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di Vincenzo Giardina e Mario Piccirillo
ROMA – Cinquecento miliardi di dollari per ottenere una “protezione” retroattiva e forse chissà, poi si vede. Altrove, ma non in politica estera, si chiamerebbe racket. Quella americana all’Ucraina è la classica “proposta che non si può rifiutare”, e l’ha ribadito a chiare lettere, ultimo d’una serie, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Mike Waltz, a Fox News: Volodymyr Zelensky dovrebbe “attenuare” le sue critiche a Trump e dare almeno un’occhiata “attenta” all’accordo che prevede di dare a Washington 500 miliardi di dollari in risorse naturali, tra cui petrolio e gas. Respingere quell’accordo, dice, “sarebbe inaccettabile”.
L’accordo prevede riparazioni e oneri peggiori di quelli imposti alla Germania dal Trattato di Versailles, che avrebbe favorito l’ascesa al potere dei nazisti di Adolf Hitler. Lo scenario è stato anticipato dal quotidiano britannico Telegraph. Che per primo ha avuto in mano “la bozza di contratto” sottoposta da Donald Trump a Volodymyr Zelensky: il futuro dell’Ucraina secondo Washington.
La bozza, marcata come “preferenziale e confidenziale”, recherebbe la data del 7 febbraio. Secondo il Telegraph, è il seguito a una proposta formulata in origine dal presidente ucraino: la sua idea sarebbe stata invitare gli Stati Uniti a una partecipazione diretta nello sfruttamento delle terre rare dell’Ucraina per ancorare Washington alla difesa del Paese, con nuove forniture di armi e attività estrattive proprio nelle regioni minerarie dell’est, più vicine al fronte russo. Il piano, stando al Telegraph, si fonderebbe su una premessa: dall’offensiva militare di Mosca del 2022, Washington ha supportato Kiev con armi, stanziamenti e aiuti per 500 miliardi di dollari. Ora gli americani dovrebbero passare all’incasso.
Prendendosi, azzarda il quotidiano, la metà delle entrate derivanti dall’estrazione dei minerali, porti e infrastrutture, oltre alla metà del valore di “tutte le concessioni accordate a terze parti”. Il meccanismo sarebbe stato sintetizzato così da una fonte informata: “Prima ci paghi, poi dai da mangiare ai tuoi bambini”.
Agli americani andrebbero titanio, tungsteno, uranio, grafite e altre terre rare a ridosso del Donbass. Risorse alle quali aggiungere il litio, del quale l’Ucraina è il primo custode in Europa: un minerale strategico per realizzare batterie elettriche anche se meno quotato che in passato, visto il calo dei prezzi di oltre l’80 per cento in due anni dovuto all’abbondanza dell’offerta globale.
Stando al “contratto”, Washington avrebbe diritto di veto. A garantirlo un nuovo fondo di investimento congiunto con Kiev: il suo obiettivo sarebbe impedire che “parti ostili” possano “beneficiare della ricostruzione dell’Ucraina”.
Ma torniamo ai 500 miliardi. La cifra è stata citata da Trump in settimana in un’intervista con Fox News, anche se mettendo insieme i cinque pacchetti di aiuti approvati dal Congresso americano non si arriva a 200. “Non posso svendere l’Ucraina” ha sostenuto Zelensky. Che ha contestato il calcolo dei 500 miliardi e criticato l’idea di un risarcimento attraverso concessioni minerarie. “Non è un discorso serio” ha detto ancora. Convinto, almeno a parole, che a “un documento serio” con “garanzie in fatto di sicurezza”, sia ancora possibile lavorare. “Let’s do a deal”, facciamo un accordo, ha ripetuto il presidente.
Quel che appare è che una proposta americana in effetti ci sia. E che, è ancora Zelensky a parlare, la si potrebbe rendere pubblica anche se “ciò non aiuterebbe i rapporti” tra Kiev e Washington. “Il documento non è pronto” ha insistito il presidente. “È al di fuori delle mie competenze, al di fuori della Costituzione e delle leggi dell’Ucraina”. E’ anche per questo che Trump ha pubblicamente sminuito l’autorità di Zelensky, dichiarandolo “dittatore senza elezioni, un comico mediocre”. Sul tavolo c’è solo un’offerta: prendere o lasciare che gli Usa ne discutano direttamente con la Russia.
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