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Ucraina, Cabras (Alternativa): “Sì ai negoziati, no allo show di Zelensky”

Il deputato di Alternativa spiega perché la sua componente ha scelto di non presenziare all'intervento di Zelensky a Montecitorio, previsto per domani

Pubblicato:21-03-2022 18:58
Ultimo aggiornamento:21-03-2022 18:58
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VOLODYMYR_ZELENSKY
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ROMA – “Ci sono risorse diplomatiche e negoziali ancora utilizzabili” per evitare che lo scenario della guerra in Ucraina “finisca nella fornace delle catastrofi”. La prospettiva, guardando al quadro più ampio, dovrebbe essere quella di “immaginare i rapporti con la Russia anche nell’ottica dell’interdipendenza, un concetto caro all’ex presidente Mikhail Gorbaciov caduto nel dimenticatoio”. Così Pino Cabras, deputato di Alternativa e vicepresidente della Commissione affari esteri della Camera, all’agenzia Dire alla vigilia del videocollegamento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a una seduta comune delle Camere del Parlamento italiano, prevista per domani e occasione di un confronto con il primo ministro Mario Draghi. La formazione del deputato ha deciso di non presenziare all’appuntamento, ultimo di una serie di interventi del capo dello Stato ai parlamenti di diversi Paesi del mondo, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna fino a Israele.

Secondo il deputato, il collegamento di Zelensky presenta una serie di aspetti critici. “Non risponde a una convocazione formale del Parlamento e si svolgerà in una modalità che non permette ai deputati di intervenire”, afferma Cabras. “L’ottica sembra quella di un evento di pubbliche relazioni del governo di Kiev”, prosegue il deputato, che sottolinea: “Non possiamo pensare ai parlamentari come a una quinta teatrale, come ai pezzi di arredamento di uno show”.

Al centro della riflessione di Cabras, classe 1968, originario del comune sardo di Lanusei e in parlamento dal 2018, c’è tutta la gestione del potere da parte del presidente ucraino in questa fase di guerra, con una premessa che torna fino al conflitto fra Mosca e Kiev del 2014, responsabile dell’instabilità politica nell’est del Paese che ha contribuito a far deflagrare il conflitto di questi giorni. “La società ucraina – argomenta il deputato – è una delle più composite del panorama europeo e negli ultimi otto anni di guerra latente si è assistito a uno schiacciamento della dialettica nazionale in una sola direzione, anche con decisioni che hanno escluso partiti politici che arrivavano al 13 per cento dei consensi, come il Partito comunista”, bandito nel 2015 nell’ambito di una legge sulla “decomunistizzazione del Paese” e con l’accusa di aver sostenuto le entità filo-russe della regione orientale del Donbass. A oggi il provvedimento non è ufficialmente in vigore, in quanto un procedimento sulla costituzionalità della misura che lo prevede cominciato nel 2017 non è ancora arrivato a sentenza. Allo storico leader del partito, Petro Symonenko, non è stato comunque permesso di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2019.


Secondo Cabras, comunque, la guerra ha accelerato questa dinamica. “Lo dimostra la recente decisione del governo di bandire 11 partiti perché ritenuti filo-russi”, aggiunge il deputato in relazione alla misura approvata nel fine settimana dal Consiglio nazionale per la Sicurezza e la difesa. “A tutto questo si aggiunge la sostanziale abolizione del pluralismo televisivo, per altro in corso da anni nel Paese, sancita dal decreto che stabilisce la nascita di una unica piattaforma approvata dal governo”, prosegue Cabras parlando di un altro provvedimento passato negli ultimi giorni.

Dinamiche simili si stanno verificando in questi giorni anche in Russia, con l’imposizione di leggi che sono accusate di restringere in modo significativo la libertà di stampa. Secondo Cabras, “Kiev soffre degli stessi difetti che accomunano i Paesi dell’area ex sovietica, in modo particolare la tendenza a chiudere i media scomodi”.

Sollecitato sulla possibilità che le leggi ucraine possano essere giustificate da uno scenario di conflitto che in tre settimane, stando ai dati dell’Onu, ha provocato l’uccisione di oltre 900 civili e 3,5 milioni di rifugiati, Cabras, il cui partito ha ribadito la condanna all’operazione militare russa e la solidarietà al popolo ucraino, afferma: “Se si assume un’ottica in cui la guerra può motivare misure simili si arriva a giustificare degli arbitri dell’esecutivo, in una logica che somiglia a una dittatura di fatto”.

La prospettiva, rispetto al conflitto in corso, sarebbe allora quella del dialogo. “Ci sono strumenti che l’Europa può ancora usare per non finire nella fornace della castastrofe – la tesi del deputato – a partire dalla consapevolezza che non può esistere una sicurezza russa a discapito di una europea e viceversa”.

Secondo Cabras, le parole chiave per farsi avanti nella complessità della situazione devono essere “sicurezza reciproca” e anche “disarmo”, magari all’insegna della “interdipendenza fra Russia ed Europa di cui parlava Gorbaciov”, che nell’Ucraina vedono uno scenario “delicato ma dove ci sono i margini per negoziare”.

Una strada da non prendere invece, è quella del riarmo, a cui pensano diversi Paesi europei. La settimana scorsa il parlamento italiano ha vincolato il governo ad avviare aumento del due per cento del Pil per le spese militari. “Stiamo parlando di 12 miliardi di euro” denuncia Cabras: “Se pensiamo che l’intero settore dell’università ne vale sette, capiamo di essere di fronte a un riordinamento totale delle priorità”.

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