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Senza smart working impennata delle dimissioni delle donne con figli in Emilia-Romagna

Regione e Ispettorato del lavoro fanno il punto: 5.146 dimissioni volontarie, 3.372 da parte di donne nei primi tre anni di vita del figlio. anche gli uomini di dimettono, per lavori migliori e per fare carriera

Pubblicato:20-12-2022 18:35
Ultimo aggiornamento:20-12-2022 18:35

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BOLOGNA- La pandemia, con il massiccio ricorso delle aziende allo smart working, ha consentito a molte neo madri di restare al lavoro. Il ritorno alla normalità e al lavoro in presenza ha provocato una nuova impennata delle dimissioni delle donne con figli. Anche in Emilia-Romagna, dove nel 2021 hanno lasciato il loro impiego, per lo più per accudire la prole, 3.372 lavoratrici. Di tutt’altro segno le scelte dei loro compagni: 1.774 le dimissioni volontarie di uomini convalidate dall’Ispettorato del lavoro, la metà di quelle presentate dalle donne e quasi tutte motivate dalla possibilità di un lavoro migliore e di fare carriera.

“QUADRO DESOLANTE”

“Un quadro desolante”, ammette Sonia Alvisi, consigliera di Parità della Regione. Nel 2021, nel complesso, in Emilia-Romagna sono state 5.146 (+23%) le dimissioni dal lavoro e le risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri, il 9,8% dei 52.436 casi a livello nazionale. Nel 2020 erano state 4.174 in regione. “La nascita di un figlio ha un impatto significativo e duraturo sulle scelte e le prospettive della madre, ma non su quelle del padre, aprendo un divario tra i percorsi lavorativi e i trend reddituali che non si colma nel tempo. Anche in Emilia-Romagna è amaro constatare come per una donna avere un figlio riduca sensibilmente le probabilità di continuare a lavorare e, per chi continua, le prospettive di carriera, al contrario di quanto avvenga per un uomo”, osserva Alvisi.

IMPOSSIBILE CONCILIARE IL LAVORO CON LA FAMIGLIA

Nello specifico, dei 5.146 casi, 4.980 riguardano dimissioni volontarie (il 96,8% del totale), di cui 3.282 di donne, 69 dimissioni per giusta causa (l’1,3% del totale), di cui 50 di donne, e 97 risoluzioni consensuali (l’1,9% del totale), di cui 40 di donne. Come spiegano le donne la decisione di gettare la spugna? Per lo più (hanno risposto così in 1.424) per la difficoltà a conciliare il lavoro con la cura del bambino, ma anche per l’assenza di parenti che possano dare una mano (1.057). Sono 764 le donne che hanno evidenziato un’inconciliabilità legata all’azienda e all’organizzazione del lavoro.


DIMISSIONI TRA I 34 E I 44 ANNI

Il 79,9% delle dimissioni volontarie riguarda lavoratori italiani. Anche nel 2021 i provvedimenti riguardano in maggioranza persone nella fascia d’età che va dai 34 ai 44 anni (2.164 casi), il 42% del totale, mentre il 35,2% dei casi riguarda soggetti tra i 29 e i 33 anni. Poi, fra i più giovani, nella fascia d’età tra i 24 e i 28 anni, i recessi sono solo il 2,4% del totale. Nell’ultimo biennio, però, si registra una tendenza all’aumento dei recessi per entrambi i generi nella fascia compresa tra i 3 e i 10 anni di servizio: 1.931 casi (1.571 nel 2020).

DONNE LASCIANO IL LAVORO AL PRIMO FIGLIO

Il maggior numero delle dimissioni riguarda persone con un solo figlio o in attesa del primo (pari a 3.105 casi, il 60,34% del totale), circa la metà per chi ha due figli (1.622 casi, il 31,5% del totale), decisamente inferiore, ma in aumento rispetto all’anno precedente, la percentuale delle persone con più di due figli (419 casi, l’8% del totale), del tutto marginali i casi durante la gravidanza. Per quanto riguarda l’età dei figli, a differenza del passato, sono più numerosi i genitori dei bambini con età da uno a tre anni, 39,7% del totale, rispetto a quelli con figli inferiori all’anno, 34,6% del totale. Quasi l’80% delle persone che chiedono il recesso lavorativo hanno un contratto full time, mentre il personale part time è quasi esclusivamente di genere femminile (996 donne contro 74 uomini).

IN CALO I PASSAGGI AL PART-TIME

In numero inferiore rispetto al passato sono le richieste di passaggio al part time o di flessibilità: 139 (164 nel 2020), con prevalenza femminile. In sensibile aumento l’accoglimento di queste richieste, che supera il 40%, la percentuale più alta registrata negli ultimi anni. “La pandemia ha abbassato i numeri delle convalide delle dimissioni, poiché la possibilità di lavorare da casa ha consentito la cura dei figli senza la necessità delle dimissioni. La cura della prole è la ragione principale per cui padri e madri ricorrono alle dimissioni”, conferma Aniello Pisanti, direttore dell’Ispettorato interregionale del lavoro del Nord-Est. “Sono cresciuti, però, anche i casi in cui le aziende vengono incontro alle esigenze dei lavoratori garantendo la flessibilità dell’orario, il part-time e continuando a utilizzare lo smart-working”, aggiunge Pisanti.

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