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Storia di Joca, il ‘Che’ di Calabria che combatté il regime in Brasile

Era un metalmeccanico calabrese emigrato, passato alla resistenza per seguire i suoi ideali internazionalisti. Venne fatto sparire insieme ai compagni dopo un rastrellamento

Pubblicato:20-03-2018 10:40
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:39
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ROMA – “Sessantanove ragazzi che hanno combattuto per 3 anni contro 11mila soldati”. A parlare all’agenzia Dire della storia “straordinaria” di ‘Joca‘, al secolo Libero Giancarlo Castiglia, e dei suoi compagni, che negli anni ’60 sfidarono la dittatura militare in Brasile, è il giornalista Alfredo Sprovieri, autore del libro ‘Joca, il ‘Che’ dimenticato’ (Mimesis/Passato prossimo).

Presentata a Roma alla festa del libro e della lettura ‘Libri Come’, l’avventura di Joca e dei suoi si concluse tra il 1973 e il 74, quando il giovane, un metalmeccanico calabrese passato alla resistenza per seguire i suoi ideali internazionalisti, venne fatto sparire insieme ai compagni dopo un rastrellamento.


La vicenda è, per l’autore, vicina a tante altre storie di coraggio e oppressione: il ricercatore Giulio Regeni, il giornalista Vittorio Arrigoni, l’attivista Marielle Franco sono alcuni dei nomi che ricorrono durante il dibattito, al quale partecipano l’associazione dedicata a Stefano Cucchi e, in diretta Skype, la sorella del ragioniere morto nel 2009, Ilaria.

“Joca era il comandante del distaccamento guerrigliero A in Brasile, quindi della resistenza armata alla dittatura brasiliana dopo il colpo di stato del 1964. Prima di diventare ‘Joca’ è Libero Giancarlo Castiglia, un ragazzo italiano normalissimo che emigra insieme a centinaia di migliaia di connazionali in quegli anni per raggiungere la famiglia e ricongiungersi al padre, che era andato lì a cercare un lavoro che il sud Italia non poteva dargli” racconta Sprovieri.

La sua inchiesta inizia dieci anni fa, quando al giornalista, che all’epoca lavorava ‘quasi gratis’ per una redazione calabrese, capitò di leggere un lancio di agenzia in cui si parlava della visita di un ministro brasiliano in Calabria, nel paesino di San Lucido, per il riconoscimento di un corpo: “Da lì capisco che c’è qualcosa di più grosso in ballo e riesco a scoprire la storia di questo distaccamento guerrigliero“. Se il libro di Sprovieri fa emergere nuove verità sulla storia di Joca, che prima di unirsi alla resistenza lavorava come operaio metalmeccanico e scriveva sul giornale comunista ‘A classe operaria’, la giustizia per lui è ancora lontana. “Il corpo di Libero non è mai stato restituito ai familiari” spiega lo scrittore, per il quale non è finita la “battaglia” per la “verità, la giustizia e la restituzione del corpo”.

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