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Fila indiana, mascherine, distanze: la scuola oggi è un mondo diverso. Gli psicologi: “Ragionare su effetti”

I ragazzi non possono essere privati del loro diritto alla socializzazione, occorrerà trovare delle alternative: lo spunto di riflessione degli psicologi di Ido

Pubblicato:21-09-2020 12:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:55

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ROMA – La riapertura delle scuole è sicuramente un passaggio importante del percorso di ritorno alla normalità dopo le restrizioni legate alla pandemia, ma il rispetto delle regole di protezione individuale e distanziamento fisico a scuola cosa comporterà per i ragazzi? “Si è parlato molto di quante e quali restrizioni i ragazzi devono rispettare, quali norme devono seguire per salvaguardare la salute di se stessi e dei propri cari. Molto meno si parla delle conseguenze psicologiche che ricadranno su di loro nel tornare a vivere una scuola completamente rivoluzionata negli spazi e nelle regole”. A lanciare l’allarme sono gli psicologi del progetto ‘Lontani ma vicini’ di Diregiovani.it e dell’Istituto di Ortofonologia(IdO), nato nell’ambito di una collaborazione con la task force per l’emergenza educativa del ministero dell’Istruzione.

“Sì, perché la scuola per un adolescente rappresenta una fetta di mondo prioritaria, il luogo dove si viene costantemente messi alla prova, valutati per il proprio impegno, ma anche il luogo principe di scambio con i coetanei. Scambio che- sottolinea il team di esperti- si realizza in classe, tra compagni di banco, ma soprattutto nei corridoi, durante la ricreazione, nel cortile, nei bagni, nei laboratori. Tutto questo sembra dover essere momentaneamente dimenticato. La ripartenza segna la fine di ciò che era la scuola nell’era pre-Covid“.

“E allora- proseguono gli psicologi- ai ragazzi viene raccomandato di coprirsi la faccia, di mantenere le distanze, di entrare e uscire da scuola in fila indiana e di andare al bagno uno per volta. Tutto ciò che riguarda il vissuto emotivo legato alla restrizione- ribadisce il gruppo di ‘Lontani ma vicini’- per lo più non viene preso in considerazione. I ragazzi sanno quello che devono fare, non sanno ancora però cosa proveranno nel vivere la scuola così diversa, a un metro di distanza gli uni dagli altri o attraverso uno schermo quando alla didattica in presenza verrà affiancata quella digitale”.


Per questo, concludono gli psicologi, “sarà necessario aprire delle riflessioni, dei nuovi spazi di pensabilità che portino a capire cosa trarre di buono da tutto questo e quali alternative offrire ai nostri ragazzi affinché non vengano privati del loro diritto alla socializzazione”.

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