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Pd, Rosati: “Ha ragione Madia, confronto con la città e congresso”

L' esponente di lungo corso del Pd romano, torna a parlare con l'agenzia Dire delle difficoltà da cui il partito romano sembra non riuscire a riprendersi

Pubblicato:21-07-2016 17:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:55

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rosatiROMA – Il ministro Madia ‘ha ragione a dire che a Roma il Partito democratico non è mai nato’, preso com’era dalla smania di onnipotenza che ancora non lo ha del tutto abbandonato. Adesso, però, serve riaprire un confronto con la città, ‘una nuova fase che però non può durare soltanto tre giorni, perché abbiamo bisogno di tempo‘. Antonio Rosati, esponente di lungo corso del Pd romano, torna a parlare con l’agenzia Dire delle difficoltà da cui il partito romano sembra non riuscire a riprendersi. Eppure, dice, il Pd ‘ha capito la lezione e può contare su energie valide che fino a oggi sono state offuscate’. La rinascita, però, ‘sarà attraverso un processo anche doloroso’ che dovrà vedere coinvolto il Nazionale e ‘Renzi in prima persona’. Del premier, poi, Rosati difende la riforma costituzionale, ma non la legge elettorale: ‘Va cambiata, introducendo un sistema più trasparente, come i collegi uninominali’.

– ‘Il Pd a Roma non è mai nato’. Il ministro Madia non fa sconti al partito romano. Come commenta questo giudizio?

‘Ai suoi esordi, il Partito democratico ottenne a Roma un risultato straordinario, intorno al 40%. Da lì, avremmo dovuto radicarlo promuovendo le energie migliori e soprattutto costruendo quel campo largo di associazioni, intellettuali, comitati di quartiere e onlus con spirito nobile e disinteressato, per costruire una nuova fase della città di Roma. E invece è cominciata una distruzione, a partire dall’idea del fallimento del Modello Roma. Ma quello non è stato un fallimento, semplicemente si è trattato di un modello che ha funzionato per quindici anni e poi si è esaurito. Per questo, avevamo bisogno di rileggere la città di Roma. E invece il Pd è stato offuscato da varie anime che hanno guardato solo al voto di preferenza. E sostanzialmente con la vittoria di Alemanno ha fatto una finta opposizione. Quindi, il Pd a Roma non è mai nato nello spirito e nei sentimenti’.


 – Dunque, è d’accordo con il ministro Madia.

‘Sono totalmente d’accordo. Per esempio, si organizzarono delle Parlamentarie che sono state un imbroglio, e in più un gruppo dirigente, che allora aveva avuto l’onore di riscostruire questo Partito democratico, ha scelto di andare in blocco in Parlamento o al Consiglio regionale. Il re era nudo. E questo è l’esempio dato ai più giovani che si affacciavano a questo partito, soprattutto nei Municipi: che il Pd fosse soltanto uno strumento, una specie di taxi che si prendeva per fare carriera. Ma adesso bisogna voltare pagina. Abbiamo bisogno di un confronto con la città, anche doloroso. Serve una fase congressuale che non duri tre giorni di catarsi, ma che sia un grande dibattito umile. Considerando anche il lavoro difficile e complesso del commissario Orfini, che ha fatto anche qualche errore’.

– Tuttavia, e’ proprio il ministro Madia a chiedere le dimissioni del commissario Orfini.

‘Ecco, su questo non sono d’accordo con il ministro Madia: io dico che, se apriamo una fase congressuale, è evidente che la funzione commissariale è finita. Chiedere soltanto le dimissioni di Orfini sembrerebbe come cercare un capro espiatorio unico. E questo intellettualmente non è onesto. Non voglio trarmi indietro: c’è forse anche una responsabilità della mia generazione, che è quella delle grandi vittorie. Ma probabilmente quella fase non l’abbiamo curata con sufficiente amore o abbiamo avuto la sensazione che in realtà il potere fosse fine a se stesso. Io credo di no, naturalmente. Lo dimostrano tanti fatti, anche individuali. Personalmente, ho sempre cercato di agire in modo che prevalesse il noi, invece da qualche anno è prevalso l’io. Il tutto, aggravato dal fatto che alcuni circoli in realtà erano finti. Ma la cosa più grave, ancora oggi, è che questo ha coperto le tante energie sane di giovani e non solo, militanti disinteressati ed elettori. Questo è deflagrato con Mafia Capitale’.

– Da dove partire in vista del congresso?

‘I romani ci chiedono un grandissimo bagno di umiltà, una rigenerazione. E’ evidente che dovremo presentare anche un gruppo dirigente completamente rinnovato non solo anagraficamente, visto che ci sono straordinarie energie, anche tra i non giovanissimi. La mia generazione dovrà aiutare. Abbiamo solo da perdere le catene e partire con una grande discussione che Orfini deve aprire, coinvolgendo fino in fondo il Pd nazionale, e Renzi in prima persona. Perché io sono convinto che se lavoreremo così, anche se sarà doloroso, il nostro riscatto a Roma arriverà prima di quanto immaginiamo. Questa è la mia proposta: arrivare alla fine del prossimo autunno con all’attivo quindici incontri nei Municipi, in cui parlare della nostra ipotesi programmatica, misurandoci con la città’.

– Nello specifico, ci sono già delle idee?

‘L’amministrazione comunale è sull’orlo del baratro dal punto di vista finanziario, quindi dovremo avere molta intelligenza e fantasia, un’idea nuova sui beni comuni e di un welfare cittadino. Non do un buon giudizio del prefetto Tronca, non mi ha mai convinto: se n’è andato e la città è peggio di prima. C’è una cosa veramente delittuosa che riguarda il patrimonio comunale e che vede molte associazioni, onlus, centri antiviolenza, sedi di partiti e anche centri sociali ipercritici con il Pd, che si sono visti togliere degli spazi. La mia domanda è: questa rete non serve a tenere Roma un po’ più unita, più solidale? E allora entriamo nel merito, assegnazione per assegnazione. Rivendico l’idea per cui l’uso del patrimonio comunale deve essere di mercato quando serve, ma in un momento di crisi come questo, non si può cacciare chi dà un servizio al quartiere. Anche in questo caso, dobbiamo chiamare le energie migliori e dire alla città che il Pd ha capito la lezione’.

– A proposito di Renzi e del Pd nazionale, c’è chi parla di un indebolimento del premier proprio all’interno del suo partito.

‘Dopo quello che è successo con il referendum inglese, i fatti di Francia e quello che accadrà negli Stati Uniti, in Europa, e dunque anche in Italia, siamo a un bivio molto complesso. Oggi il nostro carattere innovativo e di cambiamento che era stato sancito da Renzi con il 40% alle Europee si è appannato. Stiamo apparendo, a torto o a ragione, soltanto casta e potere. Ma guai se dentro al Pd oggi non dessimo forza al cambiamento, in questo sostengo Renzi: la riforma costituzionale, che per un momento va staccata dalla legge elettorale, rende il Paese più innovativo, più semplice. Non bisogna smarrire il carattere forte del cambiamento, ma Renzi deve comprendere che c’è una sofferenza nel Paese che chiede una società più giusta. Faccio un esempio: la proposta del Movimento cinque stelle sul reddito minimo di cittadinanza è molto forte tra i giovani, ma nel merito è una proposta diseducativa, assistenziale ed enormemente costosa. In Gran Bretagna, portò all’avvento di Margaret Thatcher. Ma resta il problema dei tanti ragazzi senza occupazione. È vero che il Jobs act ha portato tanti posti di lavoro, ma anche molta ‘flexi’. Avevamo promesso la seconda gamba: un periodo di formazione sostenuto dal reddito e una proposta di lavoro entro 6 mesi. Ma questo non è avvenuto’.

– Il dibattito interno al Pd nazionale si concentra molto sulla legge elettorale, che per alcuni è da rivedere.

‘Non mi convince appieno. Si dovrebbe riaprire la discussione e andare verso un sistema di collegi uninominali. Le preferenze portano il rischio di un inquinamento, e soprattutto infiltrazioni di mafia e camorra, che con le preferenze stanno già brindando. Con il collegio, invece, questo è impossibile. E allora perché non dialogare anche con i Cinque stelle e altre forze per cambiare la legge elettorale in senso più trasparente, più rigoroso e calzante con i territori? Il collegio obbliga a mettere i migliori e stare ancorato ai problemi delle persone. Aprire alle coalizioni appare la casta che si vuole difendere. Questa è tutta benzina per Grillo. Altra cosa invece è sfidate il M5S su una legge ancora più rigorosa, come quella dei collegi. Vediamo che cosa accade. Se la richiesta è invece soltanto preferenza e coalizioni, rischiamo una sconfitta storica’.

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