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Orta (Colibrì): “A Bologna nuova Villa Bellombra, creata sulle esigenze del paziente”

L'agenzia di stampa Dire ha intervistato Averardo Orta, ad del Consorzio ospedaliero Colibrì

Pubblicato:21-10-2020 11:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:05

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https://vimeo.com/470546727

ROMA – Dopo l’acquisto nel 2019 di apparecchiature robotiche per la riabilitazione tra le più innovative a livello mondiale, Villa Bellombra, presidio ospedaliero fondato nel 1924 e specializzato nella riabilitazione intensiva, investe ed entro due anni trasferirà la propria sede. Dalla storica palazzina di via Bellombra, a Bologna, dove oggi continua a erogare cure e assistenza a pazienti neurologici e ortopedici, al complesso innovativo in costruzione in zona Casteldebole. Per capire l’importanza di questa trasformazione a vantaggio dei pazienti ma anche del personale medico, l’agenzia di stampa Dire ha intervistato Averardo Orta, ad del Consorzio ospedaliero Colibrì

– In un periodo difficile come questo che stiamo vivendo sia dal punto di vista economico che sociosanitario, Villa Bellombra non solo non si ferma ma investe. Ci racconta il core dell’attività svolta nella struttura?


“Villa Bellombra è un presidio ospedaliero riabilitativo con una grande storia perché ha 96 anni. Ci avviciniamo ai 100 e nel corso di questi anni si è specializzata nella riabilitazione neurologica e ortopedica, per cui possiamo dire che è una struttura monospecialistica riabilitativa molto vivace che ha contatti con diverse realtà come l’Università di Bologna, vari atenei stranieri, e porta avanti progetti di ricerca e grandi investimenti”. 

– Quale sarà l’unicità dal punto di vista strutturale? 

“Noi abbiamo immaginato che questa struttura festeggerà i suoi 100 anni dalla costituzione con una forma completamente diversa e pensata per il paziente riabilitativo. Le camere dei pazienti infatti avranno un loro giardino privato, con accesso diretto all’esterno e non esisteranno barriere architettoniche. Per questo i pazienti che avranno necessità di recuperare le loro autonomie si troveranno in un ambiente che sin dalla fase iniziale del progetto, sulla carta, è stato disegnato attorno ai loro bisogni e per stimolarli a collaborare al massimo per l’ottenimento degli obiettivi di riabilitazione”. 

– Ha anticipato come la nuova conformazione di questo centro d’eccellenza restituirà comfort ai pazienti. Questo vale anche per il personale medico? E quanto conta questo aspetto?

 “Anche per il personale medico sarà molto diverso poter lavorare nella nuova struttura, che offre ampie vetrate e un accesso diretto all’esterno. Inoltre quello che per noi conta è l’alleanza terapeutica che si instaura tra fisioterapisti, fisiatri e pazienti. Noi crediamo che l’ambiente sia particolarmente influente nel cementare questa alleanza terapeutica. Nella chirurgia il paziente non partecipa alla procedura, dorme perché sedato e il chirurgo ‘tiene in mano’ le sorti dell’intervento. Mentre nella riabilitazione il paziente collabora e svolge un ruolo particolarmente importante. Senza che sia ingaggiato in questa alleanza terapeutica i risultati non sono ottimali. Attraverso un ambiente particolarmente stimolante siamo convinti che riusciremo a migliorare anche le performance riabilitative”. 

– Visto che la curva dei contagi da Covid-19 risale, molti pazienti hanno paura e magari rinunciano ai controlli o alle sedute di riabilitazione. Quali sono le procedure di sicurezza messe in atto all’interno delle vostre strutture?

 “E’ molto importante restituire fiducia. Siamo sicuramente in una fase in cui si registra una crescita di contagi ma, a mio avviso, non siamo più in una fase d’emergenza. Il sistema sanitario si è adattato e siamo pronti a fronteggiare scenari anche più complessi rispetto a quello che stiamo vedendo ora. Tenendo conto che si va in ospedale solo quando c’è bisogno, dico che in questa fase è possibile farlo in completa sicurezza. Nella prima ondata della pandemia la distinzione dei percorsi era meno netta, c’era meno esperienza ed è stato tutto ‘improvvisato’. Oggi invece i protocolli di sicurezza all’interno delle strutture sono davvero molto stretti. Chiunque ha bisogno di recarsi in una struttura per la diagnosi o la cura di una patologia lo può fare con tranquillità”.

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