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A Bologna occupato anche il liceo Minghetti: “Stop ad alternanza scuola-lavoro”

È il quarto istituto in due mesi. "Scuola ha bisogno di rivoluzione"

Pubblicato:21-02-2022 12:15
Ultimo aggiornamento:21-02-2022 19:37
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Di Davide Landi e Mattia Cecchini

BOLOGNA –  “Noi studenti siamo esausti di questo modello di formazione, per questo pensiamo che la scuola ha bisogno di una rivoluzione, e oggi a ribadirlo sono proprio gli studenti dello storico liceo del centro di Bologna”. A parlare sono gli studenti del liceo Minghetti di Bologna che questa mattina hanno occupato l’istituto. Un’azione rivendicata dai colllettivi Minghetti e Osa, che hanno riunito un’assemblea plenaria in cortile per poi dare il via all’occupazione.

Il liceo Minghetti di Bologna resterà occupato fino a sabato, dunque con lezioni sospese. E domani pomeriggio il dirigente scolastico, Vincenzo Manganaro, incontrerà online le famiglie degli studenti, come si annuncia sul sito dell’istituto, per fornire eventuali delucidazioni. “Si confida nella più ampia partecipazione possibile”, specifica l’avviso.


“Dopo quasi dieci anni in cui a Bologna non si vedeva un’occupazione- scrive Osa in un post su Instagram- ora siamo alla quarta nel giro di due mesi”, per chiedere “l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro e le dimissioni di Bianchi, a seguito della morte di Giuseppe, ennesimo crimine di stato per mano di un governo che porta avanti a spada tratta un modello di scuola improntato sul lavoro e sullo sfruttamento”.

STUDENTI MINGHETTI: “SCELTO ATTO DI PROTESTA DECISO”

La volontà di occupare il Minghetti di Bologna è emersa circa un mese fa in un collettivo nel cortile della scuola. E oggi si è concretizzata con un voto sempre nel cortile: “Questa mattina noi studenti, consci delle nostre responsabilità, ci siamo riuniti nel cortile della sede centrale per confrontarci insieme”.

Sul piatto anche la controproposta del preside di un’autogestione. Ma dopo il dibattito “una maggioranza schiacciante” ha deciso di occupare “visto l’impegno dimostrato nell’organizzazione e il desiderio di compiere un atto di protesta deciso”. Dicono però gli studenti del liceo classico nel primo dei loro comunicati con cui promettono di aggiornare quotidianamente sull’occupazione (“Competamente autorganizzata, senza l’intervento di associazioni o collettivi esterni come Osa e Uds”): nonostante il ‘no’ alla autogestione, “teniamo a specificare che la nostra iniziativa non è mirata a una critica verso mancanze del nostro istituto, bensì a manifestare disagio rispetto al sistema scolastico italiano“.

Non c’è tra le ragioni del malcontento la seconda prova di maturità. Ma c’è un documento di sei pagine che elenca i motivi di scontento: le conseguenze della pandemia, ambiente scolastico e didattica, spazi… Si parla del ruolo dell’insegnante, di educazione sessuale, educazione civica, Pnrr.

L’incipit recita: “Noi, studentesse e studenti del liceo Minghetti e d’Italia, trascurati dalle Istituzioni e privi di una rappresentanza politica sensibile alle nostre esigenze, ossia che consideri prioritaria la nostra formazione personale e scolastica, abbiamo deciso non solo di reagire in nome della nostra scuola, ben considerata a livello locale, ma anche di unirci all’urlo di disagio proveniente dalle altre scuole italiane fra le quali risultiamo immeritevoli privilegiati attraverso la nostra occupazione”.

Scrivono gli studenti del Minghetti: “Le conseguenze dell’emergenza sanitaria ci hanno resi coscienti dell‘incapacità delle istituzioni scolastiche di mettere al primo posto il nostro benessere psico-fisico. La gestione della pandemia ha fatto emergere le debolezze di questo sistema, che già risultava arretrato e distante da chi avrebbe dovuto tutelare, ovvero noi. La gestione della scuola durante l’emergenza, con il continuo ed eccessivo ricorso alla didattica a distanza, ci ha abbandonato quando avevamo più bisogno di supporto, facendoci sentire alienati dal nostro stesso mondo”. La dad “ha acuito le disuguaglianze” e sul piano della didattica “la scuola ha mostrato staticità, proponendo la solita lezione frontale, questa volta online”, mentre “le nostre vite” erano “completamente sconvolte dalla nuova realtà”.

E il secondo anno di dad non avrebbe fatto tesoro dei limiti del primo. “Al nostro rientro in classe ci siamo trovati testimoni di una situazione alienata ed alienante, in cui la componente sociale è completamente annullata e la ‘scuola’ che stiamo frequentando si è ridotta a mero insegnamento e valutazione” in cui l’apprendimento viene dopo l’ansia da voto “creando un forte disallineamento tra le competenze e conoscenze effettive e quelle richieste. E andare a scuola senza la pretesa di imparare è la cosa più triste che potesse succedere”.

In più l’ambiente scolastico “spesso non è sano” non è “uno spazio di crescita personale” ma brilla come “sistema punitivo e poco stimolante. Tutto ciò che apprendiamo tramite attività extra-scolastiche non viene riconosciuto in alcun modo”. Ci sono invece “ansia e stress” per il peso “della valutazione e della competitività che ne deriva. Attacchi di panico e malcontento sono purtroppo all’ordine del giorno a scuola dove invece dovrebbe esserci voglia di imparare in serenità”.

La scuola dovrebbe essere “meno selettiva e più inclusiva”, dicono gli studenti del Minghetti, mentre la didattica “resta ancorata ad un modello tradizionale di trasmissione di contenuti. In questo modo viene meno” al “suo scopo principale: formare le coscienze e la personalità degli adulti di domani”.

La figura dell’insegnante poi “è spesso svalutata e appiattita da un sistema scolastico stagnante; questo si riflette sulla libertà di insegnamento, spesso condizionata dalla necessità di rispettare programmi ministeriali inadeguati. Tutto ciò contribuisce a rendere l’ambiente scolastico, e di conseguenza la nostra quotidianità, stressante e ansiogeno”. Il documento cita anche aule sovraffollate, “spazi non a norma, datati e talvolta non sfruttati appieno”.

In tema di educazione sessuale si legge: “La scuola deve rappresentare un modello educativo alternativo ed emancipante rispetto al retaggio culturale patriarcale in cui tutti siamo immersi” me si limita a fare “prevenzione” e a “una visione rigorosamente eteronormativa”. L’educazione civica invece sarebbe rimasta sulla carta. Infine l’alternanza scuola-lavoro ridottasi, per i licei, a “progetti didattici fini a sé stessi e non inerenti al percorso scolastico” con però la “valutazione, dunque uno stress, in più.
Spesso risulta un’esperienza deludente rispetto alle sue prerogative”.

Per gli studenti del Minghetti l’istituzione scolastica dovrebbe “istruire e formare studenti consapevoli e con capacità di pensiero critico, e non indirizzarli, o addirittura abbandonarli, ad un futuro con ruolo prestabilito”. E l’alternanza per com’è ora “pecca di incongruenza ed inadeguatezza” ed è “inaccettabile che un ragazzo possa morire in un’esperienza professionalizzante a carico della scuola”: non è didattica “ciò che sfrutta, ferisce e uccide”.

 Il liceo Minghetti di Bologna resterà occupato fino a sabato, dunque con lezioni sospese. E domani pomeriggio il dirigente scolastico, Vincenzo Manganaro, incontrerà online le famiglie degli studenti del Liceo Minghetti, come si annuncia sul sito dell’istituto, per fornire eventuali delucidazioni. “Si confida nella più ampia partecipazione possibile”, specifica l’avviso

STOP ALTERNANZA? IL DEPUTATO SOVERINI CHIEDE UDIENZA AL MINGHETTI 

Non tutta l’alternanza scuola-lavoro è ‘da buttare’: ne è convinto il parlamentare bolognese del Pd Serse Soverini che, di fronte all’occupazione del liceo Minghetti di Bologna, propone agli studenti un incontro per parlarne. E ‘salvare il salvabile’. L’alternanza scuola-lavoro, messa nel mirino dall’iniziativa al Minghetti, è “decisiva e importantissima”, ribatte il deputato, “il rapporto tra scuola e impresa ci deve essere e l’alternanza va fatta bene. Quindi, prima di tutto eliminando esperienze umilianti, con studenti lasciati a fare i guardisala nei musei o impegnati coi fax, che scoraggiano a vivere esperienze concrete” fuori dalle aule. E dunque, “va garantito che questi percorsi rispettino il diritto alla sicurezza e alla dignità”, prosegue Soverini riconoscendo che gli studenti fanno benissimo ad alzare la voce dopo aver visto i loro coetanei perdere la vita nell’ambito di stage (“È giusto dare evidenza a questa tragedia”), ma “va garantito anche il diritto alla competenza”, aggiunge.

Ed ecco quindi la sua proposta: un incontro a tre con lo stesso Soverini, gli studenti del Minghetti e quelli degli istituti tecnici. L’alternanza scuola-lavoro “va ridisegnata perché è importantissima”, in particolare per le scuole tecniche, e Soverini vorrebbe che dal faccia a faccia uscisse una sorta di ‘patto’ studenti-politica per, appunto, ‘salvare il salvabile’ di questo strumento e rilanciarlo, specie nell’ambito della cultura tecnica. “Non tutti possono iscriversi ad un liceo classico, ci sono famiglie che mandano i figli agli istituti tecnici e hanno diritto a sperare di vederli competenti con prospettive di lavoro raccogliendo così il frutto degli sforzi fatti. Hanno diritto ad avere figli competenti” e l’alternanza scuola-lavoro serve a questo, insiste Soverini. Dunque l’incontro con gli studenti a Bologna, propone Soverini parlando alla ‘Dire’, può servire a mettere a fuoco “i punti di valore dell’alternanza scuola-lavoro” superando la logica del “solo antagonismo studentesco” che ne chiede lo stop e la cancellazione tout court, e creando “un patto positivo per il paese anche in memoria degli studenti che hanno perso la vita” negli stage. “Incontriamoci e facciamo valere il diritto alla sicurezza, alla dignità ma anche alla competenza. Lancio questo appello, una umilissima proposta, precisando quindi che non voglio fare alcuna speculazione politica” sull’iniziativa partita al Minghetti, “ma per allargare e ‘dare senso’ a questa occupazione. Incontriamoci e discutiamone”.

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