NAPOLI – “Cosa penso dei politici? Salvini lo odio”. E’ il messaggio che Kassoum Compaore, migrante del Burkina Faso che vive in provincia di Napoli da 9 anni, lancia al leader della Lega Nord. Kassoum ha 22 anni e frequenta un istituto alberghiero. La sua famiglia, a seguito di una causa del Patronato Inca e della Cgil, è la prima a cui lo Stato dovrà rimborsare la tassa per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno introdotto con un decreto nel 2011.
“Sogno di fare il cuoco“, spiega il giovane burkinabè, e a Salvini, che oggi ha twittato “tutti a casa col primo barcone”, Kassoum chiede di “girare il mondo prima di parlare. Così potrà capire il rapporto che si genera tra esseri umani, il concetto di solidarietà. A scuola non ci è mai andato, torni a studiare così capirà che non emigriamo dai nostri Paesi per scelta”.
Alla famiglia di Kassoum lo Stato dovrà restituire 500 euro. L’imposta per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno fu introdotta con un decreto del 2011 per volontà dell’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e dell’Economia, Giulio Tremonti. Il versamento della quota, introdotto nel 2012, era obbligatorio fino al 2015, anno in cui la Corte di Giustizia europea stabilì l’illegittimità del decreto “perché sproporzionato e in aperta contraddizione con le finalità di integrazione e accesso ai diritti”. Una parte della quota richiesta ai migranti per il permesso di soggiorno finiva poi nel fondo per il rimpatrio. “Questa sentenza è un primo passo- ha spiegato Walter Schiavella, commissario della Cgil Napoli-, andremo avanti perché altre famiglie ci hanno chiesto un rimborso”.
di Nadia Cozzolino, giornalista
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