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Hoaxy, parla italiano il cacciatore di bufale messo a punto in USA

Il motore di ricerca pronto a mappare la diffusione delle fake news

Pubblicato:20-02-2017 16:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:55

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ROMA – Bufale o fake news. Non si parla d’altro negli ultimi tempi. L’elezione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, poi, sembra aver acceso un faro sull’argomento e segnato un confine, un punto di non ritorno. A mobilitarsi, giornalisti, politici, aziende tecnologiche e scienziati. Questi ultimi per difendere l’attendibilità della ricerca scientifica.

Hoaxy, il cacciatore di bufale

Se da un lato è praticamente impossibile vietare l’entrata di fake news nella rete, dall’altro è possibile tracciare il loro percorso. Capirne le dinamiche di diffusione e soprattutto individuarne l’origine. Per seguire il flusso delle “bufale” è stato messo a punto uno strumento particolare che porta il nome di Hoaxy. L’idea è tutta italiana anche se viaggia sotto la bandiera degli Stati Uniti. A progettare Hoaxy, Filippo Menczer, italiano, professore di Informatica e Computer Science all’Università dell’Indiana, negli Stati Uniti. Con lui altri due ricercatori romani Alessandro Flammini, negli Stati Uniti dal 2004, e Giovanni Luca Ciampaglia, in Usa dal 2013. Nei loro intenti non c’è la dimostrazione della veridicità di una notizia ma l’andamento che certe news hanno in rete. Usare Hoaxy è facile. L’indirizzo è https://hoaxy.iuni.iu.edu/. Basta inserire una parola chiave e si ottengono gli articoli sul tema pubblicati da oltre cento siti di bufale americani.

Fake news, la scienza si mobilita

Ad essere preoccupati delle rapida diffusione in rete delle bufale anche i ricercatori scientifici. ”Le notizie false sulla scienza sono prodotte usando informazioni non vere, con l’obiettivo di diffonderle come se lo fossero e influenzare la gente. Ma il problema è anche decidere la soglia tra un cattivo modo di parlare e riportare una notizia di scienza e una fake news”. Così Dominique Brossard, dell’università del Wisconsin di Madison, al convegno dell’Associazione Americana per l’Avanzamento delle Scienze. Troppo spesso, false notizie scientifiche si diffono in rete, in special modo sui social network, creando false speranze o allarmismi ingiustificati. Per la ricercatrice l’unico modo per una giusta informazione è quella di maggior comunicazione tra ricercatori e giornalisti. Maggiori poteri di intervento anche alle istituzioni scientifiche che, stroppo spesso, vedono male interpretati i proprio lavori. È su questo particolare punto che dovrebbero entrare i colossi del web come Google, rimuovendo dai motori di ricerca le false notizie o quelle male interpretate.


Fake news, sanzioni per chi le diffonde

Disposizioni per prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica”. Si intitola così la proposta di legge, bipartisan, presentata a palazzo Madama. Una legge che non ha nessuna intenzione di mettere il bavaglio al web ma che ha lo scopo di quello che è diffuso e non ha regola.La senatrice Adele Gambaro (Ala-Sc) prima firmatara del disegno di legge chiarisce che “vogliamo combattere la diffusione delle fake news difendendo la differenza tra le bufale intese come satira e le notizie false che arrecano danni seri. Vogliamo garantire la trasparenza sul web e incentivare la alfabetizzazione mediatica attraverso la formazione dei giovani. Si tratta – osserva – di una battaglia di civilta’: il nostro testo e’ il solo l’inizio di una discussione che speriamo sia molto ampia. Puntiamo alla raccolta di un numero di firme piu’ alto possibile da tutti gruppi”. Il testo prevede pene penali e civili: per chi diffonde notizie false “esagerate o tendenziose che riguardino dati o fatti manifestamente infondati o falsi”, si legge nel testo, arrivera’ un’ammenda fino a euro 5.000. Se le notizie false recano “pubblico allarme o nucumento agli interessi pubblici” lapena, oltre alla ammenda, e’ la reclusione non inferiore a 12 mesi. L’articolo 3 del disegno di legge prevede misure per contrastare l’anonimato, mentre l’articolo 4 norma la rettifica. Gambaro sottolinea infine che non si prevede “nessuno intervento normativo per i giornalisti o per le testate giornalistiche registrate” e che si vuole introdurre “il diritto all’oblio”.

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