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Qatargate, la portavoce delle Ong italiane: “Non sia scusa per nuovi attacchi all’umanitario”

Silvia Stilli parla di "campagna diffamatoria" mentre "in legge di bilancio manca l'aumento dei fondi alla cooperazione promessi"

Pubblicato:19-12-2022 18:37
Ultimo aggiornamento:20-12-2022 17:24

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ROMA – Gli inquirenti di Belgio e Italia indagano per sbrogliare la matassa del “Qatargate”, ossia la presunta rete di favori e mazzette svelata a Bruxelles, che coinvolgerebbe diversi europarlamentari da un lato e Qatar e Marocco dall’altro. E mentre la credibilità dell‘impalcatura Europa attraversa una delle ore più difficili, “anche il mondo dell’umanitario è sotto attacco”, come avverte in un’intervista con l’agenzia Dire Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi), un organismo che in Italia raggruppa oltre un centinaio di ong.

“L’ONG DI PANZERI FA LOBBING, NON COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO”

E’ dal 2017 che in Italia una certa parte della politica e della stampa conducono una campagna diffamatoria contro le ong– segnala Stilli- e anche in questi giorni abbiamo assistito a svariati e incomprensibili attacchi”. Per chiarire il punto Stilli parte dalla definizione stessa di “ong”, un termine che in questi giorni “viene usato a sproposito” a causa del coinvolgimento nelle inchieste di Fight Impunity, l’organismo fondato dall’ormai ex eurodeputato Antonio Panzeri, il primo a finire in manette perché accusato di ricevere soldi da Qatar e Marocco affinché facesse pressioni per migliorare l’immagine di questi due Paesi – spesso contestati per l’approccio ai diritti umani – favorendo al contempo accordi e iniziative con l’Ue. “Ong- continua la portavoce di Aoi- vuol dire ‘organizzazione non governativa’, ossia individua enti non dipendenti dal governo e no profit. Non necessariamente tutte le ong si occupano di progetti di cooperazione allo sviluppo, come appunto Fight Impunity, specializzata in lobbyng e advocacy”.

Tale distinzione però, denuncia Stilli, non avrebbe risparmiato alle ong impegnate invece nell’aiuto ai Paesi più svantaggiati “nuovi attacchi e una certa campagna diffamatoria da parte del mondo dei media e della politica, analoga a quella registrata nel 2017″, quando l’allora governo Gentiloni entrò in rotta di collisione con le ong impegnate nel salvataggio dei migranti in mare, con uno scontro che produsse il cosiddetto Codice di condotta Minniti.


FIGHT IMPUNITY, ONG CHE SFUGGIVA ALLE LEGGI ITALIANE

Stilli chiede trasparenza: “Com’è possibile che non sia stato approfondito l’operato di un’ong istituita da un ex parlamentare, che nel board coinvolgeva altri politici di spicco?”. Tra questi, l’ex Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue Federica Mogherini, l’ex primo ministro francese Bernard Cazeneuve, l’ex commissario greco Dimistris Avramopoulos nonché un Premio Nobel per la pace, il medico e attivista congolese Denis Mukwege. Nomi che, ipotizzano gli inquirenti, avrebbero portato maggiore credibilità all’azione di Fight Impunity. Stilli evidenzia che “le ong italiane che si occupano di sviluppo in Italia, proprio per evitare corruzione e conflitto d’interesse sono soggette a varie leggi che impongono controlli stringenti sia sulla scelta dei membri del board – che non possono essere politici – che sui flussi finanziari. Fight Impunity non è stata soggetta a questo monitoraggio, dato che le norme del Belgio non lo prevedono. Nonostante questo, il mondo delle ong del nostro Paese è stato messo sullo stesso piano dell’organismo di Panzeri”.

LA SECONDA ONG DELL’INCHIESTA: NO PEACE WITHOUT JUSTICE

Il Qatargate rischia di trascinare l’umanitario nel fango anche a causa di No Peace Without Justice, la seconda ong oggetto delle indagini. Stavolta si tratta di un organismo istituito in Italia: fondata nel 1993 da Emma Bonino e dai Radicali transnazionali, è stata coinvolta nelle attività dell’ong di Panzeri, con cui a Bruxelles condivide l’indirizzo. La magistratura belga ha già arrestato il segretario generale Niccolò Figà-Talamanca, accusato come gli altri di corruzione e riciclaggio. “Abbiamo fiducia nella giustizia- dice Stilli- ma rileviamo il fatto che la magistratura italiana rispetto a questa ong non si sia ancora mossa. Non ci risultano richieste di accesso agli atti“.

QATAR, MAROCCO E IL TEMA DEI DIRITTI

Stilli rivendica poi “una riflessione sui meccanismi di verifica dal punto di vista delle nostre istituzioni europee e sull’operato dei nostri rappresentanti: sono stati aperti conti correnti bancari, fatte dichiarazioni politiche a nome del nostro Paese con addirittura complimenti al governo del Qatar sulla gestione dei lavoratori migranti per la Coppa del mondo oppure volti ad annacquare le denunce di violazioni del Marocco nel Sahara occidentale, allungando i tempi per discutere con Rabat di quella questione. Possibile che ai gruppi parlamentari non sia venuto in mente di verificare? Inoltre, a proposito di ong, tante organizzazioni socie di Aoi avevano chiesto di attenzionare, tra gli altri, Qatar e Marocco. Perché non sono state ascoltate?”, si domanda la portavoce di Aoi.

LEGGE DI BILANCIO: NESSUN AUMENTO AI FONDI PER LA COOPERAZIONE

Più in generale, l’inchiesta che sta scuotendo le fondamenta dell’Ue coincide, in Italia, con una riduzione dei fondi alla cooperazione allo sviluppo, a tutti gli effetti “parte della politica estera di uno Stato“. “È oggettivo- riferisce Stilli- che nella legge di bilancio del governo Meloni non viene mantenuto l’impegno approvato l’anno passato di un graduale aumento di fondi per arrivare allo 0,70% del Reddito nazionale lordo entro il 2030“. Un impegno, questo, richiesto dalla comunità internazionale per attuare l’Agenda di sviluppo 2030.

Stilli avverte che “gli emendamenti alla manovra presentati dalle reti delle ong sono stati respinti sia da maggioranza che da opposizioni. Questo ci stupisce e allarma: non solo perché in campagna elettorale era stato detto altro, ma perché va contro la tesi ‘aiutiamoli a casa loro’ cara a certi partiti. Un’assenza di coerenza politica di cui chiederemo conto”.

Preoccupa anche il tema della politica “dell’aiuto condizionato”, continua la responsabile. “La sensazione”, sottolinea la portavoce di Aoi, “è che si destineranno pochi fondi direttamente a quei Paesi che si impegnano a bloccare i flussi migratori nel Mediterraneo tramite accordi diretti coi governi, lasciando poco o zero spazio per la cooperazione delle ong“. Un’azione, secondo Stilli, che fa perdere senso “al nostro lavoro sullo sviluppo e il sostegno ai diritti umani“.

L’APPELLO: “MEDIA E POLITICA ASCOLTINO ANCHE NOI”

La portavoce di Aoi conclude con un doppio appello: al mondo dei media, affinché “ci dia spazio per il contraddittorio, invece di rilanciare gli attacchi”, e al ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, “affinché onori gli impegni presi con chi lavora nel mondo per mitigare gli effetti delle crisi e per migliorare la vita degli ultimi“.

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