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Francia, Darnis (Iai): “Nelle urne due vie per l’Africa”

Nel voto francese si scontreranno anche due visioni dell'Africa, all'insegna del "neo-colonialismo" o al contrario del "co-sviluppo"

Pubblicato:21-04-2017 15:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:08

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ROMA – Nel voto francese si scontreranno anche due visioni dell’Africa, all’insegna del “neo-colonialismo” o al contrario del “co-sviluppo”: lo spiega alla DIRE Jean Pierre Darnis, professore dell’Università di Nizza nonché direttore del Programma sicurezza e difesa dell’Istituto affari internazionali (Iai).

La premessa è che i sondaggi in vista del primo turno di domenica confermano una quota elevata di “incerti”. Presto dunque per pronosticare l’esito del voto, con almeno quattro aspiranti presidenti con chances reali, dal “gauchiste” Jean-Luc Melenchon al gollista Francois Fillon. Sull’Africa è però già possibile dir qualcosa, sottolinea Darnis. Che concentra lo sguardo su due favoriti su posizioni opposte: Marine Le Pen, volto del Front National, ed Emmanuel Macron, fondatore del movimento che porta le sue stesse iniziali, En Marche!.


Un primo spunto è una missione di due giorni a N’Djamena risalente al mese scorso, contestata sia a Parigi che a sud del Mediterraneo. Sottolinea Darnis: “Con la sua visita in Ciad, Le Pen ha dimostrato la volontà di riprendere un rapporto classico, anche bilaterale, per non dire neocolonialista, con alcuni poteri forti anche africani”. A N’Djamena la candidata del Front National ha visitato la base della missione militare Berkhane, avanguardia francese nel Sahel incaricata di fermare l’estremismo islamista prima che possa colpire nell’Esagono.

Le Pen ha poi diffuso le foto dell’incontro con il presidente Idriss Deby, salito al potere nel 1990 con un golpe e da allora riferimento essenziale della “Francafrique”, la rete di relazioni controverse e spesso illecite tra le elite parigine e i governanti delle ex colonie africane. Trame che Le Pen vorrebbe continuare a tessere, almeno stando ai partiti di opposizione ciadiani. “E’ una xenofoba fascista” ha denunciato il Fronte patriottico per il rinnovamento: “Usa il pretesto dell’incontro con i soldati per ottenere fondi per la campagna elettorale dal governo di N’Djamena, noto per la sua generosità verso le elite parigine”. Darnis non entra nelle polemiche, limitandosi a parlare di “vecchia strada della Francafrique” da collocarsi nella “personalissima lettura della Le Pen del colonialismo e del post-colonialismo”.

Visioni lontane da quelle anticipate da Macron. In un’intervista rilasciata alla rivista ‘Jeune Afrique’, l’ex ministro dell’Economia del presidente Francois Hollande ha rilanciato la proposta di un “partenariato strategico” per “uscire dalle logiche dell’assistenzialismo e del clientelismo”. Secondo Darnis, “quando parla dell’Africa Macron ha una visione di co-sviluppo, che è centrata sull’Unione Europea e l’Unione Africana e rompe completamente con il paternalismo del passato”. L’esperto dello Iai è convinto che un approccio del genere sia “in grande continuità” con la “svolta politica” impressa nelle relazioni con l’Africa da Hollande. “Sarkozy era rimasto su un vecchio stile”, questa la tesi, “mentre con l’ultima presidenza si è passati a una visione molto più moderna dello sviluppo economico e della cooperazione“.

L’esito delle elezioni francesi, allora, condizionerà l’Africa? “A giudicare dai manifesti degli aspiranti presidenti direi di sì” risponde Darnis. Che però, calendario alla mano, aggiunge una postilla. Al ballottaggio del 7 maggio seguiranno, l’11 e il 18 giugno, le consultazioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale. “Bisognerà vedere quale governo e quale maggioranza ci saranno” sottolinea Darnis, alludendo alle particolarità e anche alle trappole del sistema elettorale francese: “Nel caso di maggioranze composite trionferà comunque uno scenario moderato; alla fine non si tornerà indietro verso l’ultranazionalismo, ma si andrà avanti lungo una via più moderna”.

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