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Spedizione sull’Everest, in alta quota cambia la percezione del dolore?

Ad alta quota la sensibilità è ridotta, ma quanto? Ed è uguale per uomini e donne? La spedizione 'dei 22' italiani che scalerà l'Everest farà test anche per capire questo aspetto

Pubblicato:20-10-2022 12:37
Ultimo aggiornamento:20-10-2022 13:13

spedizione everest_cervicale
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ROMA – In alta quota cambia la percezione del dolore? Si prova dolore allo stesso modo? Di più? Di meno? È uno degli interrogativi a cui si propone di rispondere la spedizione internazionale sull’Everest ‘Lobuje Peak-Pyramid: Exploration & Physiology 2022’, che proprio oggi entra nel vivo.

Il progetto impegnerà, da oggi 20 ottobre all’8 novembre, un gruppo di 22 italiani, uomini e donne, di età compresa tra i 20 e i 60 anni, e che è seguito e supportato dall’agenzia Dire. Il gruppo dei 22, dopo un anno di preparazione fisica e mentale, sfideranno i loro limiti, vinceranno resistenze e paure ataviche per arrivare alla base dell’Everest presso la Piramide di Desio, osservatorio e laboratorio internazionale a 5000 metri di quota. Si parte oggi da Kathmandu con i primi test medici.

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L’obiettivo che darà vita ad uno studio internazionale che vede coinvolti ben 12 atenei italiani ed esteri, oltre a 7 centri di ricerca internazionali è quello di rilevare, registrare e studiare, durante le varie tappe del viaggio, i parametri fisiologici e clinici, le performance fisiche individuali e l’impatto psicologico che un viaggio del genere può avere su sportivi a livello non agonistico. Sarà questa una vera spedizione scientifica dal carattere squisitamente ‘ecologico’.

Verrà indagato anche l’aspetto della nocicezione ovvero tutti quei meccanismi di trasmissione dello stimolo doloroso e della percezione che cambia da persona a persona. L’agenzia di stampa Dire ne ha parlato con la professoressa Anna Maria Aloisi, ordinaria di Fisiologia all’Università di Siena (Unisi) e direttrice dell’European Pain School (EPS) dell’Università di Siena.

“NON SI PROVA DOLORE E SI RIDUCONO FAME E SETE”

“Mi occupo da sempre di studiare il dolore che rientra come oggetto di studio- dichiara l’esperta- anche in questo progetto ‘Lobuje Peak-Pyramid: Exploration & Physiology 2022’ che parte ufficialmente oggi. Ho partecipato in passato, nel 2012, come membro scientifico in una precedente spedizione. Nella pregressa esperienza mi sono resa conto, seppur camminando molte ore al giorno, di non provare mai dolore. Una cosa che mi ha incuriosita moltissimo. Da qui l’idea di partire di nuovo e approfondire questo aspetto. In generale sappiamo già che con l’altitudine c’è una diminuzione della sensibilità, così pure è vero che si riduce la fame e la sete. Credo ci sia un’influenza notevole dell’altitudine sulla soglia del dolore. Per questo, all’interno dei vari trial previsti dal progetto, faremo delle prime prove oggi a Kathmandu e forniremo ai 22 partecipanti dei questionari da compilare”.

I TEST PER VALUTARE IL DOLORE

In che cosa consistono i test per la valutazione del dolore? “Applicheremo uno stimolo meccanico precisamente un algometro- risponde all’agenzia Dire Aloisi- che è una apparecchiatura molto semplice, una specie di punta abbastanza larga che viene pigiata su un distretto preciso del corpo che può essere una spalla, un braccio o altri punti precisi che vengono usati nella pratica clinica e il paziente può riferire se e quanto dolore prova. Questi test verranno ripetuti anche nei giorni successivi di trek e anche all’interno dei laboratori del Centro Piramide del Cnr”.

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LE DONNE SENTONO DOLORE PRIMA

“È noto- prosegue la professoressa- come diminuisca in alta quota tutta la sensibilità, come pure è un dato acquisito che le donne percepiscano prima il dolore e siano caratterizzate naturalmente da una soglia più bassa dello stesso rispetto agli uomini. Non a caso le sindromi caratterizzate dal dolore cronico tipo fibromialgia colpiscono più le donne che gli uomini, sono maggiormente afflitte dal mal di testa e dal dolore temporo-mandibolare. Mentre le cefalee a grappolo colpiscono di più gli uomini che le donne”.
“La spiegazione- prosegue- è da ricercare nel ruolo ricoperto dagli ormoni. Nel caso delle donne, gli estrogeni sono iperalgesici e cioè che producono una aumentata percezione del dolore. Mentre il testosterone degli uomini è un analgesico naturale ed è per questo che avvertono meno il dolore”.

IPOSSIA: COME LA MANCANZA DI OSSIGENO IMPATTA SUL FISICO

“Sono condizioni, quelle che andremo a valutare, che riscontriamo non solo in alta quota ma anche nella pratica clinica. Abbiamo fatto i conti, anche durante i mesi più duri della pandemia con l’ipossia, cioè la carenza di ossigeno, tipica dei pazienti Covid positivi che presentavano un’affezione alle vie aeree e quindi sicuramente una ossigenazione peggiore. Perciò questa spedizione sarà davvero utile e in grado di fornire delle risposte per indagare anche l’impatto in quota della mancanza di ossigeno sui soggetti sani”, ha concluso la professoressa Aloisi.

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