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Paolo dopo un anno dal padre vuole mamma. Per Pillon è alienato

SPECIALE MAMME CORAGGIO | Il padre ha cambiato la difesa e ha scelto come avvocato Simone Pillon, il senatore che ha legato il proprio nome a un contestato disegno di legge

Pubblicato:21-01-2021 15:47
Ultimo aggiornamento:22-01-2021 10:56
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ROMA – Paolo è un ragazzino di 13 anni. La Dire si era occupata del suo caso nell’inchiesta ‘Mamme Coraggio’ quando era stato trasferito da Torino, dove viveva da 5 anni con sua madre Cinzia (nome di fantasia) – che dopo la separazione si era spostata lì per ragioni di lavoro – a Catania, città dove vive invece il padre. “Paolo si e’ arrabbiato– aveva raccontato alla Dire sua madre- E’ finito in ospedale per una crisi di nervi, resisteva ai servizi sociali perché non voleva trasferirsi in Sicilia”.

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Il procedimento di separazione tra Cinzia, che insegna lettere alle superiori, e il suo ex, è iniziato nel 2015 e nel 2018 il Giudice aveva fissato le ‘precisazioni per le conclusioni’, quando il padre aveva prodotto richiesta di richiamo di CTU. “Il bambino viene descritto sofferente di vivere a Torino e addirittura gli viene diagnosticato un ‘sospetto di spettro autistico’ che la scuola- aveva precisato sua madre nella prima intervista alla Dire- non ha invece mai riscontrato e nonostante fosse stato richiesto dalla consulente di parte, la CTU non ha mai pensato di venire a verificare la vita di mio figlio a Torino”. Paolo ha trascorso un anno a Catania, allontanato da sua madre, la scuola e gli amici. Poi ci si è messo di mezzo il Covid e questa mamma, che riusciva a vedere il figlio due volte al mese, è stata costretta a un rapporto fatto di videochiamate.


Il giudice ha disposto tre ascolti/audizioni del minore e Paolo, a giugno 2020, davanti al giudice ha espresso la volontà di tornare a vivere da sua madre. Così è avvenuto. Vengono fissate per la seconda volta le ‘precisazioni delle conclusioni’ a dicembre 2020. Il padre, in vista delle conclusioni definitive della vicenda giudiziaria che ci saranno ora a febbraio, ha cambiato la difesa e scelto come avvocato Simone Pillon, il senatore che ha legato il proprio nome a un contestato disegno di legge, e chiesto “il collocamento del figlio con sé a Catania”.
Nella relazione l’avvocato-senatore tira in ballo una “coazione psicologica da parte della madre sul minore”, il “conflitto di lealtà” e chiede “un monitoraggio del minore da parte dei Servizi sociali del territorio”, fino a “una richiesta di decadenza della responsabilità genitoriale” materna. Perifrasi, quelle della coazione o del conflitto di lealtà, con cui ritorna spesso a tenere banco l’alienazione parentale. Motivo per cui il caso è stato segnalato in Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio.

“Il bambino per cinque anni- racconta Cinzia alla Dire- andava dal papà regolarmente, è andato a vivere con lui per un anno intero e ha detto poi al giudice che preferiva tornare da me e ora il padre sceglie come difensore Pillon perché vogliono a tutti i costi, addirittura tardivamente, tirar fuori l’alienazione parentale, il condizionamento, la manipolazione che io eserciterei su mio figlio. Dopo un anno presso il padre? A 13 anni? Proprio non si vuole dare ascolto a quanto espresso da mio figlio, che non ce la fa più…”.

Una “famiglia disgregata”, questo il termine che appare nelle note dell’avvocato Pillon che riportano alcuni passaggi della relazione della psicologa di parte che parlano di Paolo come di un ragazzino in “conflitto di lealtà”. “Per il senatore Pillon– sottolinea Cinzia- il diritto alla richiesta di divorzio diventa una famiglia disgregata, lì dove il suo ddl prevede la mediazione obbligatoria anche nei casi di denunce e violenze?”. L’avvocato Girolamo Andrea Coffari, legale della mamma, nella sua replica al ricorso di Pillon riporta che “proprio in forza dei bisogni manifestati dal minore, il giudice ha finalmente disposto che il bambino potesse tornare da sua madre; pretendere che, dopo questo itinerario giuridico complesso, sofferto e faticoso, il bambino debba nuovamente, per la seconda volta e contro la sua volontà, tornare in Sicilia, è una richiesta insensata, che apertamente ferisce le aspettative di Paolo, vìola i suoi diritti e attenta al suo equilibrio”. Il legale nel suo intervento punta l’attenzione sull’accanimento verso un minore al quale si chiede di nuovo un trasferimento da una parte all’altra del Paese “dopo che è stato sentito tre volte, dopo che ha espresso con chiarezza e forza il suo desiderio di vivere con la madre, dopo un trasferimento di più di mille chilometri, dopo un procedimento che è durato anni”.
Si evince dalla relazione del legale che “un aspetto doloroso della vicenda è proprio quello relativo alla constatazione che la volontà e il soddisfacimento delle richiesta di un adulto (il padre), dopo anni e anni di iter giudiziario- ha aggiunto Cinzia- incombe sulla volontà di Paolo che ora peraltro è abbastanza grande per esprimersi adeguatamente rispetto ai propri bisogni”. Il legale nella sua memoria riporta agli atti anche delle numerose registrazioni del bambino prodotte dal padre, delle liti di cui Paolo ha riferito della mancanza sentita della figura materna, e sostiene che “l’unica ipotesi di manipolazione riscontrabile nel presente procedimento risulta essere tutta a carico del padre (il quale, come detto, si adopera in ossessive registrazioni dei dialoghi con il figlio, quando non mette in atto vere e proprie minacce nei confronti del minore stesso)”.

Cinzia per il suo diritto alla difesa ha speso ingenti somme, per fare fronte alle varie cause scaturite dal procedimento della separazione. Lei e suo figlio si sono ritrovati nella trama della Pas, l’alienazione parentale, costrutto ascientifico e sconfessato da tutti che continua nei tribunali, con perifrasi varie, a tenere banco. “Perchè la Pas funziona solo contro le madri?” si domanda Cinzia, che aggiunge: “In nome della bigenitorialità la vita di tante madri e tanti figli si trasforma in un inferno di anni”. E Paolo? Sono i Servizi sociali di Torino a relazionare di un “minore visibilmente sofferente che ha espressamente verbalizzato la volontà di rimanere presso l’abitazione materna”. E’ lui a dire: “A me piace stare con papà e gli voglio bene… solo che adesso mi sto stancando. Ogni volta che lo vedo mi fa sentire in colpa per aver voluto trasferirmi qui con mamma. Lo so che lui ci è rimasto male, ma io voglio stare qui. Ho le mie cose qui, ho tutto. Ogni volta che siamo insieme lui parla sempre male di mamma… Io sono stanco, non ce la faccio più”.

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