttezza operato” dei giudici di primo e secondo grado e respinti ricorsi che negavano l’esistenza dell’associazione criminale

La Suprema Corte riconosce inoltre “la complessiva correttezza dell’operato dei giudici di primo e secondo grado” che hanno emesso le sentenze del tribunale di Reggio Emilia del 31 ottobre 2018 e della Corte di appello di Bologna del 17 dicembre 2020. Verdetti in cui sono stati respinti i motivi di ricorso “sulla stessa esistenza del delitto di direzione e partecipazione ad una associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetista”. Allo stesso modo sono state respinte le istanze volte a negare “il collegamento fra l’associazione e una serie di reati funzionali alla vita dell’associazione stessa”, come “il reimpiego di denaro di provenienza illecita nelle attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti con il coinvolgimento significativo di realtà imprenditoriali“, accompagnate da estorsioni, episodi di usura, danneggiamenti seguiti da incendi, intestazioni fittizie di beni e società, e altri delitti.

La “Suprema Corte”: “In 10 anni un’evoluzione dell’organizzazione per infiltrarsi in economia e società civile”

Sono poi state confermate le decisioni di merito anche nella parte in cui avevano ritenuto che il gruppo criminale emiliano aveva natura autonoma (e non fosse “una mera articolazione territoriale”), ed era finalizzato “ad accrescere il controllo sul territorio in settori nevralgici del tessuto imprenditoriale emiliano, quali gli autotrasporti e l’edilizia, anche attraverso il riciclaggio di capitali illeciti”. Da ultimo si sottolinea come “nell’arco decennale di attività, l’associazione mafiosa abbia compiuto una progressiva evoluzione strutturale, passando dagli schemi tradizionali della ‘ndrangheta verso un più sofisticato metodo di penetrazione criminale nel tessuto sociale, contraddistinto anche dalla prospettiva di realizzare progetti dominanti in svariati settori imprenditoriali e della società civile”.


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