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Vaiolo delle scimmie, il Partito Gay: “No al dito puntato su di noi come fu per l’Aids”

Il portavoce Marrazzo: "Le persone a rischio sono coloro che hanno rapporti occasionali, indipendentemente dalla sessualità". Antinori (Spallanzani): "È prematuro definirla una malattia sessualmente trasmissibile"

Pubblicato:20-05-2022 08:53
Ultimo aggiornamento:20-05-2022 15:45

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ROMA – “In merito alla epidemia di vaiolo chiediamo chiarimenti al ministero della Salute e che siano vietate affermazioni come quella del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che afferma che le persone gay sono a rischio, per tale epidemia”. Lo dichiara Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay per i diritti LGBT+, Solidale, Ambientalista e Liberale, dopo che anche in Italia è emerso il primo caso di vaiolo delle scimmie, i cui cluster, secondo quanto riferito anche dall’infettivologo Matteo Bassetti, sarebbero riconducibili a comunità omosessuali.

Le persone a rischio sono coloro che hanno rapporti sessuali occasionali – osserva Marrazzo – ricordiamo che i gay possono avere relazioni monogame o avere rapporti occasionali al pari delle persone eterosessuali. Pertanto chiediamo al ministero di intervenire per evitare che nuovamente come negli anni ’80 si crei uno stigma contro le persone gay“, conclude il portavoce del Partito Gay.

ANTINORI (SPALLANZANI): “EVITARE LO STIGMA CONTRO GLI OMOSESSUALI”

“L’epidemiologia di questa malattia – definita vaiolo delle scimmie– ci dice che si trasmette attraverso i contatti stretti, quelli sessuali lo sono per definizione, ma non sono gli unici possibili. Al momento quindi appare prematuro definirla in senso stretto una malattia sessualmente trasmissibile anche perché la presenza del virus, ad esempio, nello sperma o nei secreti genitali è in fase di studio”. Lo ha detto Andrea Antonori, direttore sanitario dell’Inmi Spallanzani a margine della conferenza stampa svoltasi questa mattina a Roma per aggiornare sulla situazione del virus Monkeypox in Italia.


“Soprattutto – ha continuato il dirigente dell’Istituto Nazionale di Malattie Infettive – direi di evitare l’identificazione di questa malattia con il gruppo di persone di uomini che fanno sesso con uomini, perché questo potrebbe essere stigmatizzante nei confronti di questa popolazione. Ci sono anche altre persone che ne sono interessate, è una malattia che si trasmette essenzialemnete attraverso le goccioline e i contatti stretti”, ha precisato Antinori, a cui è stato chiesto di rispondere su quanto dichiarato ieri da Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, che in un’intervista alla Dire sottolineava come “la maggioranza dei casi ad oggi riportati sono avvenuti all’interno di comunità chiuse, di cluster, fatte soprattutto da omosessuali che hanno avuto rapporti con altri uomini.

Il direttore sanitario dello Spallanzani ha poi sottolineato che si tratta di una malattia “che va ancora compresa perché – ha detto – siamo di fronte a un’ondata nuova, diversa da come abbiamo storicamente conosciuto questa malattia“.

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