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Bolivia, l’ex collaboratore di Morales: “Ora pace e stabilità”

Per Padre Rafael Puente, intervistato dall'agenzia Dire, la probabile vittoria del Movimiento al socialismo (Mas) alle elezioni giunge in modo "completamente imprevisto"

Pubblicato:20-10-2020 10:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:05
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di Brando Ricci

ROMA – La probabile vittoria del Movimiento al socialismo (Mas) alle elezioni giunge in modo “completamente imprevisto” e può garantire “una stabilita’ salutare”, “quanto mai necessaria” durante la pandemia. A dirlo è padre Rafael Puente, gesuita con un passato da viceministro dell’Interno e collaboratore di primo piano del presidente Evo Morales.
L’agenzia Dire lo intervista a poche ore dalla diffusione dei primi dati, frutto del conteggio rapido realizzato dalla piattaforma di monitoraggio elettorale riconosciuta dal governo ‘Tu Voto Cuenta’. La fotografia che emerge è netta, sottolinea più volte Puente, “contro ogni previsione delle scorse settimane”: il candidato del Mas, l’ex ministro dell’Economia Luis Arce Catacora, avrebbe conquistato più del 53 per cento delle preferenze, con oltre 23 punti di vantaggio sullo sfidante, l’ex capo di Stato Carlos Mesa. Un risultato dato da buona parte della stampa locale già per certo, che comporterebbe la vittoria al primo turno e la maggioranza assoluta al governo.
Padre Puente, 80 anni, educatore originario del distretto centrale di Cochabamba, evidenzia elementi che farebbero pensare a uno scenario “senza scossoni”, dopo un anno segnato da violenze e tensioni.

“La giornata è stata pacifica, un segnale molto importante, e inoltre nessuno in queste ore sta parlando di frode elettorale” osserva il gesuita. Una riflessione, questa, che trova conferma nelle dichiarazioni della presidente ad interim Jeanine Anez, succeduta a Morales dopo le contestate elezioni di un anno fa e il successivo intervento dell’esercito.
Anez, riporta il quotidiano La Razon, si è felicitata con Arce e ha invitato il Mas a governare “pensando alla Bolivia e alla democrazia”.
Sollecitato sulle ragioni del risultato, che contraddice previsioni su un testa a testa, Puente avanza un’ipotesi: “È probabile – dice – che i boliviani abbiano espresso un voto contro l’incertezza, mossi dalla percezione di trovarsi all’inizio di un momento di forte instabilità“. In poche parole, secondo padre Puente, “hanno votato per la pace”. Stabilità e pace, ribadisce il gesuita, sono elementi “indispensabili in questa fase caratterizzata dalla pandemia”.


Padre Puente sottolinea che è da scartare invece la possibilità che la personalità di Arce abbia fatto da traino: “Non è di grande carisma – dice – e non ha un seguito esteso a livello popolare”. Il gesuita è però speranzoso per le sorti del governo, in particolare per il ruolo del prossimo vicepresidente, David Choquehuanca, definito “la persona che dà le maggiori garanzie”.

Tra le questioni che dovrà affrontare il nuovo esecutivo, c’è la questione Morales, da mesi rifugiato in Argentina. Secondo padre Puente, l’ex presidente “cercherà di tornare”. Il gesuita pensa però che farebbe meglio “a mettere da parte la nomina a senatore”, un’ipotesi che aveva sollevato contrasti prima delle elezioni. “Penso che 14 lunghi anni di potere lascino tracce pesanti sulla condizione psicologica di un individuo” dice padre Puente, in riferimento ai tre mandati, dal 2005 al 2019. “Credo che la cosa migliore per Morales e per la Bolivia sia che l’ex presidente resti un po’ ai margini della politica”.

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