NEWS:

Biotestamento, Mina Welby: “L’ultima guarigione è morire”

[caption id="attachment_107045" align="alignleft" width="300"] Mina Welby[/caption] ROMA - Dieci anni fa Mina Welby

Pubblicato:20-02-2017 18:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

Mina Welby

ROMA – Dieci anni fa Mina Welby lottò a lungo a fianco al marito e lotta tuttora per i diritti di tutti i malati. Mentre il Biotestamento slitta in aula al prossimo 27 febbraio, lei guarda con attenzione a ciò che succede in politica e tiene sott’occhio l’iter della legge, perché nulla, nemmeno una virgola, ne cambi il senso finale. E ora con l’associazione Luca Coscioni promuove una Carta di medici e infermieri per garantire il rispetto delle volontà del paziente e assicurare che la fiducia del medico non venga meno proprio nel momento delle scelte di fine vita, quando il margine tra accanire e accudire diventa sottilissimo.

È partita come una Carta dei medici e ora diventerà la Carta di medici e infermieri, perché?

Perché ho riflettuto sulla vostra proposta e secondo me va sottoscritta da entrambi. Tanto che ho già cominciato a inviarla agli infermieri di mia conoscenza. Gli infermieri conoscono ancora meglio il malato e possono dire, meglio di chiunque altro, al medico come agire. Io vengo da un piccolo paesino sulle Dolomiti e nell’ospedale del paese c’era una suora, suor Ildeburg. Lei era l’infermiera di tutti. Non aveva fatto una scuola da infermiera, a quei tempi e in quei luoghi era piuttosto difficile. Ma aveva imparato con la pratica ed era lei a consigliare al medico cosa fare di volta in volta. Perché gli infermieri passano più tempo accanto ai pazienti e li conoscono meglio.


È una battaglia comune quindi?

Assolutamente sì. Per questo nella Carta per il Biotestamento ribadiamo la necessità di mantenere la parte in cui il testo base prevede che idratazione e nutrizione artificiale siano considerati trattamenti sanitari rifiutabili dal paziente. Non solo chiediamo anche di mantenere la parte in cui il testo base prevede la natura vincolante – per la struttura sanitaria – delle disposizioni anticipate di trattamento. Infine vogliamo specificare la possibilità per il medico, su richiesta del paziente, di operare una sedazione palliativa profonda continua con sospensione delle terapie, in modo da accompagnare il paziente a morire senza soffrire.

Intanto però la legge slitta ancora di una settimana …

Io spero che lunedì venga già fatto qualcosa alla Camera, spero che incomincino già a leggerla e a emendare, però con buoni emendamenti.

E da dove potrebbero venire buoni emendamenti?

Dai medici e dagli infermieri stessi firmatari della Carta. A loro chiediamo di darci degli input che siano poi recepiti dai nostri parlamentari. Ve ne sono di sensibili. L’attuale testo è degenerato.

Cos’è che non le piace di questa legge?

Il testo all’inizio era decisamente migliore. Adesso deve essere migliorato.

Dove secondo lei?

Ad esempio nella parte in cui si recita che “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente. Il paziente non può esigere dal medico trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale e alla buone pratiche clinico-assistenziali”. Ecco questa ultima frase è inutile secondo me e anche troppo vaga.

Lei sta seguendo con molta attenzione l’iter della legge, ha paura che in aula poi cambi qualcosa?

Sì, il pericolo che si infici qualcosa c’è sempre. In particolare, la pianificazione condivisa delle cure tra medico e paziente non deve rappresentare un vincolo al biotestamento. C’è il caso di una donna in Lombardia, il cui medico in ultima analisi le ha detto di provare una nuova cura. Ebbene la sua situazione è peggiorata e la donna è morta tra grandi sofferenze. Bisogna stare molto attenti. Ed è molto importante iniziare il prima possibile con le cure palliative, che non sono solo utili ma necessarie, perché il malato possa riflettere con tranquillità e senza agitazione. Invece oggi gli hospice sono pochi e le cure palliative sono usate a macchia di leopardo. Bisogna sempre ricordarsi che l’ultima guarigione è morire.

Il codice deontologico degli infermieri ora è in fase di rielaborazione. Cosa dovrebbe contenere secondo lei?

L’importante è che non faccia un passo indietro come il codice deontologico dei medici. Che nella sua versione del 2014 non parla più di disposizioni anticipate, ma di dichiarazioni anticipate. Dimenticando che io come malato dispongo del mio corpo e sono autorizzata a dire cosa voglio che sia fatto sul mio corpo. Non è una dichiarazione, è una disposizione. Per questo sono stata molto contenta quando il testo di legge è stato intitolato Disposizioni anticipate sui trattamenti.

Ha seguito il caso di Dino di Treviso vero? Cosa le ha dato più fastidio?

Il fatto che si sia parlato subito di eutanasia. Invece qui l’eutanasia non c’entra nulla. Per me si tratta di accompagnamento alla morte. L’eutanasia è un’altra cosa per cui come associazione Luca Coscioni abbiamo un’altra proposta di legge.

Cosa vorrebbe chiedere ai politici?

Vorrei chiedere loro di pensare ai casi veramente gravi e di pensare anche a se stessi, perché questa strada ci accomuna tutti. Questa legge prima di tutto parla di informazione. Il cittadino ha bisogno di informazione. E il medico non è un semplice esecutore burocratico, come qualcuno ha avuto il coraggio di dire. Quando c’è la collaborazione tra medico e paziente, si parla di accompagnamento. Vale sempre quello che ha scritto il malato. E nei casi in cui non ci fosse il biotestamento, è fondamentale che siano i famigliari più vicini a decidere insieme al medico per il bene del paziente.

(tratto da Nurse24.it)

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it