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Autismo, Girelli (Unicusano): “Scuola sia aperta a tutti per legge”

ROMA - "Qui non si tratta di essere

Pubblicato:21-03-2017 17:13
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:02

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ROMA – “Qui non si tratta di essere buoni, ma di essere bravi e soprattutto di applicare le norme che hanno una loro precisa forza prescrittiva”. Parte da qui Federico Girelli, docente di Diritto Costituzionale dell’Università Niccolò Cusano, commentando il caso del bambino autistico di 10 anni rifiutato da tre scuole Medie di Lanciano.

Il professore fa parlare la legge: “Il primo comma dell’articolo 34 della Costituzione afferma che ‘La scuola è aperta a tutti’, mentre l’articolo 12 della legge 104 del 1992 precisa che ‘Al bambino handicappato da 0 a 3 anni è garantito l’inserimento negli asili nido’. Al secondo comma della stessa legge poi si legge anche che ‘È garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie'”.


Quello che è accaduto a Lanciano “fa molto pensare, ma tanto è stato fatto. I traguardi normativi li abbiamo indicati adesso- continua Girelli- l’ordinamento scolastico italiano ripudia le classi differenziate e afferma la presenza di tutti gli alunni insieme nelle classi comuni. Oggi è la giornata mondiale della sindrome di Down, mentre il prossimo 2 aprile sarà la giornata mondiale dedicata all’autismo il cui colore è il blu. Serve molto blu per cancellare il grigio di questi fatti di cui abbiamo letto”.

Sempre in tema di diritto all’istruzione delle persone con disabilità, “la Corte Costituzionale alla fine del 2016 ha chiarito in modo preciso il problema legato alla limitatezza delle risorse finanziare, quale ostacolo alla piena realizzazione di questo diritto. La Corte ha ribadito- prosegue il professore dell’Unicusano- che è la garanzia di questi diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non certo l’equilibrio del bilancio a dover limitare la doverosa erogazione del servizio. In questi casi la posizione giuridica soggettiva da salvaguardare è il diritto fondamentale all’istruzione delle persone con disabilità, un diritto dichiarato tale dalla Corte Costituzionale, dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Cassazione a sezioni unite”.

“Inoltre- precisa Girelli- lo dice anche il Miur, al cui plesso amministrativo appartengono le singole scuole pubbliche. Quando nel 2012 è stato realizzato il Protocollo d’intesa con il ministero della Sanità si è affermato che i diritti all’istruzione e allo studio delle persone disabili sono fondamentali e costituzionalmente garantiti”.

Quanto accaduto a Lanciano “ci ricorda che i diritti vanno presidiati”, essendo il risultato di importanti conquiste: “L’inclusione scolastica non è piovuta dal cielo, ma è stata il frutto di un lungo cammino faticoso che muoveva dal modello delle classi differenziate in cui bambini/ragazzi con disabilità venivano relegati nelle scuole speciali. Familiari combattivi e persone con una grande visione sono poi riusciti ad attuare la Costituzione della Repubblica, dando all’Italia una normativa invidiata in tutto il mondo, dove il modello prevalente è quello delle classi differenziate”.

La presenza di bambini/ragazzi con disabilità nelle classi “non è solo utile a loro stessi- spiega il giurista- per favorire una specifica esigenza di socializzazione, così come si è espressa la Corte Costituzionale, ma è un vantaggio educativo anche per tutti gli altri bambini affinché capiscano com’è fatto il mondo. L’umanità non è divisa in due gruppi: da un lato i normali e dall’altro le persone con disabilità”.

Perchè tanta resistenza allora? “L’inclusione è doverosa ma non è facile”, spiega Girelli. “Ci sono problemi organizzativi e purtroppo anche finanziari, nonostante la giurisprudenza sia stata molto chiara. Questo tipo di limitazioni non giustificano la compressione di diritti fondamentali. Tra l’altro gli Studi più avanzati di pedagogia ora declinano l’inclusione in termini di appartenenza- chiosa il professore dell’Unicusano- un ‘Noi’ dove i singoli ‘Io’ non sono azzerati ma vengono accolti nella loro specificità”. Un noto pedagogista italiano, Andrea Canevaro, parlava di ‘patchwork’ e diceva: “Pensate a una cosa che sembra valere poco, ad esempio una pezza. Se noi ne mettiamo insieme tante, potremo creare addirittura un’opera d’arte. Il bello di questo insieme- ricorda Girelli- è il fatto che siano tutte cose diverse”.

A questo punto, il professore di diritto Costituzionale tiene a fare una precisazione: “L’allievo con disabilità ha come suoi maestri, o professori, tutti i docenti curricolari della classe, così come i suoi compagni. L’insegnante di sostegno non è il precettore privato di stampo ottocentesto di quell’alunno- precisa- ma colui che ha il delicatissimo compito di aiutare il soggetto con handicap a socializzare, e i compagni di classe e i professori a compiere una vera inclusione scolastica. Momenti individualizzati ci saranno, ma questo non vuol dire che il 90% del tempo si starà fuori dalla classe e solo il 10% all’interno, altrimenti si realizzerà l’eterogenesi dei fini. L’insegnante di sostegno deve realizzare l’inclusione scolastica aiutando i docenti a fare il loro mestiere anche con quegli studenti a cui obiettivamente è più complicato insegnare”.

I fatti di Lanciano dovranno quindi essere chiariti: “La lettera dell’articolo 12 della legge 104 è esplicita- chiosa Girelli- l’iscrizione a scuola non può essere rifiutata. Certamente bisognerà spiegare ciò che è accaduto negli incontri tra la mamma e i dirigenti scolastici, anche alla luce delle parole di una preside che ha riferito di non aver mai adottato nessun provvedimento di diniego”. Cosa possiamo dire sui tetti-limite? “E’ vero che ci sono dei dei limiti su come si deve comporre una classe quando è presente un alunno con disabilità, ma questo tetto serve per favorire l’inclusione e non per impedire che i bambini con disabilità possano andare a scuola”.

Girelli è convinto che bisogna ripartire dal dialogo: “La scuola va intesa come ‘scuola-comunità’, fatta dalle persone che ci lavorano, dagli studenti-alunni e dai genitori che accompagnano gli studenti-alunni a scuola. Va creato un dialogo tra queste realtà che appartengono tutte alla stessa comunità scolastica”. Un esempio per tutti riguarda “l’assegnazione delle ore di sostegno, sulle quali c’è un certo contenzioso poiché spesso non vengono assegnate per problemi finanziari nonostante siano state riconosciute nei Pei (il Piano educativo individualizzato che secondo la Corte di Cassazione a sezioni unite è un documento frutto della collaborazione tra scuola e famiglia per rispondere al meglio alle esigenze specifiche di quel dato alunno con disabilità).

La giurisprudenza è consolidata e difende i diritti di queste famiglie- ribadisce il professore- eppure mi chiedo come sia possibile ancora oggi che per andare a scuola bisogni andare dal giudice. Di fronte a un muro c’è la via giudiziaria- conferma- ma sarebbe meglio ripartire dal dialogo”. Il giurista non attacca i dirigenti scolastici, perché sa che “spesso ci mettono tutta la loro buona volontà ma si trovano a non avere fondi. Dobbiamo sempre valutare situazione per situazione. Spero che i fatti di Lanciano rappresentino un ‘caso limite’. In questo la giornata mondiale del 2 aprile ha la sua utilità- conclude- ci ricorda che esiste questa porzione di umanità che appartiene a pieno titolo all’umanità”.

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