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L’attivista più giovane per l’ambiente: “Cop27 fiera del fossile, ma noi siamo inarrestabili”

Licypriya Kangujam ha undici anni ed è intervenuta alla Conferenza per il clima a Sharm El-Sheikh: "Basta guerre, servono fondi e leggi"

Pubblicato:19-11-2022 19:53
Ultimo aggiornamento:21-11-2022 14:37

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ROMA – “I negoziati della Cop27 sono stati prolungati di un altro giorno. È normale che ogni Conferenza sul clima finisce per incontrare problemi aggiuntivi nei negoziati, però a me sembra fatto a posta, perché si aspetta che i delegati dei paesi più vulnerabili tornino a casa per poter cancellare dai testi finali tutte le parti per le quali si erano battuti. I leader del mondo ci ingannano, questa Cop ha fallito”. Lo denuncia all’agenzia Dire Licypriya Kangujam, undici anni, la più giovane attivista per l’ambiente a intervenire alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che sarebbe dovuto terminare ieri a Sharm El-Sheikh, in Egitto.

Dopo due settimane di lavori, la conclusione del vertice è stata invece prorogata, data l’impossibilità di raggiungere un’intesa sui punti chiave dell’accordo finale, ossia sul fondo per compensare i paesi meno sviluppati e più colpiti dai cambiamenti climatici (il cosiddetto ‘loss and damage’) e sull’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi, il cui raggiungimento starebbe diventando una scelta dei singoli Stati, più che un imperativo. Sussiste pertanto il timore che si faranno passi indietro rispetto ai punti già fissati alla Cop26 di Glasgow dello scorso anno.

Kankujam ha partecipato alla Cop27 per discutere i problemi dell’India nonché dei popoli nativi, in quanto “appartengo alla piccola tribù dei Meitei. Sono nata a Manipur, un luogo verdeggiante ricco di biodiversità, però sono cresciuta a Bhubaneswar, nello stato orientale di Odisha. Quando avevo 6 anni ci ha colpito il ciclone Title, poi l’anno seguente è arrivato il ciclone Fani. Nel 2019 ci siamo trasferiti a New Dehli e lì ho conosciuto gli altissimi livelli di inquinamento e l’ondata di caldo. Per questo ho deciso di diventare attivista per il clima”. A soli 7 anni, la bambina fonda il Child Movement per sensibilizzare sulle azioni da intraprendere per rispettare l’ambiente.


Ai potenti della Terra, chiediamo, che cosa hai detto? “Che il mio paese – risponde Kankujam – fa i conti contemporaneamente con inondazioni, siccità, ondate di caldo, cicloni, locuste e inquinamento atmosferico mentre molte comunità native perdono i diritti sulle loro terre a causa della deforestazione e delle attività minerarie”. Per questo “ho chiesto che la deforestazione diventi un crimine internazionale, che l’educazione ambientale sia inserita come materia obbligatoria nelle scuole e soprattutto che i leader dei paesi più sviluppati stanzino fondi per mettere in campo azioni concrete per mitigare i danni causati dai cambiamenti del clima su milioni di persone”.

A poche ora dalla conclusione dei negoziati, la giovanissima attivista si dice molto insoddisfatta: “Avrebbe dovuto essere un evento cruciale per il nostro futuro e invece i risultati raggiunti dimostrano che si è trattato letteralmente di greenwashing. La Cop è diventano il festival dei combustibili fossili più lungo e grande del mondo. Parlano di diritti dei bambini, ma non c’è spazio per il loro futuro“.

In particolare Kankujam punta il dito contro “nazioni ricche come Stati Uniti, Svezia o Regno Unito, che hanno bloccato ogni progresso sul ‘loss and damage’ per i paesi in via di sviluppo. Il colonialismo è finito e ci hanno già rubato abbastanza. Devono restituirci quello che ci hanno tolto”.

L’ambientalista accusa ancora: “Nel mondo i bambini muoiono per la guerra in Ucraina, per le inondazioni improvvise in India e Pakistan o per la fame in Etiopia. Il mondo ha perso il 40% degli insetti, il 70% delle specie selvatiche, il 69% delle foreste e il 40% dei ghiacciai dell’Himalaya. Invece di spendere miliardi di dollari in guerre, i leader dovrebbero lottare contro la povertà e i cambiamenti climatici“.

Ma la fondatrice del Child Movement assicura: “Dobbiamo continuare a parlare apertamente della crisi climatica e dobbiamo rendere i politici legalmente responsabili delle loro azioni. Vogliamo aria, acqua e terra pulita e non smetteremo di lottare finché non lo otterremo, perché è un nostro diritto. Siamo inarrestabili”.

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