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Allarme della Cisl Bologna: la crisi ha dimezzato gli stipendi di giovani e donne

Le lavoratrici accusano una paga inferiore rispetto alla media pro capite totale del 21,88%, che diventa del 39,91% rispetto alla media pro capite del totale maschile

Pubblicato:20-04-2021 12:44
Ultimo aggiornamento:20-04-2021 12:44

patto tra generazioni
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BOLOGNA – La crisi sta dimezzando gli stipendi di giovani e donne, mentre restano al palo quelli dei lavoratori. Per invertire la tendenza, servono “un piano di investimenti adeguato a una robusta politica industriale, un sostegno alle filiere, una riforma del fisco, una formazione continua”. Lo segnala la Cisl dell’area metropolitana di Bologna, diffondendo un’indagine a tema insieme al suo Caf su un campione di 46.103 tra lavoratori e pensionati e di 25.078 lavoratori dipendenti. “Donne e giovani– tira le somme il segretario generale Cisl Enrico Bassani- sono le fasce che stanno pagando il prezzo più alto dalla crisi, come quanti (partite Iva, somministrati) avevano o hanno rapporti di lavoro non stabili e spesso di scarsa qualità retributiva. Uno scenario destinato a peggiorare drasticamente per effetto dell’emergenza pandemica scoppiata nel 2020 e tuttora in corso, le cui ripercussioni, sia in termini economici sia sociali, inevitabilmente si protrarranno a lungo”.

Le lavoratrici dipendenti a tempo determinato nel 2019 risultano 35.280 nella provincia di Bologna (pari al 22% delle donne lavoratrici dipendenti, contro il 18,3% degli uomini). Le donne assunte a tempo indeterminato sono 123.771, ovvero il 77% del totale delle donne dipendenti, contro l’81% degli uomini. A tutto questo si affianca il dato delle minori retribuzioni: le donne accusano una paga inferiore rispetto alla media pro capite totale del 21,88%, che diventa del 39,91% rispetto alla media pro capite del totale maschile. Ma, appunto, anche le ‘magre’ percentuali di lavoratori giovani dipendenti sono indicative: sul 2019, la fascia 25-29 anni pesa l’11,4% e la fascia 30-34 anni l’11,8%. Ma, in genere, non se la passano bene tutti i lavoratori dipendenti dell’area metropolitana: il loro reddito medio pro capite cresce di appena lo 1,97, dal 2019, rispetto al 2017.

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