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M5s. Intrighi e complotti, la versione di Dibba riaccende l’antica fiamma

Volente o nolente, è a lui che guardano tanti militanti, quelli convinti che sia lui il tedoforo della fiamma grillina: è tra le sue mani che brucia ancora la torcia del vaffa

Pubblicato:20-02-2021 20:55
Ultimo aggiornamento:23-02-2021 08:31

alessandro di battista
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ROMA – Camiciona e pantalone jeans, barbetta e capello più lungo del solito (“Me li volevo far crescere per sembrare più giovane, ma me li taglierò”), Alessandro Di Battista inizia una lunga diretta Instagram puntualissimo: alle 18, come da appuntamento. Questa volta alle spalle non ha lavandini e scolaposate, come nel video in cui annunciò l’addio ai Cinquestelle, ma la foto in bianco e nero di una metropoli.

“So che è una diretta particolarmente attesa- esordisce- ma non è che debba dare chissà che annunci“. Profilo basso, quindi, non ci saranno sorprese: “Risponderò alle vostre domande, me ne avete mandate migliaia”. Fuori dal suo appartamento, nella galassia grillina e nei palazzi della politica, i suoi ex colleghi se le stanno dando di santa ragione. Espulsioni, ricorsi legali, minacce, addii, scalate. E lui? “Io non sto capitanando correnti o scissioni- assicura- non sto fondando partiti”.

Però, volente o nolente, è a lui che guardano tanti militanti, quelli che, a torto o a ragione, sono convinti sia lui il teodoforo della fiamma grillina: è tra le sue mani che brucia ancora la torcia del vaffa. Lui conferma e non smentisce: “Io non ho mai cambiato idea, è il Movimento che non la pensa più come me”. Di Battista è un fiume in piena, ci sono ottomila persone a seguire la diretta. Matteo Salvini e Giorgia Meloni? “Due pavidi, mica vogliono governare davvero”.


Il governo Draghi? “Un’accozzaglia indecorosa, un assembramento parlamentare pericoloso. Non mi fido, non mi fido, il voto si chiama fiducia eh”. E poi, diciamola tutta, “il ‘whatever it takes’ tanto elogiato è stato costretto a farlo, altrimenti sarebbe saltata tutta la Ue. Mi sembra piuttosto ovvio che il presidente della Bce cercasse di salvare l’euro”. Il ragionamento sul debito buono e cattivo? “Un discorso banale e vuoto”.

Cinquanta minuti live, sembra di tornare indietro nel tempo. Al complottismo. Eccolo allora Draghi, cavaliere di “Goldman Sachs”, come “Barroso, Monti, Prodi”. La prova? “Confindustria l’ha benedetto”, avallando il suo governo nato dalla “congiura di una serie di poteri”. Quali? “Gianni Letta- scandisce Di Battista- non ho le prove ma è stato lui a organizzare questa crisi”.

Ma è qui, su Instagram, che chi lo segue può scoprire questa e altre informazioni riservate. “Tante cose non si sanno, vi dico questa cosa…”, sorride a un certo punto. Di cosa parla? “Il decreto salva banche è stato fatto dal governo Gentiloni e dal ministro Padoan che siccome ha tirato fuori soldi pubblici per salvare Mps è stato poi candidato nel collegio di Siena. Padoan, pare non sia stata smentita, a breve lascerà il suo scranno come deputato della Repubblica e finirà presidente di Unicredit, la banca intenzionata ad acquisire Mps”. Pausa, sorriso. Ha sganciato la bomba. Ma Padoan si è dimesso il 4 novembre, non siede più a Montecitorio, lasciando vacante quel seggio di cui si è parlato pure per Giuseppe Conte. Eppure: “Conte? Ultimamente non l’ho sentito, non ci conosciamo molto bene, ma negli ultimi mesi abbiamo allacciato un rapporto più solido. Per me è stato anche troppo signore“.

Il complotto è ovunque. Goldman Sachs e le banche. Gianni Letta e le manovre di palazzo. Unirle sarebbe il massimo. E che ci vuole? “Non ho certezze ma Gianni Letta forse ha avuto in passato una consulenza con Goldman Sachs o un’altra banmca di affari. Queste cose non le raccontano tutti e chi lo fa subisce rappresagli medatiche, ma a me non me ne frega più nulla”.

Di Battista rivela che lui era anche disposto a entrare nel Conte ter, in un’azione “contro il renzismo”, ma poi col ritorno di Renzi si è fatto da parte. Forse forse una possibilità c’era anche col governo Draghi: “Mi sarebbe bastato fare qualche intervista apparecchiata parlando di responsabilità, dell’autorevolezza di Draghi, la imbastivo e mi giocavo le mie chances di partecipare a questo governo ma dato che non mi interessa e non ci credo non l’ho fatto. Anzi, sono uscito in maniera dura e tranchant contro Draghi 58 minuti prima che parlasse Mattarella“.

Tutto passa da qui, dall’ex deputato che ha scelto di girare il mondo. “Un mese fa il Movimento mi ha ricontattato perché Renzi stava aprendo la crisi: ‘Dacci una mano perché puoi essere utile’. Ho chiesto quale era la linea, mi hanno detto ‘si’ Conte, no Renzi, la linea è questa e non si cambia fino alla fine, anche se non si trovano i responsabili. Ho detto sì perché Conte è un galantuomo molto leale, una persona per bene. Ma Renzi aveva già organizzato tutto con Salvini, Gianni Letta, i giornaloni che negli ultimi mesi avevano infangato il governo e oggi incensano il nuovo. La trattativa non è andata così, non è andata come aveva chiesto Beppe: la Lega è dentro, Draghi non ha parlato pubblicamente”.

Con Renzi c’è un conto aperto, da tempo. “Diedi la disponibilità per il Conte 2- racconta- ma il Pd aveva messo un veto su di me. La situazione si poteva sbloccare solo facendo entrare la Boschi al governo. Dovevo scegliere: entrambi al governo o entrambi fuori. Io che avevo scritto la mozione contro la Boschi con gli iperrenziani? Ho scelto fuori tutti e due. Mi sono comportato in maniera decorosa, sarebbe stato intollerabile farla entrare al governo”.

Oggi Di Battista sta bene fuori dal palazzo, lontano dai ruoli di governo. “Per me è impossibile avallare questo governo. Non vi vado bene adesso? Amen, vado bene a me stesso. Sono uscito senza sbattere la porta. Invito gli ex colleghi a non diffondere informazioni squallide e tendenziose sul mio conto. Non ho il simbolo dell’Italia dei valori, almeno ci mettano la faccia questi avvelenatori di pozzi”.

Resta amico con Luigi Di Maio? “Abbiamo avuto screzi, oggi con Luigi abbiamo preso decisioni diverse”. Non cerca posti di comando (“Il direttorio? Non mi candido, non sto più nel M5S”). Parla anche di politica estera, la sua passione: ex Jugoslavia, Afghanistan. E precisa “Ci tengo a spiegarla bene: contrariamente a quanto scritto dai giornali che mi attaccano sempre per le posizioni che prendo, io non sono mai stato un fan di Trump. Nel 2016 avrei votato per Jill Stein“, la candidata alla presidenza per i Verdi: “Infatti- sottolinea con soddisfazione- se cercate su Google e Wikipedia gli endorsement a Jill Stein…”. Ecco, è lì tra le “International political figures” che lo troverete: “Alessando Di Battista, member of Five Stars Movement”. Per Wikipedia la grande storia d’amore col Movimento non è ancora finita. È ora di correggere?

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