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La ‘Pas’ e la quarantena delle madri

La neuropsichiatra infantile Elena Vanadia (Ido) spiega la sindrome da alienazione parentale e il suo legame con le donne

Pubblicato:19-11-2018 17:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:48
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ROMA – Le reazioni alla proposta di legge Pillon che vuole cambiare le regole sull’affidamento dei minori, in caso di separazione, hanno acceso i riflettori sulla PAS (parental alienation syndrome – sindrome di alienazione parentale) e soprattutto sulla sua correlazione – se esiste- con le madri. Ne abbiamo parlato con Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia di Roma.

“La letteratura medica ha iniziato a descrivere la PAS a partire dagli anni Ottanta, ma è ancora oggetto di studio e se le linee guida in tema di abuso sui minori Sinpia del 2007 l’hanno inserita tra le possibili forme di abuso psicologico, nell’ambito della psichiatria clinica e forense la questione è ancora controversa. Sono stati descritti casi reali di denigrazione da parte di un figlio rivolta contro un genitore ‘alienato’ e condizioni simili possono avvenire anche nelle separazioni conflittuali in assenza di PAS, ma l’alienazione non nasce esclusivamente dalla madre.


“Parliamo quindi di genitore- chiarisce subito Vanadia nella sua intervista alla Dire. “Il genitore che provoca nel bambino la PAS è colui che denigra e agisce comportamenti patologici verso l’altro genitore che ricadono nel bambino, determinando nel piccolo gli stessi atteggiamenti del genitore alienante. Rabbia patologica, accuse irreali, comportamenti che il figlio inizia a riprodurre”.

Ma PAS e separazione conflittuale sono questioni che devono essere distinte e trattate in modo diverso. “Nella separazione conflittuale- chiarisce la neuropsichiatra- il bambino può avere certamente dei traumi evolutivi, ma non è tipico che riproduca i comportamenti del genitore alienante. Quindi non in tutte le separazioni conflittuali in cui i bambini diventano oggetto del conflitto c’è PAS”. Anche a proposito dell’allontanamento coatto dal genitore ‘alienante’ Vanadia ricorda che è imprescindibile la valutazione caso per caso e che questa misura, che non può essere frutto di una valutazione esclusivamente legale ma specialistica medica psichiatrica e psicologica, andrebbe applicata nel caso assimilabile alla PAS in cui sia accertata la patologia psichiatrica del genitore e gli effetti negativi sul figlio, ovvero dove ci siano stati maltrattamenti o negligenze accertati e non in ambito di separazioni conflittuali che potrebbero aver generato comportamenti disfunzionali nel bambino conteso, che vanno però trattati in altro modo”.

Nel caso della PAS si deve partire quindi dalla psicopatologia psichiatrica del genitore. “Diverso è il caso- puntualizza Vanadia- del genitore che non ha elaborato la separazione e che può per questo esercitare manipolazioni e strumentalizzazioni nel bambino. La PAS è altro e siamo in ambito psichiatrico, tanto per gli adulti quanto per l’età evolutiva”. Quindi cautela perchè non tutto è PAS e va differenziata da situazioni conflittuali o legami simbiotici sui quali bisogna intervenire con altre misure.

“Monitoraggio evolutivo, – spiega Vanadia presentando alcune opzioni- percorsi terapeutici su genitore e figlio, distinguendo anche le diverse manifestazioni di PAS lieve o moderata da quella severa, per la quale potrebbe valere la misura dell’allontanamento”. Quanto al Ddl Pillon e alla scissione in tempi paritetici della vita del bambino tra mamma e papà la neuropsichiatra si dice perplessa. “Si corre il rischio di non dare una stabilità, non solo fisica ma anche mentale, ai bambini, di inviare loro messaggi contraddittori e potenzialmente nocivi se non se ne rispettano i reali bisogni e se anche il decreto viene strumentalizzato trascurando il bene più prezioso che è il diritto del bambino. Ne vediamo moltissime di famiglie instabili in cui si alternano i genitori, i nuovi compagni, i figli di relazioni pregresse generando una grande confusione nel bambino che è costretto ad adattarsi.”

Quanto alle donne e alle madri “in letteratura la PAS viene spesso definita come sindrome più frequente nelle donne. Forse perchè esprimono in termini più espliciti il malessere emotivo o perché trascorrono in media più tempo coi figli, ma bisogna saper distinguere le situazioni in cui non c’è elaborazione della separazione e c’è bisogno di un supporto psicologico, da quelle di alienazione vera e propria. Non dimentichiamo che la mamma è il primo caregiver del bambino e sarebbe scorretto dedurre una sorta di ‘colpa di genere’ sulla materia del conflitto e della separazione o un’associazione automatica tra madri e PAS”.

Per il bambino che ha subito maltrattamenti da PAS bisogna intervenire con equipe integrate di psichiatri e psicoterapeuti. “Avere un’ottica dimensionale nell’esame dell’ingravescenza- puntualizza la neuropsichiatra- è fondamentale. Bisogna partire dal monitoraggio evolutivo, fino alla psicoterapia dove c’è già una disfunzione. In una parola: lasciare che siano gli esperti e gli specialisti a saper valutare”.

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