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Giornata mondiale dell’uomo, aumentano i problemi di infertilità: “Va fatta una visita all’anno”

Aumentano i problemi di infertilità: "Va fatta una visita all'anno"

Pubblicato:19-11-2021 19:10
Ultimo aggiornamento:24-11-2021 14:45

uomo pixabay
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ROMA – Si celebra oggi la Giornata mondiale dell’uomo che, tra i suoi obiettivi, ha anche quello di favorire la salute maschile. L’agenzia Dire ne ha parlato con il dottor Marco Bitelli, delegato delle sezioni regionali della Società italiana di andrologia (Sia).

‘L’Andrologo: un amico a cui far visita’ è uno dei messaggi che campeggiano sul vostro sito. Ma quando fare visita allo specialista della salute dell’uomo?
“Sicuramente l’andrologo è una figura molto trasversale, perché parte dall’adolescenza, quindi dalla fase adolescenziale dello sviluppo dell’uomo fino alla sua fine. Dunque, c’è sempre bisogno dell’andrologo, soprattutto nell’ambito della prevenzione in andrologia, che parte dei ragazzi più giovani”.

Quanto è importante fare prevenzione?
“Come in tutte le patologie è fondamentale. Pensiamo anche al fatto che su questo non c’è una cultura, come invece esiste tra le ragazze che vanno dal ginecologo. Per il maschio è più difficile proprio culturalmente e i ragazzi non vengono nemmeno portati dei genitori. Se non altro con la leva militare c’era una visita a 18 anni che, per quanto potesse essere da molti definita ‘basic’, permetteva di riscontrare tante patologie che poi venivano trattate, salvaguardando proprio la salute sessuale maschile. Quindi, insisto, la prevenzione è tutto e in andrologia rappresenta in effetti quasi il 90% del nostro lavoro”.


Quali sono le principali patologie che riscontrate come Società italiana di andrologia?
“Di patologie ne possiamo riscontrare varie, partendo dalle anomalie dal punto di vista anatomico, come per esempio le ipospadie, deficit o differenze dal punto di vista fisico, fino al punto di vista biologico, come ad esempio le alterazioni del liquido seminale, l’impotenza o gli stessi problemi di infertilità, che oggi stanno crescendo sempre di più”.

Lei prima ci ha parlato anche della naturalezza con cui le ragazze si rivolgono ad un ginecologo. Cosa fare per incentivare la visita ad un andrologo da parte dei ragazzi?
“Come Società italiana di andrologia abbiamo fatto tantissimo. Abbiamo raccolto circa 18.000 firme grazie a numerosi eventi, siamo andati a fare prevenzione nelle scuole e le stesse firme sono servite a far sì che nel Lazio, prima regione in tutta Italia, passasse una proposta di legge che prevedesse l’obbligatorietà di una visita andrologica dai 14 ai 22 anni. In regione Lazio questa proposta di legge è passata trasversalmente ma è stata poi bloccata dal Consiglio dei Ministri perché, essendo a quel tempo la regione Lazio commissariata, non avevano i fondi per poterla garantire. Siamo però stati i primi in assoluto a fare una proposta seria, soprattutto una proposta tesa alla prevenzione”.

Qual è il messaggio che si sente di dare alle famiglie che hanno un ragazzo in casa?
“Da andrologo il mio consiglio è quello che i ragazzi, a partire dall’età adolescenziale, facciano assolutamente almeno una visita all’anno, una ogni due anni, anche in funzione della problematica della fertilità. Oggi sappiamo che si diventa padre ad un’età un po’ avanzata rispetto a quella dei nostri nonni. E quindi, inevitabilmente, dobbiamo anche noi fare qualcosa per far sì che il ragazzo diventi uomo e si possa riprodurre in maniera tranquilla e serena, evitando alcune cose ed alcuni comportamenti. In tal senso facciamo anche attività educazionali ma soprattutto grazie alla correzione, farmacologica o chirurgica di alcune patologie, possiamo ottenere questo scopo. Abbiamo moltissimi centri andrologici in tutta Italia e dunque il mio consiglio è proprio di portare i ragazzi a fare una visita dall’andrologo perchè, anche se apparentemente non c’è nulla, è proprio l’andrologo che deve dire ‘sì, non c’è nulla’”.

E quanto sanno i ragazzi della propria salute?
“Purtroppo oggi i ragazzi si informano attraverso ‘Google doctor’, attraverso i media, attraverso i social, attraverso il web. Purtroppo la cultura è quella e spesso non è quella giusta. Quindi, i ragazzi sanno ma spesso e volentieri non sanno”.

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