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Papa: “Epidemia di esclusione, migrante è considerato un nemico”

Nell’omelia del suo terzo Concistoro, il Papa ha analizzato lo scenario in cui viviamo

Pubblicato:19-11-2016 12:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:19

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papa_francesco_ROMA – “La nostra è un’epoca caratterizzata da forti problematiche e interrogativi su scala mondiale”. Nell’omelia del suo terzo Concistoro, il Papa ha analizzato lo scenario in cui viviamo. “Ci capita di attraversare un tempo in cui risorgono epidemicamente, nelle nostre società, la polarizzazione e l’esclusione come unico modo possibile per risolvere i conflitti”, la sua diagnosi rivolta in particolare ai 17 nuovi porporati: “Vediamo, ad esempio, come rapidamente chi sta accanto a noi non solo possiede lo status di sconosciuto o di immigrante o di rifugiato, ma diventa una minaccia, acquista lo status di nemico.

Nemico perché viene da una terra lontana o perché ha altre usanze. Nemico per il colore della sua pelle, per la sua lingua o la sua condizione sociale, nemico perché pensa in maniera diversa e anche perché ha un’altra fede. E, senza che ce ne rendiamo conto, questa logica si installa nel nostro modo di vivere, di agire e di procedere”. Così, ha spiegato Francesco, “tutto e tutti cominciano ad avere sapore di inimicizia. Poco a poco le differenze si trasformano in sintomi di ostilità, minaccia e violenza”.

“Quante ferite si allargano a causa di questa epidemia di inimicizia e di violenza, che si imprime nella carne di molti che non hanno voce perché il loro grido si è indebolito e ridotto al silenzio a causa di questa patologia dell’indifferenza”, ha esclamato il Papa: “Quante situazioni di precarietà e di sofferenza si seminano attraverso questa crescita di inimicizia tra i popoli, tra di noi. Sì, tra di noi, dentro le nostre comunità, i nostri presbiteri, le nostre riunioni”.


Il virus della polarizzazione e dell’inimicizia permea i nostri modi di pensare, di sentire e di agire”, la tesi di fondo di Francesco, che ha ammonito: “Non siamo immuni da questo e dobbiamo stare attenti perché tale atteggiamento non occupi il nostro cuore, perché andrebbe contro la ricchezza e l’universalità della Chiesa che possiamo toccare con mano in questo Collegio Cardinalizio. Proveniamo da terre lontane, abbiamo usanze, colore della pelle, lingue e condizioni sociali diversi; pensiamo in modo diverso e celebriamo anche la fede con riti diversi. E niente di tutto questo ci rende nemici, al contrario, è una delle nostre più grandi ricchezze”.

(www.agensir.it)

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