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In Tunisia “la gente è disperata e lo stato assente”

Il resoconto da Tunisi per l'agenzia Dire arriva da Lilia Rebai, direttrice del dipartimento Dialogo con la società civile nella regione euromediterranea per EuroMed Rights

Pubblicato:20-01-2021 17:17
Ultimo aggiornamento:20-01-2021 17:17

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ROMA – “La situazione in Tunisia è esplosiva: da quattro giorni la gente – soprattutto giovani – è in strada in tante città perché disperata: economia e sanità sono in ginocchio, il Covid-19 ha finito per peggiorare tutto. La cosa più grave è che da quando sono iniziate le manifestazioni neanche un esponente del governo ha fatto una dichiarazione su quanto sta accadendo. Lo Stato sembra inesistente”. Il resoconto da Tunisi per l’agenzia Dire arriva da Lilia Rebai, direttrice del dipartimento Dialogo con la società civile nella regione euromediterranea per EuroMed Rights. La Tunisia è scossa da proteste scoppiate a ridosso del 14 gennaio, il decennale della caduta del governo del presidente Zine Abidine Ben Ali, costretto a lasciare da imponenti manifestazioni di piazza. “Da allora si sono succeduti nove primi ministri e cinque presidenti della Repubblica, ma ben poco e’ cambiato” ricorda Rebai, convinta che il dissenso di dieci anni fa “sia ancora lì”, nel disagio delle piazze. “Molti dei giovani che manifestano oggi però- osserva l’esperta- hanno tra i 14 e i 20 anni e quindi ai cortei del 2011 non c’erano”. Da allora, secondo Rebai, “nessun governo è durato abbastanza per elaborare un piano di ripresa e sviluppo”. La responsabile di EuroMed Rights traccia i numeri della crisi: “Dal 2011 ogni anno 100.000 ragazzi hanno lasciato la scuola precocemente, un milione in dieci anni. Nel 2020, 13.000 persone hanno tentato di emigrare con i ‘barconi della morte’, tra cui 1.500 minori. Ben 210 persone invece si sono tolte la vita”.

Numeri che, secondo Rebai, rivelano un disagio peggiorato con la pandemia. “Il debito pubblico e i prezzi continuano a salire, come la disoccupazione” dice la responsabile di EuroMed Rights. “I livelli salariali e gli investimenti invece calano. Il lockdown di marzo, costringendo la gente a non lavorare, e’ stato disastroso”. Di recente, le autorita’ hanno tolto restrizioni, col risultato che il contagio ha ripreso a crescere. “Sessantasei morti solo ieri, mentre gli ospedali non hanno piu’ letti o ossigeno” dice Rebai. “I medici devono scegliere chi salvare”. In questo contesto, il rischio sarebbe il caos. Secondo la responsabile di Euromed Rights, se nel 2011 il movimento popolare era unitario e intenzionato a far cadere “un dittatore”, oggi invece “in Tunisia la democrazia c’è”. Ma contro chi si fa la rivoluzione? “Ce la prendiamo”, risponde Rebai, “con i politici che non hanno lavorato bene”. Così, accanto ai cortei pacifici, preoccupano i gruppi violenti ripresi in video mentre distruggono vetrine e saccheggiano negozi. Oltre 600 gli arresti solo ieri. “Le autorità tacciono e intanto inviano polizia ed esercito” dice Rebai. “Non dimentichiamo però che la Tunisia è circondata da Paesi dove esistono gruppi armati, il rischio di derive violente non e’ cosi’ remoto. Ci auguriamo che la risposta a questo dissenso, prima che securitaria, sia politica, con piani concreti”. 


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