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Cosa fare con i detriti spaziali

https://www.youtube.com/watch?v=HTreN46brR0&feature=youtu.be Tra i pericoli più insidiosi delle missioni oltre l’atmosfera terrestre ci sono quelli causati dalla cosiddetta spazzatura spaziale. Chi vola

Pubblicato:20-05-2019 11:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:29
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Tra i pericoli più insidiosi delle missioni oltre l’atmosfera terrestre ci sono quelli causati dalla cosiddetta spazzatura spaziale. Chi vola nello Spazio, infatti, si imbatte subito in una vera e propria selva.

Di cosa si tratta? Di resti di missioni precedenti. Parliamo di satelliti che hanno finito la loro vita operativa, di razzi rimasti in orbita dopo la separazione dal lanciatore, di frammenti che si sono staccati da veicoli spaziali. Sono rimasti tutti lì, senza controllo, a minacciare con la loro solo presenza collisioni e scontri con mezzi nuovi di zecca.


In orbita, ad oggi, si contano più o meno 8mila tonnellate di detriti spaziali. Sono 29mila gli oggetti di oltre 10 centimetri e più di un milione i frammenti troppo piccoli per essere tracciati. Ma comunque pericolosi.

La spazzatura spaziale è uno dei grandi temi che stanno affrontando le principali agenzie spaziali. A inizio maggio gli esperti si sono riuniti a Roma, nella sede dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), sotto il cappello dello Iadc, l’Inter-Agency Space Debris Coordination Committee: 150 esperti da 13 Paesi di tutto il mondo hanno cercato, come ogni anno, di fare il punto sulla situazione e di escogitare strategie per risolvere il problema della spazzatura nello Spazio.

Quest’anno, qualcosa è cambiato. E’ stato approvato un aggiornamento delle linee guida, con una visione molto più ampia che comporta un modo tutto nuovo di vedere lo Spazio. Innanzitutto si va verso lo Space Traffic Management, cioè la gestione controllata dello Spazio come se fosse un cielo destinato al traffico aereo. Si pensa poi a un servizio di pronto intervento per satelliti: se si guastano, saranno riparati direttamente in orbita. E poi, che fine fanno? Potrebbero, per esempio, essere ‘spinti’, verso un’area attualmente vuota: un grande parcheggio spaziale.

Riguardo a queste prospettive è ottimista Ettore Perozzi, a capo dello Space Situational Awareness Office dell’Asi. Lo abbiamo incontrato al termine dello Iadc.

“Si è riunito il comitato con gli esperti delle maggiori agenzie spaziali mondiali. Lo fa ogni anno, ma quest’anno era speciale perché la tematica dei detriti spaziali sta andando verso un’accelerazione in senso positivo. In futuro ci sarà quello che si chiama Space traffic management. Si andrà e tornerà dallo Spazio anche con, ad esempio, il turismo spaziale. Ci saranno delle missioni che faranno ‘servicing’ dei satelliti che magari hanno avuto qualche problema. Il tutto andrà gestito. Questo ha portato a un’accelerazione. E quest’anno si è visto perché tutto è diventato molto più operativo e finalizzato a far sì che andare nello Spazio sia come prendere l’aereo. L’Asi è stata al centro di tutto questo”.

Non solo futuro, però. Bisogna tenere presente che, intorno alla Terra, la foresta di detriti c’è già. E va affrontata.

“Lo Iadc esprime delle linee guida e le aggiorna per far in modo che questa cosa non peggiori e possibilmente regredisca- precisa Perozzi-. E’ stato fatto dopo molti anni proprio durante questo meeting, l’aggiornamento delle linee guida per adattarsi alla situazione. Si va verso una nuova gestione della vita di un satellite, per fare in modo che non sia più abbandonato dove capita nello Spazio. Ci sono delle zone inutilizzate nello Spazio, si possono mettere lì. Si possono far rientrare i satelliti. Ci sono molti modi per fare sì che i rifiuti spaziali non progrediscano”.

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