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ROMA – “Domenica scorsa mi sono recata al pronto soccorso per scoprire che il mio dolore al basso ventre era un cancro ovarico al terzo stadio. E’ stata una settimana piena di paura, dolore e lacrime ma soprattutto amore, speranze, risate e forza. Ho un lungo viaggio davanti a me, ma so che ce la farò. Per me, per i miei cari (le mie figlie sono in cima alla lista) e per tutti voi che avete bisogno di forza, potete prenderne un po’ in prestito perché ne ho un sacco. Finora il cancro mi ha dato la possibilità di trovare la bellezza attraverso gli ostacoli della vita”. É di pochi giorni fa l’annuncio della modella Bianca Balti che su Instagram ha rivelato di essere stata sottoposta ad un intervento chirurgico, dopo la doppia mastectomia nel dicembre 2022 decisa dopo aver scoperto di essere portatrice della mutazione genetica BRCA1, che aumenta il rischio di sviluppare tumori al seno e alle ovaie.
Nella Giornata mondiale dei tumori ginecologici (World Gynecological Cancer Day), l’associazione aBRCAdabra Ets, prima associazione nazionale nata per sostenere tutti i portatori della variante patogenetica dei geni BRCA1 e BRCA2 e le loro famiglie, e che da anni collabora con sanitari e istituzioni per promuovere la corretta informazione sui tumori BRCA associati, ricorda che la prevenzione, soprattutto in questi tumori è fondamentale.
Come spiega Chiara Cassani, ginecologa Università degli studi di Pavia – Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia e membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’associazione: “Purtroppo per i tumori ovarici non esistono ancora dei test di screening efficaci, in termini di diagnosi precoce e riduzione della mortalità e questo tumore, ancora oggi, è al primo posto tra le cause di morte per tumore ginecologico. L’unica strategia di prevenzione efficace per ridurre i rischi oggi è l’asportazione preventiva di tube e ovaie perché le ecografie e i controlli clinici non sono sufficienti a dare le stesse sicurezze e nell’80% dei casi si scopre il tumore già ad uno stato diffuso, quindi, con più zone già colpite come per esempio peritoneo, intestino, fegato, diaframma, omento. Le Linee Guida a questo proposito parlano chiaro: ci sono età differenti in cui l’intervento chirurgico è raccomandato: 35-40 anni per la mutazione BRCA1, 40-45 per la mutazione BRCA2. In casi come questi però tanto dipende anche dalla volontà della donna, si tratta comunque di interventi chirurgici con delle conseguenze definitive, come l’impossibilità di avere figli in maniera naturale o le conseguenze legate ad una menopausa precoce”.
“Di fronte alla notizia di un tumore ogni donna fa un percorso unico e personale di accettazione- spiega la dott.ssa Cassani- che tanto dipende anche dal carattere e dalle proprie scelte di vita. Non è un percorso facile, né per quanto riguarda la chirurgia, né per la successiva terapia o i controlli che verranno, che sono spesso e giustamente accompagnati da stress e paure. E’ qualcosa che richiede impegno e costanza e non necessariamente porta i risultati sperati”.
E’ quindi fondamentale, soprattutto in questa giornata ricordare l’importanza dei percorsi consigliati dalle Linee Guida, come afferma anche la dott.ssa Ketta Lorusso, responsabile della Ginecologica Oncologica di Humanitas San Pio X, professoressa ordinaria di Humanitas University e membro del comitato tecnico scientifico di aBRCAdabra: “Io credo che il caso Balti accenda ancora di più le luci sull’importanza della prevenzione primaria che nel tumore ovarico si può fare solo nelle donne Brca mutate. Scoprire di avere una mutazione che rappresenta un aumentato rischio di contrarre il tumore ovarico come il Brca non deve essere un’informazione che ci schiaccia e che non sappiamo gestire; al contrario va gestita perché sapere di avere una maggiore predisposizione (il gene non trasmette la malattia ma una maggiore predisposizione ad ammalarsi) ad ammalarci ci deve indurre a mettere in atto delle strategie
di riduzione del rischio. Questo è il vero messaggio: in un tumore che purtroppo non ha prevenzione secondaria, perché i sintomi sono aspecifici e arriviamo sempre molto tardi a diagnosticare la malattia e perché lo screening non funziona, non c’è altra prevenzione che quella primaria, che riusciamo a fare solo nelle donne Brca mutate”.
Nel caso Balti “Bianca si è ammalata prima di poter fare la chirurgia di rischio riduzione e ha trovato la malattia già ad un terzo stadio. É importante però, ricorda Lorusso “anche in questo caso non perdere le speranze, perché per esempio oggi per le pazienti con mutazione Brca abbiamo una nuova classe di farmaci portentosa che sono i Parp inibitori, che ci danno aumento della sopravvivenza. Questi farmaci vengono usati come terapia di mantenimento al termine della chemioterapia di prima linea e aumentano la sopravvivenza. Non stiamo parlano solo di farmaci che rallentano solo la recidiva di malattia, ma proprio di farmaci che ci aiutano a curare e a guarire una quota maggiore di pazienti”.
“L’ASPORTAZIONE È SCELTA CONSAPEVOLE, NÈ GIUSTA NÈ SBAGLIATA”
La decisione personale su tempi e modi di intervento di ogni donna BRCA mutata è sicuramente una tematica centrale quando si parla di interventi preventivi. “La donna portatrice può scegliere di sottoporsi all’asportazione di due principali organi bersaglio ovvero mammelle e ovaio in determinate fasce d’età e dopo una valutazione multidisciplinare. E’ una scelta consapevole che una donna si cuce addosso e matura col tempo e non è né giusta né sbagliata, è la propria scelta. L’idea di vivere con questo rischio può fare grande paura ma se ci pensiamo per un attimo è un’opportunità straordinaria perché permette veramente di giocare d’anticipo sul cancro e trasformare una pesante eredità in una straordinaria opportunità di vita. Com’è sempre stato nei due anni precedenti facciamo un grandissimo in bocca al lupo a Bianca e lei sa che aBRCAdabra, è qui, come è sempre stato in passato al suo fianco per darle supporto, stringerle la mano, ieri oggi e domani”, è il messaggio di Ornella Campanella, presidente dell’associazione aBRCAdabra.
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