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VIDEO | Clima, Mistretta (Farnesina): “Ascoltare la voce dell’Africa”

Lo dichiara l'ambasciatore in Angola e in Etiopia in una intervista con l'agenzia Dire a margine di un incontro nell'ambito del Festival della diplomazia

Pubblicato:21-10-2021 15:42
Ultimo aggiornamento:21-10-2021 15:42
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di Giulio Ucciero

ROMA – Bisogna adottare il “punto di vista dell’Africa”, che anche rispetto al tema dei cambiamenti climatici spesso “non è ascoltata”: comincia da qui Giuseppe Mistretta, ambasciatore in Angola e in Etiopia prima di diventare direttore centrale per l’area subsahariana presso il ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

L‘intervista con l’agenzia Dire si tiene a margine di un incontro sul tema del “Climate Displacement” organizzato dal Festival della diplomazia, presso la Società geografica italiana.

Secondo Mistretta, il cambiamento climatico “preoccupa” l’Africa: “Il continente accetta la transizione energetica – sottolinea il direttore – ma non vuole che i suoi ritmi siano eccessivamente accelerati”.
A confermarlo i dibattiti di ‘Incontri con l’Africa’, due giorni di lavori organizzati a Roma alla quale l’8 e 9 ottobre hanno partecipato delegazioni di 49 Paesi dell’Africa. “La loro voce spesso non è ascoltata, invece va sentita” ammonisce Mistretta.

In ottica Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima al via a Glasgow il 31 ottobre, secondo Mistretta bisogna evitare “che la soluzione del problema aggravi il problema stesso”. La tesi è che il continente africano è dipendente da petrolio, gas e carbone e ha quindi paura che “le sue principali fonti d’energia vengano bloccate”. “Quest’eventualità – sottolinea il direttore – provocherebbe un effetto contrario a quello desiderato: accentuazione della povertà, rischio di bancarotta e nuovi flussi immigratori”.

Al centro della conferenza di oggi c’è l’immigrazione climatica, che se incontrollata potrebbe causare un ulteriore aumento degli sfollati africani. Secondo Mistretta, ormai questo problema è “endemico” in Africa, dove “non c’è quasi nessun Paese senza campi di rifugiati”.

Ricordando i suoi anni da ambasciatore nel continente, il direttore conferma che Paesi come Etiopia, Uganda e Sudan “ricevono tutti rifugiati e concepiscono quasi ormai come normale accogliere chi è in difficoltà”.

Uno degli aspetti meno dibattuti dell’immigrazione invece riguarda il riconoscimento dei profughi. Molti di loro finiscono nei campi di accoglienza delle agenzie internazionali senza documenti, specie in luoghi come l’Etiopia, “dove gli sfollati sono un milione”.

Il Paese del Corno d’Africa, inoltre, sta vivendo un trauma interno. La guerra tra il governo di Addis Abeba e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), nel nord del Paese, va avanti da novembre 2020 e, secondo Mistretta, “è un problema talmente grande che non si risolve con l’iniziativa di un singolo”.

L’ambasciatore sottolinea che “come ministero degli Esteri siamo allineati alla posizione dell’Unione europea”. Queste, d’intesa con Bruxelles, le richieste: “Cessazione immediata delle ostilità, accesso umanitario illimitato, investigazioni oggettive indipendenti e apertura di un tavolo negoziale con gli attori coinvolti, che non sono solo le rappresentanze tigrine e il governo etiope”.


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