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Dall’Emilia-Romagna al Senato: il doppio slalom di Salvini per tornare al voto

Dopo il voto della Giunta toccherà all’aula di Palazzo Madama, entro 30 giorni, decidere se autorizzare definitivamente il processo per il caso Gregoretti

Pubblicato:21-01-2020 07:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:52

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ROMA – Che parta dal Papeete di Milano Marittima, o da Bibbiano, dove giovedi’ chiudera’ la campagna elettorale, il percorso politico di Matteo Salvini incrocia ancora una volta la strada che dall’Emilia porta al Senato. Dopo il voto della giunta per le immunita’ e delle elezioni tocchera’ all’aula di Palazzo Madama, entro 30 giorni, decidere se autorizzare definitivamente il processo chiesto dal Tribunale dei ministri di Catania, per il caso Gregoretti. 

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In realta’, a stretto rigore di regolamento, il voto potrebbe anche non tenersi. Sara’ necessario infatti che almeno 20 senatori presentino richiesta in senso contrario al deliberato della Giunta. Paradossalmente in questo frangente la Lega e la maggioranza sono sullo stesso lato della barricata e non presenteranno, evidentemente, una mozione in contrasto con la decisione presa oggi. Potranno farlo, invece, Forza Italia e Fratelli d’Italia, che gridano al “processo politico” nei confronti dell’ex ministro. 


In aula Salvini si trovera’ in una condizione di singolare dipendenza dagli alleati di centrodestra, una situazione da valutare con ottiche differenti a seconda di quale sara’ il risultato delle regionali in Emilia Romagna. In caso di vittoria pare quasi certo che la Lega smentira’ il voto dato in Giunta e si schierera’ con Forza Italia e Fratelli d’Italia. E questo anche se le possibilita’ di successo sono limitate. 

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Il voto sara’ infatti palese, secondo una consolidata giurisprudenza della giunta per il regolamento del Senato, diversa da quella della Camera, e risalente almeno al 1993. Lo scoglio da superare sono i 160 voti che oggi rappresentano la maggioranza assoluta dei componenti del Senato, che annovera 319 membri (due seggi sono in fase di rielezione). Se invece Salvini dovesse scegliere di immolarsi senza chiamare l’aula al voto, allora sara’ lui a chiedere agli alleati di non difendere la linea della ‘relazione Gasparri’ e quindi di non presentare una mozione in contrasto con il deliberato della giunta. A quel punto non si voterebbe. Per il leghista sarebbe un modo per evitare un voto ‘pesante’ e adottare una strategia che potrebbe rivelarsi utile qualora perdesse le regionali in Emilia Romagna, perche’ gli consentirebbe di non ratificare la ‘nuova’ fase anche in Parlamento. La crisi estiva lo ha insegnato: meglio non sfidare la sorte nel voto delle aule parlamentari.

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