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Libia, un progetto per curare i bambini di Tripoli e Zintan

Il medico di Torino Luciano Griso racconta la missione in Libia con Mediterranean Hope della Fcei, che ha visto partire un progetto per curare 10 bambini affetti da patologie gravi organizzato con Terre des Hommes

Pubblicato:21-07-2019 13:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:33

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ROMA – “In Libia esiste una società civile attiva e impegnata, che lavora tanto per migliorare le cose. Se l’Europa intervenisse in aiuto, queste esperienze potrebbero emergere in tutta la loro forza”. Questa l’impressione che Luciano Griso, medico di Torino, ha riportato con sé dopo una missione in Libia con Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei). Occasione del viaggio, di cui parla con l’agenzia ‘Dire’, l’avvio di un progetto per portare cure a dieci bambini affetti da patologie gravi organizzato con Terre des Hommes, realizzato grazie ai fondi della Cooperazione italiana.

“Questi dieci casi – dice Griso, medico responsabile del progetto – ci sono stati indicati dalla direzione sanitaria dell’ospedale di Tripoli e Zintan”. “Si tratta di bambini affetti da cardiopatie congenite o da patologie neurologiche oppure ortopediche”. Una conseguenza della guerra? “Sì, ma in modo indiretto”. Il medico spiega che la gran parte di questi problemi sono il risultato di gravidanze difficili, determinate da un’alimentazione povera: “Se le mamme non hanno la possibilità di assumere vitamina b12 o acido folico, è più probabile avere complicazioni nel parto”.

Anche il fatto che oggi questi bambini non possono essere curati come dovrebbero dipende sempre dalla forte instabilità in cui versa il Paese nordafricano da ormai otto anni: “Durante il regime di Gheddafi – spiega il responsabile Fcei – il Paese ‘importava’ professionisti dall’estero, quindi anche medici, infermieri e tecnici specializzati nelle varie professioni sanitarie. A causa del conflitto però, i lavoratori stranieri sono andati via e si è ridotta anche la quota di farmaci e attrezzature mediche che viene importata dall’estero”.


Senza medici, specialisti e strumenti “già seguire i malati è difficile, per quelli affetti da patologie particolari, poi, è pressoché impossibile”. Ecco perché, secondo Griso, è importante l’intervento delle organizzazioni: “Due bambini con gravi cardiopatie saranno portati in Italia per essere operati presso l’Ospedale Gaslini di Genova, interventi che in Libia non possono essere effettuati. La loro situazione dovrebbe migliorare in modo decisivo, così come quella dei bambini che riportano problemi ortopedici”.

Secondo il medico, però, ancora più delicata è la situazione per i minori con patologie neurologiche: “Le terapie per questo tipo di casi sono più lunghe e a più livelli, con figure specialistiche differenti. Per questo contiamo di formare anche medici e specialisti locali. Servono fisioterapisti e logopedisti, ed esempio. In futuro contiamo di far venire da Tunisia e Italia dei formatori”.

Nonostante le difficoltà a cui vanno incontro i malati, continua Griso, “il lavoro realizzato da medici e infermieri libici rimasti è encomiabile. Leggendo le cronache, pensiamo alla Libia come a una terra distrutta, mentre esistono tante persone – giovani medici, assistenti sociali, professori, insegnanti e gruppi associativi – che lavorano per aiutare la popolazione e per superare le contrapposizioni che esistono nella società. Si organizzano incontri, si presentano i libri, si stimola il dibattito. Se l’Europa si impegnasse per riportare la pace in Libia queste forze verrebbero fuori prepotentemente”.

Ma nella Libia di oggi ci sono anche migliaia di migranti, che come i residenti pagano il costo di un conflitto interno che non accenna a terminare. Per garantire i diritti di queste persone, la Fcei con la Comunità di Sant’Egidio ha proposto al premier Giuseppe Conte la creazione di un corridoio umanitario per 50mila persone dalla Libia. Una proposta, secondo il medico, “su cui nutriamo fondate speranze di successo”. Ancora Griso: “Se verrà realizzato potremo occuparci anche dei bambini non libici”.

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