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Gianni Mura, la Rai omaggia il giornalista con una programmazione speciale

"Bottecchia. L'ultima pedalata" e "Gianni Brera. Il libero della bassa"

Pubblicato:21-03-2020 15:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:11

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ROMA – Il ciclismo “eroico” e quello del Tour de France, ma anche il calcio e lo sport raccontati in modo impareggiabile, prendendo il testimone di Gianni Brera. E’ attraverso queste passioni che Rai Cultura rende omaggio a Gianni Mura, scomparso oggi, con una programmazione dedicata su Rai Storia.

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Domenica 22 marzo alle 10.45 e alle 19.00 (dopo una prima programmazione già questa sera alle 22.45), in particolare, va in onda il documentario di Gloria De Antoni “Bottecchia. L’ultima pedalata”, in cui Mura mette a disposizione tutta la propria conoscenza del ciclismo e del Tour per ricostruire il mistero legato alla morte di Ottavio Bottecchia – il primo ciclista italiano a vincere la Grande Boucle nel 1924 – avvenuta il 15 giugno 1927 nel suo Friuli, dopo dodici giorni di agonia e per motivi mai completamente chiariti. 
“Nessun corridore italiano – ricordava Mura – aveva mai indossato la maglia gialla al Tour e poi vinto come lo vinse Bottecchia, tenendo la maglia gialla dal primo giorno all’ultimo che è un’impresa nell’impresa”.
Il documentario – al quale danno il proprio contributo anche Sergio Zavoli, l’ex direttore sportivo della nazionale di ciclismo Alfredo Martini, e i discendenti Franco Bottecchia e Renato Zarpellon – ricostruisce le tante versioni di quella misteriosa morte e la figura di uno sportivo, diventato campione dopo aver provato la povertà sulla propria pelle.
Lunedì 23 marzo alle 21.10, sempre su Rai Storia, Mura è tra i protagonisti del documentario firmato da Daniele Ongaro con la regia di Graziano Conversano “Gianni Brera. Il libero della Bassa”, dedicato al suo maestro e all’uomo di cui aveva raccolto l’eredità, la passione, la penna. Un personaggio che Mura – nel documentario – fa rivivere con il suo racconto di quando Brera entrava nello stadio milanese di San Siro: “Era un po’ una passerella. C’era chi lo riveriva da sotto e lui salutava. Ma c’era anche chi lo insultava. I rituali erano spolverare il sedile, aprire il suo leggendario borsello in pelle di ippopotamo che era un piccolo mondo dove teneva le pipe, il tabacco da pipa, le sigarette con filtro, le sigarette senza filtro. E davanti si metteva un taccuino su cui prendeva tantissimi appunti, e scriveva molto in grosso questi appunti. In pratica, un taccuino durava una partita”.


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