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BOLOGNA – Il fatto che l’albero del Bayesian non si sia spezzato cambia radicalmente lo scenario delle ipotesi sul naufragio del super yacht a vela calato a picco a 500 metri dal porto di Porticello, in provincia di Palermo. Mentre proseguono le operazioni di ricerca dei corpi dei dispersi nel naufragio, ingegneri e tecnici, in queste ore, si stanno interrogando su quali fattori possano aver causato il naufragio di una barca a vela così grande (56 metri di lunghezza per 10 di larghezza) in pochi minuti. I superstiti hanno parlato di un affondamento repentino, avvenuto nella più totale oscurità in appena 3-5 minuti. Ma come è possibile? I sommozzatori dei Vigili del fuoco, che stanno lavorando insieme alla Guardia costiera per ispezionare il relitto a 50 metri di profondità, hanno scoperto che sia l’albero (alto 75 metri, un record) sia lo scafo sono integri. Come ha fatto allora la nave ad affondare in 60 secondi? Perché ha imbarcato acqua? Perché si è ribaltata?
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Gli interrogativi sono molti, e ovviamente si stanno considerando anche le ipotesi di errori umani nell’assetto dello yacht, che nella notte tra domenica e lunedì si trovava in rada davanti al piccolo porto di Porticello, a circa 500 metri di distanza. In particolare, come hanno spiegato i sub e la Guardia costiera che sta utilizzando un robottino per ispezionare il fondale, il Bayesian aveva la deriva mobile sollevata. Non era dunque abbassata, al momento del naufragio, e questo potrebbe aver tolto stabilità all’imbarcazione e aver avuto un un peso importante nel naufragio. Ma che cosa è la “deriva mobile”?
La deriva mobile, che può essere chiamata anche più semplicemente chiglia, è una sorta di ala perpendicolare che si trova nella parte più bassa dello scafo di una barca a vela. Quando è abbassata, dà maggiore stabilità alla barca. Tanto più importante in uno yacht come il Bayesian che aveva un albero alto 75 metri (per una lunghezza di 56) e quindi era ‘sproporzionata’ sulla linea verticale. La chiglia o deriva mobile, se aperta, porta il pescaggio (ovvero l’estensione della superficie immersa nell’acqua di uno scafo) da 4 metri a oltre il doppio (9.5). E questo garantisce più stabilità, soprattutto quando le vele sopra aperte e la pressione del vento si estende su una superficie molte estesa. Ma il veliero, l’altra sera, era in rada. Non aveva le vele spiegate, non stava navigando e la profondità del mare era relativamente bassa. Doveva stare sollevata o no, quindi, la deriva mobile? È difficile dirlo. Sicuramente, in caso di condizioni meteo avverse, avere la deriva mobile aperta (quindi abbassata), conferisce una maggiore stabilità. Ma trovandosi in rada, ad una distanza così ravvicinata dal porto (appena mezzo miglio), tenere la deriva mobile abbassata non avrebbe avuto molto senso e poteva essere forse rischioso per il basso fondale. Gli esperti, in queste ore, anche sui social, si stanno chiedendo se il comandante James Cutfield (interrogato ieri pomeriggio per due ore in Procura e ha detto di non aver visto arrivare la tempesta) avrebbe potuto/dovuto abbassare immediatamente la deriva mobile. Ma la cosa più probabile è che il tempo necessario a questa operazione sia mancato: ci vuole quasi mezz’ora, in una nave del genere, mentre la furia del vento e la tromba d’aria hanno fatto affondare il veliero in pochi minuti.
#Bayesian Osservate nella foto! Il pescaggio dello yacht nell’ultima posizione rilevata = 3,8 metri, quindi aveva la chiglia mobile retratta. ⬇️ pic.twitter.com/DS5T2f6tlj
— Massimo Guerrera (@Massimoguerrera) August 20, 2024
Un altro elemento su cui si sta concentrando l’attenzione è il fatto che un boccaporto di un ponte superiore fosse rimasto aperto. E questo potrebbe aver contribuito ad imbarcare acqua. Potrebbe esserci stato, anche, un ritardo nell’attivazione del meccanismo che sigilla la barca in caso di maltempo improvviso. Ci si interroga, poi, sulla posizione della barca, forse non corretta. E da più parti si fa strada la classica sentenza del senno di poi: “Al posto sbagliato nel momento sbagliato“.
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