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Afghanistan, la mediatrice Hussain: “Mi tornano in mente anni terribili”

Hussain non crede alle rassicurazioni dei talebani: "Le mie sorelle e le mie nipoti non escono più di casa"

Pubblicato:20-08-2021 19:22
Ultimo aggiornamento:20-08-2021 19:24
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ROMA – “Questi giorni mi riportano alla mente dei terribili momenti degli anni della guerra civile. Nel 1995, mentre i talebani si apprestavano a entrare a Kabul, con la mia famiglia non fuggimmo verso l’aeroporto per salvarci la vita, come succede ora: andammo a est, verso Jalalabad, per poi lasciare il Paese valicando il confine con il Pakistan”. A parlare è Nafiza Mersa Hussain, mediatrice culturale afghana dell’associazione di volontariato Binario 15, in Italia dal 2002.

L’agenzia Dire la raggiunge mentre l’Afghanistan, dove ancora risiede una larga parte della sua famiglia, è al quinto giorno di una nuova fase politica cominciata domenica, quando i talebani sono entrati nella capitale Kabul al termine di un’avanzata che li ha visti conquistare la quasi totalità della capitale di provincia del Paese in meno di due settimane. I miliziani si sono insediati nel palazzo presidenziale e hanno proclamato un Emirato Islamico. Da ormai quasi una settimana in migliaia cercano di entrare nell’aeroporto della capitale e di imbarcarsi su un aereo, per lasciare il Paese come fece Hussain 25 anni fa. Almeno 12, stando ai dati comunicati dai miliziani e anche dalla Nato, hanno perso la vita dentro o nei dintorni dallo scalo. Almeno una persona sarebbe deceduta cadendo dall’aereo al quale si era aggrappato in fase di decollo.

“Per quanto mi riguarda è come se si fosse riaperta una ferita, come se fossi tornata indietro di 20 anni“, dice Hussain, che lasciò il Paese dell’Hindukush proprio sul finire della guerra civile che portò al potere i miliziani. I guerriglieri rimasero al potere fino all’intervento del contingente militare della Nato, lanciato all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001.


I talebani di oggi sembrerebbero cambiati però. Nella loro prima conferenza stampa ufficiale, il loro portavoce, Zabihullah Mujahid, ha parlato di diritti delle donne che verranno garantiti, sempre “nel quadro normativo della legge islamica”, e poi di indipendenza dei media, di un futuro di “pace” e “senza vendette”.

Hussain dice di non credere alle parole dei miliziani. “Sono preoccupata perché le mie sorelle e le mie nipoti mi hanno detto che non escono di casa per il timore di incontrarli” dice la mediatrice culturale. “Sappiamo che stanno già entrando nelle abitazioni degli appartenenti alle minoranze etniche del Paese, tutti coloro che non sono pashtun come loro”. In vigore starebbero tornado anche antiche pratiche, come quella del taglio delle mani di chi commette un furto. “So che sta circolando un video su questo, ripreso a Herat, la città dove erano di stanza i militari italiani del contingente Nato”, riferisce la volontaria. La situazione è in rapida evoluzione premette Hussain, ma richiede già azioni urgenti. “Servono subito dei corridoi umanitari, ci sono tante vite da salvare”, l’appello della mediatrice.

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