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ROMA – “Quattro membri dello staff di Medici senza frontiere insieme a quattro conducenti di camion e 10 lavoratori a giornata, sono stati fermati da un gruppo di uomini armati mentre trasportavano forniture mediche al Turkish Hospital a sud di Khartoum, dove forniamo assistenza medica. Dopo aver discusso sulle ragioni della presenza di Msf, gli uomini armati hanno aggredito il nostro team picchiandolo e frustandolo, oltre a trattenere l’autista di uno dei veicoli, minacciandolo di morte prima del rilascio, mentre il mezzo è stato rubato”. Così denuncia in una nota Medici senza frontiere, una delle ultime organizzazioni umanitarie presenti in Sudan, dove dal 15 aprile infuriano i combattimenti tra i militari guidati dal generale Abdel Fattah Al-Burhan e i combattenti che rispondo a Mohamed Hamdan Daglo. Ieri intensi bombardamenti aerei hanno coinvolto la capitale Khartoum e la cittadina vicina di El-Obeid, uccidendo 18 ribelli, così come ha riferito l’esercito, che sostiene di aver mirato alle basi delle Rsf. Le Forze armate accusano inoltre i ribelli di aver colpito mercoledì un quartiere residenziale della capitale, dove avrebbero perso la vita una quindicina di civili.
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Le violenze – che in queste ore hanno interessato anche Omdurman e Bahri – stanno avendo un duro impatto sulla popolazione: Medici senza frontiere fa sapere che dall’inizio della guerra ha curato oltre 1.600 pazienti con ferite di guerra nella capitale. A seguito “dell’orribile incidente” subito ieri, Christophe Garnier, responsabile delle emergenze di Msf in Sudan avverte: “Se si ripeterà e se la nostra capacità di trasportare rifornimenti continuerà ad essere ostacolata, allora, purtroppo, la presenza di Msf al Turkish Hospital diventerà presto insostenibile”. Il Turkish Hospital – dove ieri Msf ha ricevuto 44 pazienti feriti in uno degli attacchi aerei -, è uno degli unici due ospedali rimasti aperti nella parte meridionale di Khartoum, entrambi supportati da Msf.
L’ong fa inoltre sapere che supporta “gli ospedali di Khartoum est e Omdurman, oltre a quello di Khartoum sud, e aiuta il ministero della sanità a tenere attivo il fragilissimo sistema sanitario”. Infine “circa tre settimane fa c’è stato un afflusso massiccio di feriti, soprattutto donne e bambini, rimasti colpiti in seguito all’intensificarsi dei combattimenti intorno alla sede della Central Reserve Police. Ogni giorno questo ospedale accoglie circa 15 pazienti con ferite di guerra, effettua interventi chirurgici salvavita e mantiene in vita pazienti con malattie croniche. Le équipe di Msf lavorano 24 ore su 24 in condizioni difficili per fornire cure a quanti ne hanno bisogno, ma quando lasciano l’ospedale subiscono aggressioni fisiche e abusi”.
I combattimenti però riguardano anche il Darfur: qui “bisogna fermare gli scontri” tra esercito e paramilitari delle Forze e di supporto rapido (Rsf), come ha detto il governatore ed ex leader ribelle Minni Arko Minnawi, che ha poi invitato la popolazione a imbracciare le armi, stando a quanto riporta a testata Al Arabiya. Le dichiarazioni di Minnawi spingono alcune testate internazionali a temere una ulteriore escalation, capace di innescare a una guerra civile generalizzata. Questa regione non è infatti risparmiata dai combattimenti, in particolare ad Al-Geneina e Nyala.
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