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Ucraina, Vauro: “Gino Strada non sarebbe mai stato a favore dell’invio di armi”

Il giornalista e vingettista Vauro sta con l'Anpi: "È una bestemmia" l'accostamento tra la resistenza dei partigiani e la guerra in Ucraina. E attacca: "C'è un'informazione che è un enorme spot per la guerra"

Pubblicato:21-04-2022 14:02
Ultimo aggiornamento:22-04-2022 12:33

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BOLOGNA – I partigiani imbracciarono sì le armi, ma, dopo averle deposte, “hanno sentito l’esigenza etica prima ancora che politica di ripudiare la guerra”. E dunque si stanno facendo “incredibili e stranissimi parallelismi” tra la resistenza e la guerra in Ucraina, dice Vauro Senesi, giornalista e vignettista, già portavoce di Emergency, non esitando a definire una “bestemmia” l’accostamento. E soprattutto prendendo le parti dell’Associazione dei partigiani.

VAURO CON L’ANPI: “UNA BESTEMMIA ACCOSTARE RESISTENZA PARTIGIANI E GUERRA IN UCRAINA”

L’attacco all’Anpi e al 25 aprile fa parte”, prosegue Vauro, di una generale ‘spinta’ affinchè “non si formi una mobilitazione che sia contro la guerra, quindi anche contro l’invio delle armi, contro la Nato e contro l’industria delle armi”. Vauro ne ha parlato ieri sera, a Casalecchio (Bologna), alla Casa della Conoscenza dove ha presentato il suo libro ‘La regina di Kabul’.

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“CHI DICE NO ALLE ARMI È TACCIATO DI ESSERE FILO-PUTIN

“Mai avrei pensato di dover presentare un libro che parla di guerra in un momento di guerra”, ha detto. Ma l’eco dell’Ucraina e il dibattito in Italia hanno ispirato molte delle sue riflessioni nel tracciare anche collegamenti tra quanto visto e vissuto in Afghanistan e quanto sta succedendo. Ad esempio, perchè nell’ospedale di Emergency di Kabul si riuscì ad imporre la regola che non entrassero armi. E questo dimostra, secondo Vauro, che “la nostra sicurezza è essere disarmati. Pensate se lo teorizzassimo ora che c’è chi sostiene che il modo migliore per cercare il cessate il fuoco nella guerra non è inviare altre armi dove troppe armi già ci sono. E a chi lo sostiene viene detto che è filo-Putin”. E qui arriva il pensiero sui partigiani, sugli “incredibili e stranissimi parallelismi” fatti “probabilmente non sapendo o non volendo sapere quello che è stato il significato profondo della resistenza che in Italia è rappresentato dall’articolo 11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra”.

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“FA ACCAPPONARE LA PELLE PENSARE A GINO STRADA FAVOREVOLE ALL’INVIO DI ARMI”

I partigiani “hanno dovuto vivere una esperienza di guerra feroce e quando hanno deposto le armi, ancora calde, hanno sentito l’esigenza etica ancora prima che politica di ripudiare la guerra e dire ‘siamo stati costretti’ ad imbracciarle, ma ‘abbiamo fatto questa guerra perchè i nostri figli e nipoti non conoscano più guerre. Il ripudio è la negazione assoluta della guerra, non ammette eccezioni“, sottolinea Vauro osservando che la retorica dell’eroismo che accompagnò il racconto di quella fase della storia “ha spesso impedito di capire la sofferenza che hanno vissuto e la paura che si provarono nella guerra di resistenza. Imbracciare le armi era un grande sacrificio, ma fu fatto per stimolare un progresso sociale dell’umanità. Era l’utopia di immaginare una società senza guerra”. E Gino Strada “denunciava il crimine che la guerra è”, dunque “mi fa accapponare la pelle vedere scrivere o sentire dire che se oggi Gino fosse stato vivo sarebbe stato favorevole a mandare le armi in Ucraina”.

“CI VOGLIONO DIRE CHE LA PACE SI COSTRUISCE CON LE ARMI, È TUTTO UN ENORME SPOT PER LA GUERRA”

Vauro racconta allora di quando con il fondatore di Emergency si trovava nel sud dell’Afghanistan durante un’offensiva inglese e in Italia si discuteva di rifinanziare le missioni militari. Decisero di chiamare Fausto Bertinotti, allora presidente della Camera: “Gli dicemmo che era una strage. Che non potevano. Negli ospedali camminavamo letteralmente nel sangue..”, dunque non era il caso di mandare altre armi. “Una situazione simile a quella di oggi” e “Gino voleva che non arrivassero altre armi“. Questo farebbe anche oggi, è certo Vauro. Eppure “c’è una campagna di arruolamento, ci vogliono solo dire che la pace si costruisce con le armi e parte dell’Anpi è putiniana perchè è contro l’invio delle armi. C’è un’informazione che è un enorme spot per la guerra“. Tanto che si invocano le bandiere della Nato il 25 aprile, “quando la Nato neanche esisteva allora…”.

“POCA MOBILITAZIONE CONTRO LA GUERRA IN UCRAINA”

Ma in generale, contro la guerra in Ucraina, “c’è poca mobilitazione e c’è stata la volontà di far sì che questa mobilitazione non nascesse nemmeno, che si disgregasse in partenza”. Invece, ricorda Vauro, quando con Gino Strada partirono per l’Iraq, “l’Italia era completamente imbandierata con le bandiere della pace, ci fu una manifestazione contro la guerra con più di un milione di persone che finì nel Guinness dei primati. Quella mobilitazione è stata importante anche per chi, come Gino, operava in zone di guerra e così non si sentiva solo”. Ma soprattutto, “quando c’è questa mobilitazione, anche la politica con la ‘p’ minuscola’ in qualche misura i conti li deve fare perchè teme la mobilitazione, perchè la mobilitazione è aggregazione”.

Ma oggi è “difficile” innescarla per via, dice Vauro, di una “grande campagna arruolamento”. Un esempio? Vauro cita la manifestazione pacifista a Firenze che ascoltò Zelensky chiedere “l’invio delle armi e l’intervento Nato. Essere contro la guerra e essere pacifisti ma a favore dell’invio o dell’uso delle armi è una cosa incompatibile”. Ed è una “bastemmia paragonare questa resistenza alla guerra in Ucraina dove si fronteggiano due eserciti: la resistenza è avvenuta durante la seconda guerra mondiale, vogliamo che si ripeta una guerra mondiale così il parallelo con la resistenza è più consono? Eppure ci sarebbe il dovere, e ci sarebbe il retroterra storico e culturale, per Europa e Italia di avere un ruolo di mediazione diplomatica molto forte. Invece assistitiamo all’invito ad arruolarsi da una parte, che è la parte della Nato”. Di Putin Vauro rimarca che ha “ha invaso, ha commesso un crimine gravissimo, ha innestato una guerra su una altra guerra”.

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