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Siria, l’attivista Al-Haj: “Fatta a pezzi, la Costituzione non la salverà”

Il comitato costituzionale viene definito "una frode", visto che a quel tavolo siedono i delegati di Assad

Pubblicato:20-10-2021 16:05
Ultimo aggiornamento:20-10-2021 16:05

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ROMA – “La Siria non è un Paese come gli altri: per comprenderla bisogna tenere presente che esistono almeno quattro ‘Sirie’ all’interno dei suoi confini, dove sono presenti anche tanti stranieri, molti arrivati per combattere. Il mondo è in Siria e la Siria è sparpagliata nel resto del mondo, dato che quasi 7 milioni di rifugiati vivono all’estero. Il Comitato costituzionale? È una frode di cui la comunità internazionale si è resa complice, perché riconosce il governo di Damasco che da dieci anni porta avanti un genocidio”. A parlare con l’agenzia Dire è lo scrittore siriano Yassin Al-Haj Saleh, ospite di recente al festival di Internazionale, a Ferrara.

Sessant’anni, di cui 16 trascorsi in prigione per essersi opposto al governo del presidente Hafiz Al-Assad – padre del leader attuale – Al-Haj Saleh descrive la Siria di oggi come un grande “mosaico”, le cui tessere si trovano sparpagliate nel mondo. “La Siria si divide in quattro” dice. “C’è il protettorato russo-iraniano nella regione di Damasco. Al-Assad è il leader ma il controllo di fatto è in mano a Mosca e Teheran. Il nord è spartito tra Stati Uniti e Turchia. C’è infine la provincia di Idlib, che ospita oltre un milione di sfollati interni ed è controllata da una milizia che un tempo era affiliata ad Al-Qaeda. E non aggiungo al conto le Alture del Golan, occupate da Israele dal 1967”. Un’annessione che il Consiglio di sicurezza dell’Onu non ha riconosciuto, e su cui il governo di Tel Aviv si è pronunciato lo scorso settembre, chiarendo: “Non abbiamo intenzione di restituirle alla Siria”.

In Siria un elemento centrale è la presenza di eserciti stranieri e gruppi armati jihadisti: “Arrivano combattenti persino da Libano, Afghanistan e Paesi europei”, avverte lo scrittore. La sua analisi viene confermata dalla cronaca: stamani a Damasco, dopo anni in cui non si registravano più attentati, è stato fatto esplodere un autobus dell’esercito e sono stati uccisi così 14 militari. Sempre nella mattinata, a Gerico – nota come Ariha in arabo – nel governatorato di Idlib, un bombardamento ha provocato la morte di 11 bambini in una scuola. L’emittente Al Jazeera attribuisce il raid all’esercito siriano sostenuto dalla Russia.


“I NEGOZIATI DI GINEVRA NON SERVONO A NULLA”

Quanto ai negoziati in corso a Ginevra sotto l’egida dell’Onu per stilare una nuova Costituzione, “non servono a nulla perché a quel tavolo siedono i delegati del regime di Assad e un’opposizione che non ci rappresenta. Assad, invece, deve essere deposto e la sua famiglia deve lasciare il potere. Le forze straniere devono andarsene. L’Onu farebbe meglio a favorire una reale transizione democaratica, sostenendo la nomina di un’Assemblea costituente e libere elezioni”.

Per l’attivista infatti, “normalizzare i rapporti con Assad, come alcuni governi stranieri stanno facendo, Italia compresa, non è etico. Quell’uomo ha ucciso i suoi cittadini e spinto in povertà l’85% della popolazione, mentre molti dei milioni di rifugiati sparsi nel mondo – come in Kenya o in Turchia – vivono in condizioni indicibili. In pratica, si sta affermando che la nostra vita non ha valore”.

MIGLIAIA DI SIRIANI RISULTANO SCOMPARSI DAL 2011

C’è poi il problema dell’impunità: “Sin da quando ero bambino, sotto il governo di Assad padre, centinaia di persone già venivano arrestate, torturate e uccise. Altre decine di migliaia di siriani risultano scomparsi dal 2011. Il processo in corso a Coblenza, in Germania (il primo a processare alcuni ex funzionari del regime per arresti arbitrari, torture e uccisioni avvenute a partire dal 2011, ndr) è un’ottima cosa ma anche una goccia nell’oceano”. Quanto alla riapertura delle ambasciate annunciata da alcuni Paesi, “non servirà a combattere l’impunità o ritrovare gli scomparsi: già ai tempi di Assad padre le ambasciate erano lì, e non facevano nulla”.

Per concludere, un cenno a padre Paolo Dall’Oglio, l’italiano sequestrato a Raqqa nel 2013 e tuttora irreperibile. “Purtroppo non l’ho conosciuto direttamente- dice Al-Haj Saleh- ma posso testimoniare che era un simbolo di resistenza per tanti siriani che volevano la pace. So che la sua famiglia ritiene che potrebbe essere stato catturato dal regime con la complicità di Daesh (il gruppo Stato islamico, ndr), o forse c’erano degli infiltrati dei servizi. Purtroppo non ho elementi per dire se è vero o no, ma rattrista vedere quanto di lui importi poco al governo italiano, così come non gli importa del destino dei siriani”.

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