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Caso Unar blocca il rifugio profughi Lgbti di Bologna, Mit: “Due trans rischiano la vita”

Il Mit (Movimento identità transessuale) contava su un finanziamento dell'Unar per far partire a Bologna la prima casa rifugio per profughi trans

Pubblicato:21-02-2017 16:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

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BOLOGNA – Il polverone che ha travolto l’Unar per i fondi erogati all’Anddos, con conseguenti dimissioni del direttore Francesco Spano, rischia di bloccare l’arrivo in Italia di due persone trans attualmente detenute in Giordania e Libia mettendo così a repentaglio la loro vita. E’ l’allarme lanciato dal Movimento identità transessuale (Mit) che a Bologna, grazie ad un finanziamento proprio dell’Unar, si prepara ad aprire la prima casa d’accoglienza in Italia per rifugiati e rifugiate lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersex (Lgbti) in fuga dai loro Paesi a causa di persecuzioni legate al loro orientamento sessuale o alla loro identità di genere. Per realizzare questo progetto, denominato “Rise the difference”, il Mit (insieme ad altre realtà partner) aveva ottenuto un finanziamento da 75.000 euro dall’Unar, nell’ambito del bando complessivo da un milione a cui ha partecipato anche l’Anddos (Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale).

Cathy La Torre

Ora, dopo il servizio delle Iene sulle attività di prostituzione gay che vedrebbe coinvolta questa associazione, “per fare una verifica sull’Anddos hanno sospeso tutti i progetti fino ad un massimo di 18 mesi”, riferisce la vicepresidente del Mit, Cathy La Torre. “Se i fondi non vengono spesi entro il 31 dicembre decadono”, continua La Torre, sottolineando che “come Mit abbiamo in ballo un progetto non di sensibilizzazione ma che ha a che fare con le vite vere delle persone”. Per l’appunto, la casa-rifugio per profughi Lgbti. In virtù di questo progetto “stiamo aprendo, grazie alla collaborazione con Mediterranean Hope- spiega La Torre- due canali umanitari attraverso il Libano per far arrivare in Italia due persone, agli arresti in quanto trans, una dalla Giordania e l’altra dalla Libia”.

Inoltre, il Mit ha già “una lista di attesa di profughi trans– segnala la vicepresidente- che sono già negli hub italiani”, che potrebbero essere accolti nel progetto bolognese”. Il tutto “doveva prendere il via l’1 aprile ma ora non potrà partire e noi siamo terrorizzate perchè non sappiamo dove mettere queste persone“, dichiara La Torre. Di conseguenza, “siamo incazzate come iene con le Iene- attacca la vicepresidente del Mit- perchè hanno dato una versione parziale della verità“. Innanzitutto, con i 55.000 euro dell’Unar “l’Anddos non finanziava le saune ma un progetto sui centri antiviolenza insieme alla Sapienza”, sottolinea La Torre. E inoltre, nel complesso hanno beneficiato del bando “realtà di altissimo ritorno sociale come noi del Mit- aggiunge La Torre- ma anche la Comunità di Sant’Egidio, la Croce rossa o il Cospe”.


Le Iene “hanno fatto un’equazione sbagliata” secondo cui “Unar uguale soldi sprecati e dati alla prostituzione”, sintetizza La Torre, ma non è così. L’esempio delle due persone trans in attesa di arrivare in Italia lo dimostra, dichiara La Torre: “Se queste persone moriranno, le Iene le avranno sulla coscienza e quindi chiediamo loro di venire qui a Bologna a fotografare anche l’altra faccia della medaglia e cioè l’uso virtuoso dei fondi Unar”. Se non succederà, “siamo disposte ad andare noi ad incatenarci sotto la redazione delle Iene. Devono darci ascolto”, manda a dire la vicepresidente del Mit. In ballo c’è il progetto della casa d’accoglienza, ma anche tanto altro: “Se il Governo per questo microscandalo non dovesse nominare un altro direttore, l’Unar non potrebbe firmare progetti, bandi e contratti- avverte La Torre- e quindi c’è il rischio di buttare 23 milioni di fondi Pon dell’Ue destinati a soggetti svantaggiati, che vanno impegnati entro fine anno”.

di Maurizio Papa, giornalista professionsita

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