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Oltre 100 milioni di euro per la distribuzione dei gas rinnovabili – principalmente biometano, metano sintetico e idrogeno – favorendo l’allaccio degli impianti di produzione alla rete di distribuzione, con l’uso della tecnologia del reverse flow per consentire l’accoglimento, di fatto senza limiti, dei quantitativi non consumati a livello locale, lo sviluppo di impianti e componenti ‘hydrogen ready’. Li mette a disposizone il Piano Italgas 2022-2028. Ruolo di primo piano lo avrà il biometano, prodotto da scarti agricoli, frazione umida dei rifiuti solidi urbani, fanghi da impianti di depurazione, un’alternativa in ottica di economia circolare all’approvvigionamento di metano. Italgas investirà per incentivare gli allacci degli impianti sui quali al momento grava circa l’80% delle spese di connessione. Dovrà essere possibile spostare il gas rinnovabile prodotto nel caso in cui la quantità superi l’autoconsumo, per questo occorrono reti che possano funzionare a flusso inverso. “Abbiamo bisogno di una rete che sia in grado di invertire il flusso, per non bloccare la produzione di biometano”, spiega l’amministratore delegato Italgas Paolo Gallo. Due impianti pilota sono già in fase di valutazione. Un sistema che non riguarda solo il biometano ma realizza la rete del futuro multi-gas, che trasporterà metano, biometano, idrogeno verde, metano sintetico, e questo grazie a un’evoluzione in senso hi-tech. “Siamo la prima compagnia nel mondo a implementare un network davvero digitale”, segnala l’ad Gallo. E nel Piano al 2028 di Italgas ben 1,5 miliardi di euro, 100 milioni in più rispetto al precedente Piano, sono destinati all’avanzamento dei programmi di trasformazione digitale della rete.
Il Mediterraneo è a rischio di innalzamento del livello del mare, un fenomeno che a livello globale da qui al 2100 potrebbe portare a un aumento fino a un metro e 10 in più sull’attuale. Questi i risultati del progetto europeo SAVEMEDCOASTS-2, finanziato dalla Protezione Civile Europea tra 2019 e 2022 e diretto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, con la partecipazione di sette partner italiani e tre stranieri. Il riscaldamento globale, ricordano i ricercatori, causa la fusione dei ghiacci terrestri e l’espansione termica degli oceani. Ogni anno fondono circa 430 miliardi di tonnellate di ghiaccio e la superficie dei ghiacci della Terra si sta riducendo del 13% ogni 10 anni. In seguito a questo fenomeno, tra il 2013 e il 2021 il livello medio del mare globale è aumentato di circa 4.5 millimetri all’anno, e questo incremento è in accelerazione. Nel Mediterraneo sono esposti a questi rischi circa 38.000 chilometri quadri di costa, una superficie quasi pari a quella della Svizzera. Gli aumenti attesi variano da luogo a luogo, con valori minimi che vanno da circa 65 centimetri dove le coste non sono soggette a subsidenza o movimenti geologici, fino a superare ampiamente il metro. In assenza di interventi di mitigazione, segnala la ricerca diretta dall’INGV, l’isola di Venezia nel 2100 potrebbe vedere un livello medio del mare più alto fino a circa 72 centimetri rispetto ad oggi. Come dire che piazza San Marco potrebbe essere quasi perennemente allagata in assenza del MOSE, le cui paratie dovranno alzarsi sempre più di frequente per proteggere la laguna. In caso di storm surge – quando si verificano contemporaneamente alta marea, vento diretto verso la costa e bassa pressione atmosferica – in condizioni di livello del mare aumentato, si potranno raggiungere temporaneamente livelli superiori ai 2 o 3 metri, con tutte le conseguenze del caso. Infine, il livello marino più alto amplifica gli effetti dei maremoti, che avranno maggiori conseguenze nelle zone interessate dai fenomeni sismici.
Inizia la stagione delle nidificazioni e riprende la campagna Tartawatchers di Legambiente. Sono già centinaia i volontari di Legambiente a presidio delle coste italiane, e lo saranno per tutto il periodo estivo, per individuare e proteggere i nidi delle tartarughe Caretta caretta, costrette a districarsi tra inquinamento da plastica, attrezzature da pesca e traffico marittimo, e disturbate dall’inquinamento acustico e luminoso nelle ore notturne, senza contare i rischi legati alla pulizia meccanica delle spiagge. L’obiettivo dei Tartawatchers è seguire le tracce lasciate sugli arenili da mamma tartaruga per poi individuare i siti di ovodeposizione da mettere in sicurezza e proteggere da incursioni di animali selvatici oppure dai danneggiamenti involontari di bagnanti, turisti e addetti ai lavori impegnati nella pulizia delle spiagge. Un impegno dispendioso, supportato anche da sistemi di video-controllo premiato però dalla schiusa delle uova che porterà i tartarughini a vedere la luce e a prendere il largo nel mar Mediterraneo. I Tartawatchers di Legambiente sono donne e uomini, ragazze e ragazzi che ritagliano uno spazio nella loro giornata per dare il loro contributo alla salvaguardia di una specie a rischio estinzione come la tartaruga Caretta caretta. Anche quest’anno Legambiente ha attivato il servizio SOS Tartarughe, un numero unico per raccogliere le segnalazioni di tracce o di piccoli di tartaruga sui litorali italiani. Un invito a cittadini, turisti e bagnanti a mobilitarsi in modo semplice, inviando un messaggio WhatsApp o un SMS al 3492100989.
L’orso bruno marsicano, una sottospecie endemica dell’Appennino centrale a grave rischio di estinzione, sta finalmente ritornando con più frequenza nel Parco Nazionale della Maiella, la principale area d’espansione della sua esigua popolazione localizzata nel Parco d’Abruzzo Lazio e Molise. La sfida principale, adesso, è creare le condizioni ottimali per fare in modo che si riproduca e si stabilizzi nel parco, dando vita a una nuova popolazione. Per farlo, è indispensabile partire dalla sensibilizzazione delle popolazioni locali e non solo, diffondendo la giusta cultura della convivenza uomo-orso. È con questo scopo che domenica è stato inaugurato il ‘Sentiero dell’Orso’, il primo sentiero tematico dedicato all’orso bruno marsicano all’interno del Parco della Maiella, realizzato in collaborazione col WWF Italia nell’ambito del progetto europeo LIFE ARCPROM. Si tratta di un percorso ad anello di 4 km, che si snoda nei pressi del Lago Ticino a Campo di Giove (AQ), fra i 1000 e i 1200 metri di altitudine. È un sentiero che attraversa gli ambienti che fanno parte dell’habitat dell’orso bruno marsicano e prevede 6 soste ‘parlanti’ con pannelli educativo-formativi. Queste installazioni forniscono informazioni sull’orso, sulle sue abitudini alimentari, sulle sue caratteristiche biologiche peculiari, sull’ambiente naturale in cui vive e, naturalmente, sulle regole per una buona coesistenza con l’orso. Sono rivolti ad un pubblico vario, con un’attenzione particolare alle famiglie e agli studenti. “Per la sopravvivenza dell’orso bruno marsicano, sottospecie ad altissimo rischio d’estinzione, occorre che il territorio accolga l’orso- commenta Luciano Di Tizio di WWF Italia- se si crea una situazione conflittuale non abbiamo grandi speranze, se invece si capisce che con piccoli accorgimenti si può convivere felicemente, ed ottenere dall’orso soltanto vantaggi, perché l’orso può essere un volano anche per l’economia del territorio, allora l’orso potrà sopravvivere ed espandersi”.
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