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Cooperazione, era della ‘Pax Humana’ nasce nel sahel e nei balcani

Voci dall'incontro organizzato dalla Luiss con la onlus Ara Pacis

Pubblicato:21-04-2022 20:46
Ultimo aggiornamento:22-04-2022 13:01
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ROMA – La regione di Kidal, nel nord del Mali, quella del Fezzan, nell’estremo sud della Libia, la Bosnia-Erzegovina, nel cuore dei Balcani occidentali. Aree spesso sinonimo sui nostri media di instabilità, guerra o povertà che oggi pomeriggio, in una delle sedi dell’Università Luiss Guido Carli di Roma, lungo la via Nomentana, sono state lo sfondo per discorsi centrati sul superamento del conflitto, il “co-sviluppo”, la formazione, l'”armonia culturale” che è “precondizione della pace”.

Il cambio di paradigma ha segnato quella che il presidente dell’ateneo romano, Vincenzo Boccia, ha definito “un anniversario e un battesimo”. Alla Luiss si è celebrato infatti il primo anno di vita del Pax Humana Hub, un “centro strategico e operativo indipendente per la pace, la sicurezza e lo sviluppo nello spazio afro-mediterraneo“, nato nell’aprile 2021 per iniziativa della onlus Ara Pacis Iniziative for Peace, in collaborazione con Luiss, Eni, Sky TG24, Terna e Coldiretti. Sempre nell’ambito della conferenza di oggi, Ara Pacis ha lanciato la sua fondazione, nell’ottica, come sottolineato dalla presidente Maria Nicoletta Gaida, “di contribuire alla nascita di una nuova era che abbia al centro i diritti degli esseri umani, le loro risorse morali, potenzialità, la loro spiritualità e capacità di trasformare e superare i conflitti”.

Snodo centrale di questo percorso è il Sahel, e in modo particolare il nord del Mali e il sud della Libia, entrambi teatro del progetto Sahara Peace Hubs. Come spiegato da Gaida, che ha anche mostrato dei video che documentano l’iniziativa, “l’idea dietro questi hub è stata concepita già durante una visita dei leader tuareg a Roma nel maggio del 2017”, durante la quale venne firmato appunto l’accordo di Roma fra le varie comunità in lotta, “e che, per citare un ministro del Ciad che partecipò ai lavori, vuole trasformare il Sahel da un deserto di sangue a un giardino di pace”.


Tra i progetti presentati anche il centro di salute a Tessalit, in Mali. In un videomessaggio il ministro delegato per gli Affari umanitari del Paese africano, Omarou Diarra, ha ribadito l’importanza della struttura per l’area e ha poi ricordato un’altra iniziativa resa possibile dai Sahara Peace Hubs, “nell’ambito della quale 15 giovani maliani hanno beneficiato di una fruttuosa esperienza di formazione in giornalismo e management grazie a SkyTg24 e alla Luiss”.

La centralità di questo ultimo aspetto, quello della formazione, è tornato nelle parole di Boccia. “È una componente chiave dei percorsi di crescita che ci sono stati indicati da Ara Pacis, di cui ci ha affascinato la prospettiva”. Un orizzonte, quello della onlus, secondo il presidente di Luiss, che “va oltre la soft diplomacy per creare dei partenariati di co-sviluppo in cui si evolve insieme e in cui la pace in Sahel o nel Mediterraneo sono positivi anche per l’Italia”.

Le strade della diplomazia non sono esclusive della politica quindi. Lo suggerisce anche il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi di Maio, che in un video messaggio registrato durante la sua visita in Angola e in Repubblica del Congo è tornato su Ara Pacis, definendo la onlus “un contributo concreto e operativo” per creare quell'”armonia culturale” che è precondizione per la pace, soprattutto in aree prioritarie per l’Italia come il Sahel, ma anche un “tassello prezioso della strategia italiana in Africa e nel Mediterraneo allargato”.

Secondo Filippo Uberti, responsabile Salute di Eni, la partnership con un’organizzazione impegnata nei campi della pace e dello sviluppo permette anche di allargare i confini del fare impresa, “dotandoci di strumenti che vanno oltre gli accordi di business, che costituiscono il cuore del nostro mandato, e che ci permettono, a esempio, di contribuire a lavorare sull’accesso al diritto alla salute”. Considerazioni, quelle di Uberti, che partono comunque dalla premessa che Eni, “su un suo piano quadriennale spende in media 40 milioni di euro in progetti sanitari dedicati alle comunità collegate direttamente o indirettamente agli investimenti”

Mediterraneo allargato non è solo Nord Africa e Sahel, ma anche Balcani. La conferenza di oggi è stata infatti l’occasione per presentare un memorandum d’intesa siglato da Uniocamere e dalla Camera di commercio estero della Bosnia Erzegovina. Al Paese, fra quelli teatro di un duro conflitto che ha attraversato la regione dell’ex Federazione Jugoslava negli anni ’90, ha dedicato parte della sua analisi Egidio Ivetic, professore di Storia moderna e storia del Mediterraneo all’università di Padova.
“Nella regione dei Balcani troviamo un’area integrata nell’Unione Europea e una zona più oscura che continua ad avere difficoltà e a vivere in un tempo bloccato alle complessità degli anni ’90”, la tesi del docente, secondo il quale la Bosnia Erzegovina sarebbe emblematica rispetto a questo seconda condizione. Per far uscire Sarajevo da questo impasse allora, sarebbe importante “partecipare con le proprie forze migliori allo sviluppo dell’area”, proprio “come avviene con questa storica intesa sui cui ci concentriamo oggi”.

Del memorandum d’intesa ne ha parlato anche Andrea Prete, presidente di Unioncamere, che ne è firmataria. “E’ un piacere e una soddisfazione per noi aver fatto un passo del genere”, ha detto il presidente. “Sta proprio a noi, che abbiamo avuto sempre un ruolo decisivo nell’accompagnare le piccole e medie imprese italiane nell’esportare verso nuove aree, sostenere Paesi che come la Bosnia Erzegovina, che si trovano in una fase segnata anche da incertezze. Per Sarajevo del resto siamo il primo Paese esportatore e il secondo partner commerciale”.

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