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Sette cavalli selvaggi dell’Aveto rinchiusi: “Rischiano il mattatoio”. E si blocca il trasferimento

La denuncia degli animalisti costringe il sindaco a prendere tempo, ma presto dovrebbero andare a un allevatore del ponente ligure: "Nessuna vendita né macello"

Pubblicato:21-10-2022 12:18
Ultimo aggiornamento:21-10-2022 20:10

cavalli selvaggi_aveto_cavalli rinchiusi
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GENOVA – Sette cavalli selvaggi dell’Aveto, valle che separa la Liguria dall’Emilia-Romagna, sono stati trovati stamattina rinchiusi in un recinto nel comune di Borzonasca, entroterra genovese di levante, dopo essere stati sottratti dai loro pascoli in altura e caricati su un camion. Il fatto è stato raccontato da alcune associazioni animaliste, che hanno accusato il Comune di voler mandare gli animali al macello. Successivamente è emerso che i cavalli sarebbero dovuti essere trasferiti a un allevatore del ponente. Il grande clamore sollevato dalla notizia nel corso della giornata ha portato il sindaco, contattato dall’agenzia Dire, a stoppare per il momento il trasferimento, in attesa che si calmino le acque. Il caso dovrebbe approdare martedì anche in consiglio regionale.

“I cavalli sono stati privati della loro libertà e dignità, senza il minimo rispetto del loro benessere, pronti per essere deportati– sostengono gli animalisti- la loro destinazione non ci è nota, ma sicuramente avrà connotati di sfruttamento e lucro“. Dal sopralluogo effettuato oggi, gli animalisti raccontano che, dopo alcuni giorni di prigionia, i cavalli mostrano segni di sofferenza e sono privi di nutrimento dal momento che l’erba a loro disposizione è finita. Tra gli animali “catturati” anche una giumenta incinta e cieca da un occhio.

cavalli selvaggi aveto

L’APPELLO DEGLI ANIMALISTI: SALVIAMOLI, SONO UN PEZZO DI STORIA DELL’ITALIA

La denuncia è condivisa anche dalla onlus Meta Parma, che lancia un appello: “Salviamo i cavalli dell’Aveto. Invitiamo tutti a dare una mano per salvare questi cavalli che rappresentano un pezzo di storia dell’Italia. Ormai è emergenza ovunque, nessuna specie animale è più al sicuro, ora purtroppo è la volta dei cavalli dell’Aveto, animali meravigliosi che erano liberi e ora rischiano la vita, catturati e rinchiusi in un recinto. È inaccettabile: questi animali vanno liberati immediatamente”.


Il territorio protetto dove vivono questi equini interessa tre distinte vallate: la val d’Aveto, la val Graveglia e la valle Sturla. I cavalli dell’Aveto discendono dagli equini domestici che hanno lavorato nelle vallate per molti anni. Da quando il loro ultimo proprietario è morto, oltre 20-25 anni fa, i cavalli sono rimasti allo stato brado, adattandosi al territorio che li ospitava e riproducendosi liberamente, rappresentando un’unicità per l’Italia.

‘I CAVALLI SARANNO DATI AD ALLEVATORE, PRONTA DENUNCIA PER PECULATO’

I sette cavalli selvaggi dell’Aveto, al momento recintati in una zona erbosa nel comune di Borzonasca, nella città metropolitana di Genova, potrebbero presto essere trasferiti a un allevatore dell’Appennino ligure. E’ quanto riferito dall’associazione animalista Meta (Movimento etico tutela animali e ambiente), dopo un colloquio con il sindaco di Borzanasca e i dirigenti dell’Asl 4 chiavarese. “Siamo stati contattati da un’associazione ligure per occuparci di questo caso- racconta all’agenzia Dire Valerio Vassallo, responsabile di Meta Biella- secondo i testimoni, le catture dei sette cavalli sono avvenute senza rispettare le norme etologiche e di benessere degli animali. Gli equini vivono da alcuni anni allo stato brado, dove si sono ambientati e riprodotti. Ma secondo l’amministrazione comunale, gli animali avrebbero causato incidenti e tensioni negli abitanti del posto. Il sindaco quindi, in accordo con l’Asl locale, ha deliberato la cattura. Ora gli animali sono circoscritti in un’area recintata, in attesa di essere trasferiti”.

Passaggio, quest’ultimo, che gli animalisti vogliono impedire a tutti i costi. “Abbiamo mandato una diffida all’amministrazione comunale e siamo pronti a denunciare il sindaco per peculato, se i cavalli venissero dati a un allevatore privato- prosegue Vassallo- in questo modo, infatti, si garantirebbe un profitto all’allevatore, che sarebbe vincolato a non vendere i sette cavalli, ma non avrebbe alcun divieto per i figli. E alcune cavalle sono già incinte”.

IL SINDACO STOPPA IL TRASFERIMENTO: TROPPO CLAMORE, NESSUN MACELLO

Non è previsto nessun macello dei sette cavalli selvaggi dell’Aveto recintati dal comune di Borzonasca, ma per il momento il loro trasferimento a un allevatore del ponente ligure che li avrebbe portati nei suoi pascoli del savonese e dell’imperiese è stoppato. Ad annunciarlo all’agenzia Dire il sindaco di Borzonasca, Giuseppino Maschio. “Il trasferimento era in programma oggi, ma lo abbiamo fermato visto tutto il clamore che si è sollevato. Vedremo se la prossima settimana si riuscirà a dipanare questa matassa”. Il primo cittadino non si capacita del volume della protesta degli ambientalisti. “Addirittura sono arrivati a parlare di peculato- ricorda- sono accuse grosse. Intanto, l’allevatore che li prenderebbe non potrebbe né macellarli né venderli: c’è scritto nero su bianco negli accordi, così come che deve lasciarli vivere allo stato libero. Andrebbero a stare meglio di come stanno ora che sono in mezzo alla strada: verranno portati in montagna, al pascolo. E l’allevatore non potrà vendere neanche gli eventuali puledri. Che, poi, se avesse anche un minimo di vantaggio, non vedo che male ci sarebbe”.

Maschio non va tanto per il sottile: “C’è una profonda disonestà intellettuale da parte degli animalisti: vogliono solo far casino per far rimanere tutto così com’è. Però, il nostro è diventato un problema enorme, in pochi anni siamo passati da una decina di cavalli a oltre un centinaio: non saprei come altro risolverlo, non si può certo recintare tutta la montagna come qualcuno propone. La popolazione locale è stufa e ovviamente va dal sindaco a lamentarsi e non dagli ambientalisti”.

LA STORIA DEI CAVALLI SELVAGGI DELL’AVETO, SONO PIÙ DI UN CENTINAIO

Nella lunga chiacchierata, il sindaco ripercorre tutta la storia dei cavalli dell’Aveto. “Una trentina d’anni fa gli allevatori della zona in estate li mandavano al pascolo ai laghi di Giacopiane- racconta- poi, a fine stagione, non riuscivano a portarli via proprio tutti. A ciò si è aggiunto che l’ultimo allevatore, qualche anno fa, è morto e ha lasciato libera una decina di cavalli. Naturalmente c’erano stalloni e giumente, così hanno iniziato a proliferare, passando da qualche decina a 120-150”. Ma finché restavano in alto, sui monti, nessun problema. Poi, qualcuno è iniziato a scendere a valle d’inverno, ha capito che ci si stava meglio e si trovava più cibo e ha deciso di rimanerci, soprattutto alle pendici dei laghi di Giacopiane e del monte Aiona, in valle Sturla e val Penna.

“Così hanno iniziato a pascolare tra le case e a passeggiare lungo la statale 586 della Val d’Aveto, causando anche diversi incidenti. Poi, nessuno paga i danni e la gente si arrabbia. Altri girano per i Paesi, defecano per le strade”. Non tutti, però, sono un problema. “A noi danno fastidio solo quelli che stanno tra le case, che saranno una trentina: proprio il numero che si era reso disponibile a prendere l’allevatore del ponente. Per gli altri, quelli che restano su in altura, non ci sono troppi problemi, a parte per i fungaioli che si lamentano: tra l’altro, in montagna c’è anche un po’ di contenimento naturale fatto dai lupi”.

Insomma, è da anni che si cerca una soluzione. “E c’eravamo arrivati. Lunedì e martedì abbiamo organizzato questa cattura a ridosso di un abitato, li abbiamo messi temporaneamente in un terreno di nostra proprietà, fatto le analisi, microchippati e sarebbero stati pronti al trasferimento”.

Il caso approderà martedì prossimo anche in consiglio regionale, con ordine del giorno della consigliera della Lista Sansa, Selena Candia, per chiedere che “questi cavalli possano essere riconosciuti come animali inselvatichiti, in modo da poter attingere a finanziamenti europei e nazionali ad hoc”. Del tema l’assemblea legislativa si era già occupata in passato approvando all’unanimità un ordine del giorno presentato dalla consigliera della Lista Toti, Lilli Lauro, che chiedeva sostanzialmente le stesse cose che chiederà Candia, ma rimasto lettera morta.

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