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Giustizia, sfida sugli emendamenti del M5s: Governo in pressing per il ritiro

Probabile slittamento del termine dell'aula del 23, ipotesi della fiducia può sfumare

Pubblicato:20-07-2021 20:19
Ultimo aggiornamento:21-07-2021 09:54

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ROMA – Una trattativa difficile, ma non impossibile. Dove la posta in gioco è chiara: il prosieguo della legislatura. La riforma del processo penale è il punto di svolta nei rapporti in maggioranza, quando mancano 13 giorni all’inizio del semestre bianco. Il M5s ha presentato 917 emendamenti. L’ultimo dei quali, presentato entro il termine delle 18 di oggi, è interamente soppressivo dell’articolo 14 del testo Cartabia, quello sulla improcedibilità. L’emendamento dei Cinque stelle farebbe tornare il ddl al testo Bonafede sulla prescrizione. Per il governo si tratta di un guanto di sfida inaccettabile. Ma nel pacchetto dei 917 emendamenti M5s ci sono anche possibili soluzioni. Uno spiraglio, cioè, per tentare una mediazione che a quanto apprende la Dire è in corso. Il passaggio preliminare per l’esecutivo è tuttavia il ritiro dei 917 emendamenti perché alcuni sono incompatibili con il testo Cartabia votato in consiglio dei ministri.

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Questo è il lavoro che l’esecutivo si attende sia compiuto da Giuseppe Conte nel confronto di stasera coi gruppi parlamentari e in particolare con quello della Camera. Palazzo Chigi ritiene irrinunciabile il voto del M5s alla riforma, ma non mette sul piatto un’opzione ‘prendere o lasciare’. Per questo motivo, a quanto apprende la Dire, il termine dell’aula del 23 luglio può slittare, per consentire ai M5s di maturare una posizione compatibile con quella dell’esecutivo. Ulteriore apertura: non è detto che alla fine la quadra assuma la forma di un maxiemendamento su cui apporre la fiducia. La ministra Cartabia potrebbe concordare una serie di modifiche all’articolato depositato alla Camera che siano suscettibili di un iter parlamentare fisiologico, senza ricorrere alla prova di forza della fiducia. Ai Cinque Stelle non resta che selezionare alcune modifiche che ritengono prioritarie e su quella base convergere sul testo di via Arenula. L’alternativa, il non voto o il voto contro la riforma, avrebbe un solo significato, il mutamento dei rapporti di forza in maggioranza. Con il possibile precipitare di una crisi senza sbocchi.


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