A Bologna 1.340 adulti in coda: “Serve il doppio dei docenti”

Al Cpia anche minori e italiani analfabeti; Preside: "Sogno una sede"

Pubblicato:21-03-2025 10:43
Ultimo aggiornamento:21-03-2025 10:43

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BOLOGNA – Da un lato domande di iscrizione in aumento e oltre 1.300 persone in lista d’attesa, dall’altro uno ‘spezzatino’ logistico al posto di una vera e propria sede ma anche pochi insegnanti: la metà di quelli che servirebbero. E’ la fotografia del Centro provinciale per l’istruzione degli adulti (Cpia) Lindeman di Bologna scattata dal preside, Emilio Porcaro, intervenuto oggi in una commissione del Consiglio comunale. Lo stesso Consiglio che proprio pochi giorni fa ha conferito al dirigente scolastico l’onorificenza “Il Portico”, istituita per premiare chi promuove il senso civico e i valori di inclusione, solidarietà e partecipazione.

LINDEMAN NON HA UN SUO PLESSO, 134 CORSI ORGANIZZATI OSPITATI IN 7 SCUOLE

Al Cpia accedono studenti di solito tra i 16 e i 65 anni. Il Lindeman non ha un suo plesso e i 134 corsi organizzati sono ospitati in sette scuole tra città e provincia, a cui si aggiungono il carcere e l’Istituto penale minorile. Da febbraio tra le sedi c’è anche temporaneamente l’ex Besta, dove “abbiamo attivato tre corsi e altri due sono in fase di avvio. Ci è molto utile- sottolinea Porcaro- perché è l’unica in cui possiamo fare corsi in orario mattutino, una fascia molto richiesta”. Venendo alle iscrizioni, fino a metà novembre il Cpia ha ricevuto 4.120 domande: “Un numero impressionante”, dice Porcaro, che sarebbe anche più alto se la scuola avesse continuato a registrare le decine di richieste che arrivano ogni giorno, a mo’ di “catena di montaggio“. Ma si è deciso per uno stop visto che la lista d’attesa conta già 1.340 richieste, a fronte di 2.870 persone accolte: anche questo “un numero enorme”, rimarca il preside. “Di queste però, anche per fortuna, 841 si sono iscritte ma per le abbiamo depennate, è stata fatta un’interruzione di frequenza- spiega il dirigente- tra chi non segue più, chi si è iscritto e non è mai venuto, chi si è trasferito…”.

IMPOSSIBILITATI A FREQUENTARE PER GLI ORARI CHE NON SI CONCILIANO

Su questo dato incidono gli iscritti che si sono trovati “impossibilitati a frequentare per gli orari che non si conciliano con le attività personali e professionali. Poi c’è tutta l’utenza carceraria che non è mai fissa durante l’anno scolastico”, segnala Porcaro. Per quanto riguarda la composizione degli iscritti, si parla di 2.735 stranieri (primeggia il Bangladesh con una quota pari al 17,39%) e 135 italiani; 1.911 gli uomini e 959 le donne. Ci sono anche 330 minori: “Un dato significativo perché hanno necessità diverse dagli adulti, innanzitutto di una sorveglianza più vigile e anche di un approccio didattico diverso”, sottolinea Porcaro. Un altro elemento delicato è dato dai 164 minori stranieri non accompagnati iscritti oggi al Cpia: “Un’ulteriore attenzione che dobbiamo prestare a questi ragazzi, che spesso non hanno una grande motivazione a frequentare percorsi scolastici per quanto brevi, semplificati e facilitati”. Una sfida di fronte alla quale “siamo soli”, sottolinea il preside. E lo stesso vale “per gli adulti disabili che si iscrivono da noi- riferisce Porcaro- e per i quali non c’è un sistema di supporto, come avviene per i ragazzi della scuola ordinaria che hanno l’insegnante di sostegno”.

PORCARO: “NON ABBIAMO UN CORSO PER ITALIANI ANALFABETI”

Un’altra complessità è data dall’analfabetismo: al Cpia ci sono oggi “13 persone italiane che non sanno leggere e scrivere. Non abbiamo un corso per italiani analfabeti e quindi vengono inseriti nei percorsi dedicati ai cittadini stranieri“, spiega Porcaro. In aggiunta a tutto ciò, “dal 2010 facciamo con la Prefettura tutti i test di conoscenza della lingua italiana e le sessioni di formazione civica per i cittadini stranieri neo arrivati- riferisce Porcaro- che devono sottoscrivere quello che viene chiamato accordo di integrazione, il primo passo per ottenere il permesso di soggiorno”. Ogni settimana, in particolare, “facciamo dalle due alle tre sessioni di formazione- spiega il preside- alle quali partecipano dalle 18 alle 25 persone appena arrivate in Italia, per cui facciamo queste sessioni addirittura in 19 lingue madri”.
In tutto ciò, quello su cui può contare il Cpia è “un organico molto scarno”, segnala Porcaro: intanto ci sono 54 docenti statali “e ne servirebbero almeno il doppio per riuscire a soddisfare le richieste” di iscrizione; poi ci sono 21 figure tra collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e Dsga. Si aggiungono poi delle altre risorse “che ci consentono di organizzare ulteriori corsi e arricchire l’offerta formativa”, spiega Porcaro: cioè fondi Pnrr (“Che però tra un po’ finiranno”) e Fami. Una situazione di “sotto organico” che riguarda anche carcere e Ipm, aggiunge il preside, sottolineando che la mobilità dei detenuti obbliga i docenti a “inventarsi una didattica che condensi in tempi brevi un apprendimento significativo”.

“NON VOGLIO DIRE CHE SIAMO SCONFORTATI”, SERVIREBBE “MAGGIORE ATTENZIONE”

In generale, si parla di un’attività importante soprattutto rispetto alle fragilità sociali “ma non sempre c’è consapevolezza di questa complessità. Spesso il Cpia non appare nelle discussioni e nei tavoli”, lamenta Porcaro: “Non voglio dire che siamo sconfortati”, però sicuramente sarebbe apprezzata “un’attenzione maggiore“. Vale in particolare per il tema sedi. Su questo, il preside segnala che la sede dell’Aldrovandi in viale Vicini, oggi usata solo di sera, “dovrebbe diventare ‘nostra’ a marzo 2026 e me lo auguro“. Ma in realtà “sarebbe importante avere una scuola nuova e progettata anche dal punto di vista architettonico- afferma Porcaro- per essere adeguata a un’utenza adulta“, comprendendo spazi “dove le mamme possano portare i loro bimbi”. Per ora “un sogno”, chiosa il preside.

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