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RIMINI – È nel carcere Badr 2, a 70 chilometri dal Cairo da un anno, in condizioni difficili, senza poter parlare o vedere i suoi familiari. Oggi la notizia choc è arrivata in Italia alla famiglia: Luigi Giacomo Passeri, 31 anni di Pescara, è stato condannato a 25 anni di reclusione con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Il giovane pescarese era stato fermato il 23 agosto scorso durante una viaggio in Egitto in possesso di una dose di marijuana. Di qui l’inizio del suo calvario. Dalla pagina Fb del fratello, Andrea Passeri, le parole postate alla vigilia dell’udienza: “Ci siamo, domani saranno 360 giorni che sei tenuto in ostaggio e non senti o non vedi nessuno dei tuoi cari. Speriamo che con l’udienza di domani sarai liberato e lasciato ritornare al tuo posto, tra i tuoi cari, a casa”. Poi la doccia fredda. Ora la famiglia lancia un appello: “Chiediamo allo Stato, alla politica italiana di farlo tornare in Italia, di interessarsi almeno al caso attraverso la documentazione ufficiale rilasciata dalle autorità egiziane in mio possesso. Giacomo è ingiustamente trattenuto lì, si faccia qualcosa per riportarlo al più presto a casa”.
La replica del ministero degli Esteri assicura che il caso di Passeri è seguito “con la massima attenzione” ed è stata richiesta l’autorizzazione a una visita consolare in carcere con la “massima urgenza” per prestare “ogni necessaria assistenza”. Lo scorso 19 agosto inoltre anche il capo della cancelleria consolare dell’ambasciata d’Italia, accompagnato da un interprete, fa sapere la Farnesina, ha assistito all’udienza del processo di primo grado in qualità di osservatore. Inoltre “in attesa della pubblicazione del dispositivo della sentenza, il legale di Passeri ha comunque già informato l’ambasciata dell’intenzione di presentare ricorso”.
Giacomo Passeri dalle poche lettere che è riuscito a inviare alla famiglia in questi 12 mesi- l’unico canale di comunicazione concesso- sostiene la sua innocenza e denuncia precarie condizioni di detenzione e lungaggini processuali, tali da spingerlo ad iniziare uno sciopero della fame.
“Abbiamo visto la vicenda Regeni, la vicenda Zaki, non ci fidavamo di chi diceva che in Egitto andava tutto bene. È stato detenuto senza traduttori, sottoposto a un interrogatorio senza avvocati. Non c’è bisogno di sapere di che cosa Luigi Giacomo Passeri sia stato accusato. A noi bastava sapere che, in base al diritto internazionale (risoluzione Onu del 17 dicembre 2015 sul trattamento dei detenuti, le cosiddette “Regole Mandela”), tutti i prigionieri devono essere trattati rispettando la loro dignità”: così intervengono dopo la sentenza il deputato Avs Marco Grimaldi e il segretario regionale Sinistra Italiana Abruzzo Daniele Licheri, chiedendo “l’immediato intervento del Governo Italiano”. Grimaldi e Licheri esprimono preoccupazione e sconcerto, definiscono quella di Passeri una vicenda dai diritti negati. “Cosa ha fatto il Governo- mandano infine a dire- per evitare che Luigi Giacomo Passeri non subisse un processo farsa e una detenzione che rischia di portargli via tutta la sua giovane vita?”
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