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BOLOGNA – Potrebbe essere stata un’embolia amniotica la causa della morte di Andreea Antochi, la donna di 30 anni di origine rumena che nella notte tra lunedì e martedì è morta per una crisi respiratoria, all’ospedale San Matteo di Pavia, mentre era in corso il travaglio indotto del suo primo figlio, Sasha, morto con lei. L’embolia amniotica è un evento molto raro, che solitamente si verifica durante il travaglio, in cui un po’ di liquido amniotico contenente cellule o tessuto del feto entra nel sangue della madre e questo causa una grave reazione. La donna viene colta da ipossia, insufficienza respiratoria e può andare in arresto cardiaco. La mortalità, in caso di embolia amniotica, è alto.
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Ieri, davanti all’ospedale dove Andreea è morta, si è svolto un presidio di protesta organizzato dagli amici, che hanno portato cartelli per chiedere che non accada mai più e per protestare contro il rifiuto del taglio cesareo. “Nel 2024 non si può morire partorendo”, si leggeva su uno dei cartelli. Il marito della donna, Florin Catalin Lovin, che in pochi minuti si è ritrovato vedovo e ha perso anche il bimbo che la coppia aspettava con gioia, ha raccontato che la donna aveva dolori da giovedì e aveva chiesto di poter partorire con il cesareo, ma l’ospedale l’aveva rimandata a casa dicendo che era i dolori erano normali e dicendole di tornare domenica, quando è stata avviata la procedura del parto indotto.
La donna, a un certo punto, nel corso del travaglio, si sarebbe sentita male dicendo che non ce la faceva più e non riusciva a respirare. “Mi manca l’aria“. Alcune amiche, ieri, hanno puntato il dito contro il personale medico e le ostetriche che non avrebbero ascoltato la donna e non avrebbero creduto al suo dolore, lasciando passare troppo tempo e intervenendo quando ormai era troppo tardi. “Una donna deve avere il diritto di partorire come vuole”, hanno detto ieri alcune amiche della 30enne. “Dobbiamo avere paura anche ad avere dei figli? Siamo stufe di sentirci cavie”. Frase che era stata scritta anche su un cartellone.
Il marito della donna, che ieri al presidio è apparso distrutto e non ha detto quasi nulla (se non un dimesso “Si poteva fare di più“), questa mattina sulla sua pagina Facebook ha condiviso una vecchia petizione, postata su Change.org nel 202, per chiedere di rendere accessibile il parto cesareo a chi lo richieda. Si intitola così: “Come partorire lo decido io: stop al rifiuto del taglio cesareo” e ha raccolto più di 3.600 firme.
L’ospedale ha aperto un’indagine interna per far luce sull’accaduto e capire le cause del decesso della donna. Anche la Procura di Pavia ha aperto un fascicolo dopo l’esposto del marito di Andreea Antochi. verrà effettuata l’autopsia. Tra le prime ipotesi avanzate in ambito medico c’è appunto l’embolia amniotica, oppure un problema al sacco placentare.
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