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Paolucci (Roma Santa Lucia): “Poche Stroke Unit in Italia”

L'intervista al dottor Stefano Paolucci, Direttore dell'U.O.C. di Neuroriabilitazione 6 della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma

Pubblicato:19-11-2018 16:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:48
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ROMA – Sono 150mila i casi di ictus che si verificano ogni anno in Italia, due pazienti su tre sopravvivono, quasi un milione di questi riporta gravi disabilità che interessano un’ampia gamma di funzioni e richiedono risposte riabilitative diverse in relazione alla gravità del danno cerebrale subito e del tipo di ictus che può essere ischemico o emorragico. L’esito può estendersi non solo alla paresi degli arti superiori e inferiori, ma anche a gravi problemi neurologici e cognitivi. Il 60% dei pazienti colpiti da ictus, infatti, presenta problemi visivi, quasi la metà difficoltà di deglutizione, uno su tre soffre di disturbi del linguaggio e depressione. E’ per questo che tali pazienti hanno necessità di un trattamento specifico, come ha sottolineato all’agenzia di stampa Dire il dottor Stefano Paolucci, Direttore dell’U.O.C. di Neuroriabilitazione 6 della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma:
– L’ictus è la seconda causa di morte in Italia. Quali sono i fattori che lo provocano e quali i segnali a cui stare attenti?
“L’ictus è una patologia molto seria con un enorme problema di mortalità e disabilità successiva. Il punto fondamentale è che dovremmo stare attenti a non porre le condizioni per far insorgere questa patologia, per cui dovremmo evidenziare i fattori di rischio e cercare di curarli. Ovviamente determinati fattori di rischio non sono modificabili. Su tutti, certamente, c’è l’invecchiamento mentre nel caso di altri fattori, al contrario, possiamo modificarli. Ad esempio migliorare la qualità della vita, non fumare, fare adeguata attività fisica e ancora controllare la pressione e il consumo di grassi. Fare in modo che il cervello non soffra per problemi che dipendono da specifici comportamenti”.

– Chi è più esposto ad essere colpito da questa patologia?
“Chi è soggetto ad una serie di fattori di rischio, modificabili o non modificabili, è più esposto al rischio di avere un esito di ictus”.


– Chi sopravvive allo stroke che tipo di danni può riportare?
“I pazienti che sopravvivono ad un ictus possono riportare danni molto rilevanti oltre al problema del deficit motorio, della paresi, possono anche soffrire di problemi di linguaggio e cognitivi. Possono rendersi conto fino ad un certo punto dello spazio che li circonda oppure andare incontro a demenza o soffrire di epilessia o ancora avere una serie di problemi nella deglutizione, ad urinare, a respirare e persino, problemi sfinterici. Alla luce di questo quadro si comprende quanto l’ictus sia una malattia invalidante che può interessare tutto l’organismo”.

– Si registra una incidenza diversa tra uomini e donne?
“L’incidenza è più o meno la stessa. Quello che si è visto è che gli uomini godono di una prognosi riabilitativa leggermente migliore”.

– Il più delle volte il paziente che sopravvive ad un ictus ha necessità di una riabilitazione. Che tipo di trattamenti eseguite al Santa Lucia e quali sono le novità in questo campo?
“Una buona parte dei pazienti necessita di un trattamento neuroriabilitativo, che non riguarda solo gli aspetti motori. Esistono infatti tutta un’altra serie di trattamenti che son più specifici e afferiscono a centri che hanno una elevata specializzazione e che effettuano protocolli per i disturbi cognitivi, per la deglutizione e trattamenti robotici e che ricorrono anche alla realtà virtuale. Servizi che non sono disponibili in tutti i centri, ma solo in quelli ad alta specialità come la Fondazione Santa Lucia”.

– Le Stroke Unit attualmente presenti in Italia sono in grado di soddisfare la domanda assistenziale? Come andrebbe secondo lei riorganizzata la rete sul territorio?
“Le Stroke Unit sono estremamente importanti nella gestione del post acuto e per questo dovrebbero essere distribuite in modo omogeneo sul territorio nazionale. In questo momento non è così, ne abbiamo moltissime nelle regioni del Nord, un pò meno in quelle centrali e ancor meno in quelle meridionali. Un ulteriore punto centrale è la continuità terapeutica ovvero il paziente gestito nella Stroke Unit deve poi passare alla fase riabilitativa, che deve essere personalizzata in base alla sua disabilità. Ecco che il paziente deve essere trasferito in un centro di riabilitazione che è in grado di erogare quelle terapie precise di cui il paziente ha bisogno. Se un soggetto ha un problema di deglutizione dovrò trasferirlo il presso un centro specifico che si occupa di quel tipo di problematica. Così come se, ad esempio, il paziente che non riconosce lo spazio a sinistra, ovvero sia è affetto da eminattenzione spaziale lo devo indirizzare in un centro specifico per quella patologia che non è disponibile ovunque. Dovremmo insomma fare in modo di prendere in carico il paziente in un centro che eroga prestazione specifiche e corrispondenti alle sue esigenze. Mentre la realtà dei fatti è ben diversa ossia il soggetto è trasferito nel primo posto disponibile a prescindere dalle problematiche che presenta”.

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