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Migranti, intervista alla Guardia Costiera Libica: “Italia fermi le Ong”

A parlare con l'agenzia 'Dire' è il colonnello Abu Ageila Abdul Bari, comandante delle motovedette della Guardia costiera della Libia.

Pubblicato:21-06-2018 11:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:17

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ROMA – “Quando vedono le navi delle ong, i migranti che abbiamo appena imbarcato si rituffano in mare, anche se non sanno nuotare; questa storia deve finire“: a parlare con l’agenzia ‘Dire’ è il colonnello Abu Ageila Abdul Bari, comandante delle motovedette della Guardia costiera della Libia.

I contatti con gli attivisti delle organizzazioni non governative, accompagnati spesso dalle loro denunce di speronamenti e raffiche di colpi di armi da fuoco, avverrebbero di solito a circa 14-15 miglia dalla costa, nell’area “Search & Rescue” (Sar).

Le ong sono taxi del mare, che di fatto aiutano i migranti a raggiungere l’Europa” sostiene l’ufficiale: “Complicano il nostro lavoro, che nonostante alcuni successi, resta difficile”.


Con cinque unità, quattro italiane e una tedesca, la Guardia costiera di base a Tripoli intercetta i migranti in mare e una volta a riva li consegna ai responsabili dei centri di detenzione. “A Tripoli ne sono stati chiusi sei che erano illegali” calcola Abdul Bari: “Ne restano due, sostenuti dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni e dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati”.

Rispetto alle accuse di violenze e abusi all’interno delle strutture, l’ufficiale dice di non esserne a conoscenza: “Non sono sotto il nostro controllo“.

La consegna dei migranti sarebbe poi parte di un impegno che avrebbe bisogno di più sostegno dall’Europa. “Ci serve aiuto per i rimpatri” dice Abdul Bari: “Questi giovani non possono restare in Libia ma devono tornare a sud del Sahara, nei loro Paesi di origine, anche per spiegare ai loro connazionali che partire è un errore, che si sperperano soldi e che è pericoloso”.

Ma le accuse dell’Onu, che ha sanzionato Abd al Rahman al-Milad, un ufficiale della Guardia costiera di Zawiyah coinvolto nella tratta di esseri umani? “Con noi non ha nulla a che fare, è solo un miliziano, per giunta ricercato” risponde Abdul Bari. “La verità è che abbiamo pochi uomini, avremmo bisogno di più sostegno dall’Italia, ma ce la stiamo mettendo tutta”.

I rapporti con Roma, appunto. In un’intervista rilasciata al portale ‘Speciale Libia’, Abdul Bari aveva detto che la chiusura dei porti alle ong disposta dal governo di Lega e Movimento Cinque Stelle avrebbe ridotto “notevolmente” le partenze. I dati però raccontano di una tendenza accentuata già da tempo.

Secondo il Viminale, nel maggio scorso il numero di sbarchi rispetto allo stesso mese del 2017 è diminuito di oltre 96 per cento, passando da 12.753 a 443 arrivi.

Pesa l’accordo sottoscritto un anno fa con Tripoli dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti? “Posso solo confermare che da allora gli sbarchi sono davvero diminuiti” risponde Abdul Bari: “Direi del 60 per cento”.

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